Il viaggio del Principe, di Jean-François Laguionie e Xavier Picard

L’opera abitua a un’animazione diversa rispetto ai modelli americani e giapponesi, trovando nelle suggestioni del passato una miscela giusta tra semplicità narrativa e visiva e tematiche complesse

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Da sempre l’animazione racconta storie ricche di colori ed emozioni; avventure al limite dell’immaginifico che conquistano con la loro poesia, intelligenza e umanità. Su queste note si poggiano le tematiche principali de Il viaggio del Principe: una favola diversa, più incentrata sull’avventura interiore che quella fisica, più improntata sull’intellettuale che sull’intrattenimento scenico. La favola insiste sul tema del rapporto con la natura, del richiamo della foresta, della civiltà e la sua contraddittorietà, facendo leva su un importante naturalismo pedagogico e su una tesi antirazzista che sottolinea la sempre costante chiusura mentale nei confronti dello straniero, partendo dall’accoglienza dei migranti e l’apertura a culture diverse dalla propria, fino ad arrivare alla pessima comunicazione che esiste tra gli individui anche all’interno di uno stesso popolo e di una stessa sfera culturale.

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Presentato alla 57esima edizione del Pesaro Film Festival, Il viaggio del Principe è un’animazione a quattro mani: Jean-François Laguionie e Xavier Picard disegnano la prosecuzione di un’opera di Laguionie già esistente, Scimmie come noi  libero adattamento de Il barone rampante di Italo Calvino. “È un sequel senza essere un sequel” ha dichiarato il regista. L’opera ha richiesto due anni e mezzo di lavorazione e coinvolto 150 persone. In un mondo che pare corrispondere al nostro Ottocento, popolato da scimmie antropomorfe che parlano e vivono come gli umani, un anziano primate viene rinvenuto in una spiaggia da un giovane trovatello di nome Tom. Il bambino scimmia è stato cresciuto da due scienziati, il professor Abervrach e la biologa Elizabeth, banditi dalla città dei Nioukos per aver affermato che esistono altre civiltà scimmiesche oltre che la loro; il ritrovamento del vecchio primate conferma così la loro tesi.

Vi sono parecchie espressioni in comune con un recente film della Laika – Mister Link – inerenti al desiderio di esplorare e la sete di conoscenza, discostandosi dall’azione per aderire a canoni narrativi più filosofici e avventurosi. Ci si avvia sempre più verso un vortice di ‘animazione per pensatori’, in cui si vuole espandere i film per l’infanzia verso tematiche attuali più complesse e necessarie, dove l’odio per il diverso non sia più un semplice sottotesto ma la tematica principale, sottolineandolo come la rovina stessa della civiltà. Il viaggio del Principe rientra a pieno titolo in questa corrente, optando per una narrazione semplice ma precisa e una poetica dell’immagine pulita e raffinata, veicolando in modo più diretto le sue tematiche forti e decise.

Il film mostra un’avventura più equilibrata di quanto si sia abituati a vedere: non ricca di pericoli di ogni tipo, ma anzi pregna di uno stampo intellettuale e filosofico – per quanto, in realtà, scontrarsi con la paura del diverso e le limitazioni insite nell’uomo sia ben più pericoloso che affrontare un mostro che ti sbarra la strada. La mancanza di vera azione, che spesso rende tale un film di intrattenimento, potrebbe far storcere il naso o persino annoiare i bambini, ma è in un certo senso necessario per sovvertire le regole classiche dello show, che rieduca non solo tramite tematiche meno trasparenti ma anche con la spettacolarizzazione, allenando il pubblico a vedere e capire senza bisogno di scontri fisici e battaglie infinite; così facendo si può avere un climax più introspettivo, senza dover necessariamente portare al limite il livello scenico dell’azione e quindi appesantire il racconto.

Come in Mister Link, Il viaggio del Principe ricorda alle scimmie (chiara allegoria sul mondo umano) le basi della comunione con la natura, e quanto convivenza e integrazione siano necessari per uscire dal buio esistenziale. Gli oppressori vengono visti come coloro che ripudiano il cambiamento in favore di un antico retaggio. Non si può non far caso alle metafore dei primati al cinema: da Il pianeta delle scimmie, eterna fonte di ispirazione da cui nutrirsi quale opera universale della storia del cinema; a King Kong, omaggiato come una sorta di film nel film. Il viaggio del Principe si ricollega al classico non solo nel tratto animato, ma anche nelle conclusioni, con domande che, nel confronto finale tra uomini e natura, portano a chiedersi come si è arrivati a questo mondo desolato, o difendendo il diritto di ogni specie di emigrare ogni qualvolta un posto non sia più per loro accogliente.

Non privo di spunti ironici e satirici – “non ci degnarono di uno sguardo e questo mi parve essere espressione della più grande civiltà.” – Il viaggio del Principe favorisce una completa identificazione con il punto di vista dello straniero, che qua è protagonista, mettendo in scena le sue personali opinioni su ciò che lo circonda, dai pregiudizi alle azioni che vede agli sguardi che riceve, senza risparmiarsi. L’opera abitua a una forma d’animazione diversa rispetto ai modelli americani e giapponesi, trovando nelle suggestioni del passato una miscela giusta tra la semplicità narrativa e visiva e le tematiche complesse.

Nonostante l’animato sia volutamente leggero e delicato nel tratto, con movimenti fluidi e piacevoli da seguire, l’opera non vuole raccontare esclusivamente per immagini – al contrario de La tartaruga rossa, con cui condivide quella voglia di raccontare una storia reale all’interno di una matrice antirealistica, curando i dettagli negli sfondi e nei personaggi. Il film è anzi raccontato interamente dalla voce narrante del principe, dandogli quel tocco di atmosfera malinconica che un po’ ricorda Hayao Miyazaki, il cui Principessa Mononoke condivide tra l’altro una tematica specifica con Il viaggio del Principe: il sottotesto  ecologista che mette in risalto le barbarie e l’odio degli umani sulla natura, condividendo la rappresentazione di una natura incontaminata che poco alla volta si riprende i propri spazi. I disegni della metropoli decadente, con la natura che sovrasta e che espatria la popolazione, sono racchiusi in una bellissima quanto simbolica scena che racconta allo stesso modo come anche la natura può rigirare contro la civiltà la sua stessa moneta.

 

Titolo originale: Le voyage du prince
Regia: Jean-François Laguionie e Xavier Picard
Origine: Francia, Lussemburgo, 2021
Durata: 77′
Distribuzione: PFA Films ed Emme Cinematografica

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
1 (1 voto)
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