La programmazione di Fuori Orario dal 28 maggio al 3 giugno

Il cinema ai ‘confini della realtà’ tra Rosi, d’Anolfi-Parenti, Sorini e Segre. E poi Romero e Cronenberg.

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Domenica 28 maggio dalle 2.30 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

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presenta

AI CONFINI DELLA REALTA’ (2)

a cura di Fulvio Baglivi e Lorenzo Esposito

GUERRA E PACE

( Italia, 2020, col., e b/n, dur., 131’)

Regia: Massimo D’Anolfi e Martina Parenti

Presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2020, l’ultimo lungometraggio della coppia di registi che Fuori Orario segue da molti anni è un lavoro complesso che indaga il rapporto tra cinema e guerra, iniziato fin dagli albori e sempre più intrecciato, che va dalle riprese in 35mm fino agli smartphone attuali. Il film si articola in quattro movimenti, legati ad altrettanti istituzioni, dall’Istituto Luce All’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, l’Archivio del Ministero della Difesa francese e quello della Croce Rosse a Losanna.

“Guerra e pace è una riflessione sulle immagini e, come in un grande romanzo, scandito in quattro capitoli – passato remoto, passato prossimo, presente e futuro -, prova a ricomporre i frammenti della memoria visiva dai primi del ‘900 a oggi e mette in scena la moltiplicazione delle visioni che, come un costante rumore di fondo, accompagnano le nostre attuali esistenze.”

BAIKONUR, TERRA                        

(Italia, 2018, col., dur., 77’”, v.o. originale inglese, russo, kazako con sott. it.)

Regia: Andrea Sorini

“Alzate la testa” recita un manifesto con il volto di Yuri Gagarin sullo sfondo dello spazio: siamo nel centro abitato di Baikonur, base spaziale ex sovietica e oggi russa, in una regione desertica del Kazakistan dove tutto – anche la fede – sembra essere rivolto all’esplorazione dello spazio.  Da qui sono partiti il primo Sputnik nel 1957 e la leggendaria missione di Gagarin pochi anni dopo.  Ma Baikonur è stato anche lo scenario della catastrofe di Nedelina del 24 ottobre 1960, tenuta segreta per molti anni. Andrea Sorini osserva quel luogo come una terra aliena, “lontano dal resto del mondo, ad un passo dall’Universo”. Ipnotica cattedrale nel deserto, il cosmodromo e il centro abitato che lo circonda portano sulla loro superficie i segni della Storia: la Guerra fredda, la corsa allo spazio, l’impatto della tecnologia sulla natura che ha desertificato buona parte dell’immenso lago Aral.

“Il film segue un andamento da viaggio, in una cornice un po’ fantastica, che inizia con l’atterraggio di una specie di sonda, come se stessimo esplorando un pianeta sconosciuto. C’è sicuramente un legame con la fantascienza e infatti questo linguaggio prende spunto dal cinema di finzione, le musiche e gli stessi suoni si accostano a un mondo tipico della fantascienza.

I miei modelli fanno riferimento soprattutto al cinema e alla letteratura di fantascienza russa, in particolare Tarkovski, che ha scritto e diretto film come Stalker e Solaris tra i più noti e Lopušanskij, che, nel film A visitor to a Museum, ha utilizzato zone abbandonate della Russia per raccontare una storia di fantascienza. Anche Guerre Stellari ha contribuito nella scrittura del film per la presenza di abitanti in paesaggi desertici insieme ad astronavi e situazioni spaziali. A dire il vero però l’ispirazione maggiore è arrivata dalla fotografia: lo stile visivo, infatti, ha un forte legame con il carattere sognante delle immagini di Luigi Ghirri, nelle cui opere c’è una forte relazione tra fiction e realtà”.

Il nostro approccio è stato proprio quello di alieni che vanno in una terra sconosciuta. Poi però, attraverso l’esplorazione di quegli spazi, la fantasia ha finito per alimentarsi con la realtà che si è trovata di fronte.” (Andrea Sorini)

Il film è stato presentato al Festival di Vancouver e al Filmmaker Festival di Milano, dove è stato premiato nella sezione “Prospettive”.

 

Venerdì 2 giugno dalle 1.40 alle 6.00

AI CONFINI DELLA REALTÀ (3) 

a cura di Fulvio Baglivi e Lorenzo Esposito

NOTTURNO                    

(Italia/Francia/Germania, 2020, col., dur., 102’)

Regia: Gianfranco Rosi

Presentato in Concorso alla 77esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Girato nel corso di tre anni sui confini fra Siria, Iraq, Kuristan e Libano, racconta, da diverse prospettive, la vita quotidiana degli abitanti di questa martoriata area del Medio Oriente.

Il film segue – e incontra – personaggi, costruisce un’unità “umana” che trascende le divisioni geografiche. Ali mantiene la famiglia, ed è solo un bambino. Una madre in esilio in Germania sente la voce della figlia in mano all’ISIS solo quando la ragazza riesce a mandarle dei vocali sul telefono. Alle guerrigliere curde. Al cacciatore delle paludi in Iraq. Dei bambini yazidi in orfanotrofio disegnano i loro incubi. Dei sopravvissuti alla guerra vivono in un manicomio iracheno. Le carceri sono piene di detenuti appartenenti all’ISIS. Due amanti passano una serata insieme mentre in lontananza infuria la guerra.

