Ghost Dog – Il codice del samurai, di Jim Jarmusch

Forest Whitaker nei panni di un sicario atipico in una storia che va oltre il genere stesso. Un film strepitoso dove convivono grottesco e tragico. Da oggi in sala restaurato in 4K.

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Ben prima di John Wick, il cinema ci ha fatto dono di una figura di sicario atipica rispetto a un immaginario visivo che nel tempo ha codificato precise caratteristiche morfologiche e psicologiche; e che vede nel personaggio di Ghost Dog, interpretato da Forest Whitaker, uno degli esempi più diretti. Al di là di parallelismi effimeri tra i due (il trauma personale che hanno vissuto, l’incontro con un cane o la valigetta con l’artiglieria pesante che tengono nascosta sotto al pavimento), c’è una tendenza nei film degli ultimi decenni a rappresentare questi (anti)eroi, che per professione si macchiano di crimini talvolta anche personali, come profondamente umani (pensiamo anche a Léon di Luc Besson).

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Ghost Dog, nome che ben delinea la sua identità sfuggente, è al servizio di un mafioso (John Tormey) come atto di riconoscenza per avergli salvato la vita quand’era giovane. Durante una delle sue missioni qualcosa va storto, e Ghost Dog rischia di essere eliminato dai suoi stessi mandanti.

Jim Jarmusch vola sempre libero tra i generi, come il piccione che all’inizio plana sulla città sostituendosi all’occhio della macchina da presa in una sequenza funzionale a stabilire un legame immediato tra l’animale, addomesticato, e il suo padrone; un legame di devozione e di spirito di sacrificio che si riflette poi nel rapporto tra il protagonista e il suo padrino. Ghost Dog è infatti un fervido seguace del ‘Codice dei Samurai’ che adotta alla stregua di una Bibbia, e i cui precetti compaiono sullo schermo scandendo la narrazione. Di lui non sappiamo molto altro. La storia non è costruita sulle parole – i dialoghi sono essenziali – né si vuole ricostruire il suo passato – c’è solo un breve flashback. In tal senso Whitaker ha fatto un grandissimo lavoro per rendere rotondo, pieno e consistente un personaggio che viene dalla strada, come i rapper e il cane randagio che incontra.

La sua natura solitaria, il fatto di accettare il peso del destino sulle proprie spalle – una spiritualità che lo rende quasi distaccato dagli eventi e dalle persone – vengono stemperati da Jarmusch attraverso un umorismo grottesco, per cui ad esempio, malgrado il miglior amico di Ghost Dog parli solo francese, i due riescono a capirsi comunque. Ma è soprattutto la rappresentazione del genere stesso a essere esorcizzata. I gangster che vediamo qui compiere azioni rituali – giocare a poker, mangiare panini, eseguire gli ordini del boss – sono appesantiti, invecchiati, sordi, costretti a indossare gli occhiali da vista per leggere un biglietto. “Sembra che tutto stia cambiando intorno a noi”, dice uno di loro. L’essere spietati, violenti, temibili è ormai un ricordo, anzi regrediscono a una dimensione cartoonesca laddove la morte, essendo uno spettacolo quotidiano, che si ripete di continuo, viene accettata senza timore né pathos, con fare stoico. In questo discorso che evidentemente oltrepassa il genere (o i generi) Jarmusch non può lasciare il protagonista abbandonato a sé stesso. Ghost Dog è diverso dal personaggio di Jef Costello del film di Melville, che il regista statunitense omaggia, insieme a tanti altri riferimenti alla cultura popolare: quelle peregrinazioni notturne su auto rubate, l’essere invisibili agli occhi degli altri, la condizione di estrema solitudine che condanna le loro esistenze. Ma in Ghost Dog anche quando la morte si fa reale – tangibile nelle pallottole che penetrano il sicario in un duello in pieno giorno – si apre uno spiraglio, un’illusione che appartiene solo a uno sguardo innocente, e che per un attimo permette di riscrivere la storia e darle il finale che vorremmo.

Titolo originale: Ghost Dog: The Way of the Samurai
Regia: Jim Jarmusch
Interpreti: Forest Whitaker, John Tormey, Cliff Gorman, Henry Silva, Isaach De Bankolé, Tricia Vessei, Victor Argo, Gene Ruffini, Richard Portnow, Camille Winbush
Distribuzione: CG Entertainment. In collaborazione con Cinema Beltrade – Barz and Hippo
Durata: 116’
Origine: USA, 1999

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5
Sending
Il voto dei lettori
4.25 (4 voti)
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