“La finestra di Alice”, di Carlo Sarti
Commedia tinta di giallo che fallisce rovinosamente qualsiasi suo intento. Dalla volontà di omaggiare classici della cinematografia al tentativo di raccontare, con toni più leggeri e umoristici, l'odierna crisi e le sue conseguenze
La finestra di Alice, commedia tinta di giallo del regista emiliano Carlo Sarti fallisce rovinosamente qualsiasi suo intento. Dalla volontà di omaggiare classici della cinematografia come La finestra sul cortile, voyeristica metafora del cinema firmata Hitchcock, alle commedie americane come La strana coppia di Gene Saks con il binomio Lemmon/Matthau, al tentativo di raccontare, con toni più leggeri e umoristici, l'odierna crisi e le sue conseguenze.
Protagonista è Gabriele (Fabrizio Bucci), giovane aspirante scrittore. Innamorato della misteriosa dirimpettaia Alice (Clizia Fornasier), che spia con il binocolo senza il coraggio di proporsi, precipita in una spirale di sfortunati eventi che raggiungono l'apice quando decide di affittare una stanza del suo appartamento a Fabio “Fabiolus” Fernandez (Sergio Muniz). Il suo arrivo coincide con una serie di omicidi che hanno come scena del crimine il palazzo in cui vive Alice, tanto da far sospettare la polizia che possa essere proprio il nuovo arrivato il colpevole.
Sarti firma anche la sceneggiatura nella quale i personaggi sono vittime dei ruoli loro assegnati, tanto da privarli di nuance in grado di caratterizzarli psicologicamente. I dialoghi innaturali, come la recitazione, lasciano impassibile lo spettatore, incapace di provare empatia per le loro vicende, mentre la contrapposizione Bucci/Muniz è esageratamente forzata e giocata su battute prive di comicità e complicità. Il tentativo di evidenziare un aspetto dell'attuale disagio socio/economico, esemplificato dalla condizione di Gabriele, è vanificato da un'iperbolica amplificazione del tema in questione che scivola nella macchietta.
Gabriele e il suo goffo tentativo di convincere l'editore a dargli una chance fanno rimpiangere l'estrosa sfrontatezza dell'Arturo Bandini firmato John Fante. Arrivati a scoprire il mistero di Alice che, per pagarsi gli studi universitari, balla sul cubo di una discoteca con l'immancabile parrucca rosa, richiamando subito alle memoria un altro, ben più riuscito, di caschetto fluorescente, quello di Natalie Portman in Closer, non si può non domandarsi il perchè di così poca originalità.
L' attrice "dirimpettaia" si chiama Clizia e non Cinzia.
Hasta la vista .
ma…. la recensione chi l'ha scritta? Non vale la pena commentare, ma una cosa è sicura: l'ha scritta qualcuno che non ha visto il film!!!! Ma si legga il commento di Zappoli su Mymovies, che invece il film l'ha visto!!!