I clowns, di Federico Fellini

Un film sentito e profondamente legato alla sua matrice artistica, alla sua vita interiore che sa essere anche costante e poliedrica indagine sulla memoria. Stanotte, ore 2.15, Rai 3

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Guardando I clowns ci si accorge come il cinema del regista riminese abbia più o meno sempre ruotato attorno ad un “amarcord” e di quanto il suo lavoro sia una continua incursione nella memoria, dalla quale si dipartono i temi della sua produzione artistica, costantemente segnati da questa ricerca del passato come necessario viatico per il presente.
Anche I clowns del 1970 nasce da queste suggestioni. Commissionato dalla Rai, il film ha fatto il suo esordio al Festival di Venezia e solo dopo questo passaggio è stato trasmesso in televisione e distribuito in sala. Il film è tra quelli che sotto l’aspetto di un lavoro grezzo e preparatorio raccontano il dietro le quinte della realizzazione di un film, appunti per un film che in realtà sono il film stesso. Partendo da un proprio ricordo infantile, in un incipit che potrebbe sembrare rubato ad Amarcord, l’indagine sul mondo del circo e dei clowns in particolare prosegue fino a Parigi, patria di una teorica del circo e di una elaborazione altrettanto concettuale delle figure clownesche.

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Nella città francese – con la sua troupe che vede anche Alvaro Vitali nell’insolito ruolo di tecnico del suono e la sua immaginaria madre al seguito – incontra Annie Fratellini, erede del padre e del nonno materno entrambi circensi e lei altrettanto nota per essere stata, insieme ad uno dei suoi mariti, il clown bianco dotato di eleganza e grazia. La ricerca di Fellini non esclude l’Italia e i Togni, la famiglia circense forse da sempre più nota, e la lunga sequenza finale piena di invenzioni clownesche – con gli attori più famosi riconoscibili a fatica sotto la biacca che copre i loro volti da Gigi Reder a Oreste Lionello, da Tino Scotti a Carlo Rizzo e Dante Maggio o Anita Ekberg riconoscibile nella parte dell’amica fidata del suo regista – diventa un omaggio esplicito a questo spettacolo. Spettacolo anche malinconico, come è il circo nella assunzione di una certa cultura popolare radicata, che conserva in ogni esibizione dei pagliacci o nell’aerea visione di un numero con il trapezio, una gioia infantile che Fellini da protagonista di questa stessa emozione, sa catturare, travolgendo nello spettacolo che sa di piccola meraviglia senza effetti speciali, ogni altra riflessione se non quella di una elementare e fanciullesca emozione che solo da adulti si riesce a definire nei suoi contorni, attribuendo a quella suggestione passata il vero valore così sopraffatto e incomprensibile nel momento del suo manifestarsi. È questo il sapiente lavoro adulto del regista, quello di un recupero di quel fanciullesco perduto, in una costante e poliedrica indagine sulla memoria che fa assomigliare tutto il suo cinema (o almeno la gran parte) a quell’”amarcord” personale che ha ossessionato la sua ricerca artistica. Da qui la centralità del suo stesso personaggio, della sua natura demiurgica che si trasforma, naturalmente e benevolmente, in una presenza anche narcisistica dominando di fatto, al di là di ogni rappresentazione circense, il film. Tutto accade secondo una scrittura preordinata fintamente inesistente, con tratti di ironia e momenti di quotidianità lavorativa, ma sempre con una bonarietà, anche qui, quasi infantile che sopravanza ogni sensibile egocentrismo.
Eppure nel suo libro un po’ taccuino, un po’ libro di memorie e aneddoti che è Fare un film Fellini confessa la sua ignoranza sul circo e scrive: Adesso debbo fare una confessione imbarazzante: io sul circo non so niente; mi sento l’ultimo uomo al mondo a potere parlare con conoscenza di storia, di fatti, di notizie. Ci sarà, come sempre in Fellini, del vero e del falso in questa dichiarazione, resta il fatto che I clowns è un film sentito e profondamente legato alla sua matrice artistica, alla sua vita interiore, quella stessa che il suo cinema con una maieutica d’autore ha sempre fatto venire alla luce, mostrandoci i suoi piccoli e magnifici universi della memoria.

 

Regia: Federico Fellini
Interpreti: Federico Fellini, Riccardo Billi, Tino Scotti, Pierre Etaix, Fanfulla, Carlo Rizzo, Goffredo Pistoni, Giacomo Furia, Gigi Reder, Alvaro Vitali, Lina Alberti, Gasparino, Alberto Sorrentino, Maya Morin, Oreste Lionello, Carlo Rizzo, Anita Ekberg, Liana Orfei, Dante Maggio
Durata: 92′
Origine: Italia, Francia, Rft 1970

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
Sending
Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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