Il segno di Venere, di Dino Risi

Il superamento della commedia rosa e i primi indizi di quella all’italiana. Trainato da Franca Valeri, con dentro la crudeltà e il senso della sconfitta di Una vita difficile. Domani, 8.10, Rai Movie

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Forse è uno degli incroci decisivi del cinema italiano degli anni ’50. Ci sono ancora echi del Neorealismo. Soprattutto nel modo di inquadrare gli interni dell’abitazione in cui la protagonista vive con la cugina e gli zii. Poi i luoghi. Roma di notte. Dove si incrociano i desideri e le illusioni. L’esterno dell’albergo dove Cesira lavora come dattilografa. E infine la strada, con i bus che passano. Dove i passeggeri fanno fatica a salire. E nell’immagine finale, con il volto di Franca Valeri dal vetro, c’è tutta la fine delle illusioni. Ma al tempo stesso anche la quotidianità, un’altra giornata da affrontare. Poi però c’è anche il superamento della commedia rosa e i primi indizi di quella all’italiana. A cominciare dal modo di guardare la figura femminile. Cambia la Loren rispetto la trilogia dei Pane, amore e fantasia. Che forse con Il segno di Venere sembra incrociarsi. L’ultimo della serie, Pane, amore e…, è stato diretto proprio da Risi nello stesso anno, il 1955. E se si confronta il personaggio della pescivendola Donna Sofia di quel film e quello di Agnese, cugina della protagonista in questo, si capisce come tra due film dello stesso anno c’è un’evidente mutazione. Pane, amore e… legato all’immediato post-neorealismo. Il segno di Venere invece in linea e, per certi versi, anticipatore di quella commedia più amara al femminile. Tra commedia e dramma. Su una linea sospesa tra Vittorio Cottafavi e Antonio Pietrangeli.

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Cesira (Franca Valeri) vive a casa a Roma a casa degli zii. È alla ricerca dell’anima gemella, ma non la trova. Al contrario sua cugina Agnese (Sophia Loren) è invece molto corteggiata. La ragazza, di origini milanesi, non si da comunque per vinta. Anche perché una chiromante le ha detto che è nel ‘segno di Venere’.

Cesira è ancora un’altra emanazione delle tre ragazze in cerca di celebrità attraverso il cinema di Viale della speranza (1952), il secondo lungometraggio diretto da Risi prima di questo. Al tempo stesso però c’è quella crudeltà, quel senso di sconfitta che esploderà probabilmente nel capolavoro del regista, Una vita difficile (1961). Certamente Il segno di Venere è trainato da Franca Valeri: sognatrice e disillusa, importuna e maldestra. Tutti gli uomini del film sono filtrati attraverso di lei. Dal pompiere interpretato da Raf Vallone, al fotografo Mario (Peppino De Filippo), fino al poeta Alessio (Vittorio De Sica) che è autore di un programma radiofonico sconosciuto e uno scatenato Alberto Sordi nei panni di Romolo che cerca di vendere a tutti i costi la “1400 del commendatore di Asti” senza documenti. Tutte figure che illudono, tradiscono o ignorano Cesira. E il rapporto di subordinazione della Valeri con Sordi si rovescia del tutto quattro anni dopo con Il vedovo (1959).

Si, Cesira è l’altra faccia di Lady Eva, il personaggio interpretato da Franca Valeri in Piccola posta di Steno dello stesso anno. Anzi, il film doveva essere inizialmente costruito tutto su di lei. Si sarebbe dovuto intitolare La chiromante per la regia di Luigi Comencini. Poi la Titanus ha stravolto il progetto, perché seguiva la politica hollywoodiana di arricchire il cast con il maggior numero possibile di attori famosi. Come ha raccontato Risi in un’intervista a Positif (n. 142, settembre 1972) “Il segno di Venere è nato un po’ disordinatamente, con una sceneggiatura faticata a cui abbiamo partecipato un po’ tutti. C’era Flaiano, c’era Franca Valeri che ha messo del suo, c’era Zavattini che faceva delle lunghe sedute parlandosi addosso, sempre bravissimo, simpatico, ma era un modo curioso di sceneggiare il suo. Ma come spesso succede nel cinema, dal disordine nasce una specie d’ordine”.

In effetti sembra una specie di caos organizzato. Con ogni attori che trova il suo spazio quasi per un singolo sketch. Tra questi, anche Tina Pica che scimmiotta il dialetto milanese quando dice “Te capì?”. Eppure Cesira è sempre l’anello di congiunzione. Il suo segno sono i suoi occhi. Può restare sospesa in aria. Come nell’incidente dalla finestra in cui resta appesa e molti in casa pensano al suicidio. Può essere troppo gentile, eppure inadatta. Ma quando s’incanta, sembra di vedere, proprio lì, sullo schermo, materializzare i desideri che sono nella sua testa.

 

Regia: Dino Risi
Interpreti: Franca Valeri, Sophia Loren, Vittorio De Sica, Alberto Sordi, Raf Vallone, Peppino De Filippo, Tina Pica
Durata: 100′
Origine: Italia, 1955
Genere: commedia

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (2 voti)
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