"Il richiamo della foresta 3D", di Richard Gabai

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Più che cimentarsi nell’ennesima rivisitazione cinematografica del classico di Jack London, Gabai attinge al romanzo solo per brevi momenti.
Il richiamo della foresta è un tracciato ideale mostrato dal nonno (Christopher Lloyd) a Ryan, per farle capire che è necessario liberarsi delle sovrastrutture che distorcono la percezione del mondo, per ritrovare il contatto con la natura
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ariel-gade-e-christopher-lloyd-in-una-scena-del-film-il-richiamo-della-foresta-3dE’ dove regna la natura che si trova la bellezza, dice all’inizio del film l’impagabile Christopher Lloyd, nelle vesti di un nonno saggio e paziente che inizia la sua scettica nipotina di città alla scoperta di un mondo dimenticato. Un mondo – gli immensi paesaggi innevati del Montana – che, nella quieta ed insondabile immobilità delle immagini sulle quali Richard Gabai continua a volgere lo sguardo per tutta la durata del suo intraprendente progetto (Il richiamo della foresta è il primo live action interamente girato in 3D), rivela le tracce di quel respiro universale ed eterno che, nella presunzione di una ignorante superiorità, abbiamo smesso di seguire, come la piccola ed annoiata Ryan (la bravissima Ariel Gade), troppo occupata ad sfogliare le pagine di un album dove colleziona le costose rappresentazioni di un falso desiderio, per riuscire ad ascoltare il richiamo dei suoi istinti ed il fascino del mondo che la circonda. Fino all’incontro con Buck, un cane incrociato con un lupo che spinge la piccola ad addentrarsi nei territori sconosciuti della natura selvaggia al quale il cane appartiene, sotto la guida del nonno ed assieme ad un compagno d’avventura con il quale si prepara ad affrontare una gara di cani da slitta per salvare il suo Buck dalla cattività. Più che cimentarsi nell’ennesima rivisitazione cinematografica del classico di Jack London, nella sua favola moderna Richard Gabai attinge al romanzo solo per brevi momenti, nei quali prende corpo la storia del Buck di London riadattata dalle parole del nonno ed immaginata dalla piccola Ryan. Il richiamo della foresta dello scrittore statunitense è solo un tracciato ideale, mostrato dal nonno a Ryan per guidarla nel suo percorso formativo e per farle capire che è necessario liberarsi delle sovrastrutture e dei falsi bisogni che distorcono la percezione del mondo e ne minano pericolosamente l’equilibrio, per ritrovare il contatto con la natura e imparare a rispettarla. Se Richard Gabai, complice anche il fascino intramontabile di London, in parte riesce a farci appassionare al lento risveglio di Ryan e alla sua scoperta di un ordine di valori dove il legame di appartenenza – quello di Buck alla natura selvaggia – non deve esser spezzato, Il richiamo della foresta 3D fallisce del tutto nel tentativo di creare una tensione avventurosa. Non solo Gabai spreca grossolanamente l’occasione di soffermarsi sull’intessante personaggio interpretato da Wes Studi, ma anche la figura del cattivo che incombe nel film, l’uomo che si dichiara deciso a strappare Buck a Ryan, è solo caricaturale e mai destabilizzante. Per non parlare della distratta piattezza, che non concede alcuna palpitazione, della tanto sospirata e più volte preannunciata scena decisiva dove si svolge la corsa dei cani da slitta.

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Titolo originale: Call of the Wild
Regia: Richard Gabai
Interpreti: Christopher Lloyd, Ariel Gade, Veronica Cartwright, Wes Studi, Jaleel White
Distribuzione: Moviemax
Durata: 87’
Origine: USA, 2009
 

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