Rosi lavora su confini aperti, sul vuoto, sulle attese, su comunità che basta qualche chilometro più in là perché non si capiscano più, su un territorio mutevole e martoriato. Cuce la realtà in modo che due note distanti siano la stessa nota senza bisogno di didascalie, ma insistendo invece a interrogare questa distanza. Questo spazio incognito diventa poi per Rosi anche un luogo cinematografico prediletto dove la luce, l’inquadratura fissa e il sonoro (sordo, ininterrotto, segno di una guerra infinita anche quando invisibile) sono i veri personaggi.

“Ho scritto la prima sinossi di Notturno in tre settimane, l’ho consegnata al mio produttore e abbiamo subito raccolto i fondi. Nell’ottobre 2017 ero pronto a partire per il primo viaggio di scouting delle location. Quello è stato un momento molto importante. Sono partito senza camera e il mio produttore è rimasto molto scioccato: “Nemmeno una piccola videocamera? Ma se succede qualcosa di incredibile?”. Dico sempre che il mio lavoro consiste nel perdere le cose. Il 99% delle volte mi sfugge qualcosa. Quando decido la mia inquadratura, la seguo e costruisco un momento. È molto importante non correre da un posto all’altro. Ho imparato che bisogna scegliere un’inquadratura e riempirla lentamente con la storia. E se si è abbastanza bravi, ciò che non si vede si troverà all’interno di quella cornice. Per me è un piacere viaggiare con un treppiede, una grande macchina da presa… Voglio questa stabilità, questa sensazione di fare un film, di creare una sorta di narrazione che si farebbe con un lungometraggio. Qualcuno mi ha detto che Notturno assomiglia a un film di John Ford, e questo è ciò che voglio ottenere: la massima qualità cinematografica, ma con un forte elemento di realtà. Per fare questo devo andare molto in profondità in termini di intimità con i personaggi. Il primo passo è trovare le location. Quindi Siria, Iraq, Libano… Sono andato a Tripoli: se vuoi conoscere l’essenza del Medio Oriente devi passare un mese a Tripoli, ed è lì che capisci il conflitto, è l’essenza. Una volta capito il Libano, si può andare ovunque. L’idea di confine è un concetto occidentale, poiché nel 1916 Balfour e Picot decisero di tracciare queste linee. Il confine è sempre mutevole, eppure ogni territorio ha una sua forte identità, a scapito delle minoranze. Quindi i semi piantati nel 1916 sono cresciuti, ed è questo che ha creato questa confusione. È così complesso. Più tempo passavo lì, più ero confuso”. (da una conversazione con G. Rosi apparsa su “Cinema Scope Magazine”, n. 84)

I SOGNI DEL LAGO SALATO                                         

(Italia, 2015, col., dur., 71’)

Regia: Andrea Segre

Presentato Fuori Concorso al Locarno Film Festival e subito dopo come Evento Speciale alle “Giornate degli Autori” della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Viaggiando nel Kazakistan in pieno boom economico, Segre incontra contadini, pastori e giovani le cui vite sono state rivoluzionate dall’arrivo delle multinazionali del petrolio. Questo scuote la memoria del narratore che torna – con immagini d’archivio – ai contadini italiani del Sud che vissero un boom altrettanto sproporzionato. Da un lato Aktau e Astana, dall’altro Gela. Lentamente, da un punto a un altro della Storia, si innesta un percorso poetico e malinconico anti-geografico e molto personale.

“Se avessi ascoltato la ragione probabilmente non sarei partito. Non cercavo qualcosa di preciso. In questo film, più che in molti altri, ho semplicemente seguito il desiderio e l’istinto. È il privilegio del cinema documentario. È l’emozione del cinema documentario. Una libertà di sguardo e di pelle, che proverò a seguire sempre. Volevo andare in Kazakistan. Perdermi in terre di confine, in orizzonti talmente ampi da diventare intimi. “I Sogni del Lago Salato” sono sogni che ho cercato nelle steppe asiatiche e che ho poi ritrovato nella cantina di mio zio Alberto (cugino direbbe lui), dove piccoli antichi sogni erano custoditi nelle pellicole 8 mm di 50 anni fa. Sono sogni che l’umanità ciclicamente prova a fare, senza avere il coraggio di fermarsi, di chiedersi cosa rimane indietro. Negli ultimi anni questi sogni sono accelerati a tal punto che per la mia generazione è diventato invece necessario iniziare a chiederselo. Stiamo contando le ferite e abbiamo  voglia di fermarci. Abbiamo voglia di non accettare che gli orizzonti siano solo quelli della necessità di crescere. A me lo ha insegnato Sozial, un pastore in riva al Mar Caspio, sotto la prima tempesta di neve dell’inverno scorso. In Kazakistan. Non così lontano da qui” (A. Segre).

 

Sabato 3 giugno dalle 1.25 alle 7.00

CARPENTER ROMERO CRONENBERG. Discorso sulla cosa

a cura di Lorenzo Esposito

AMUSEMENT PARK           

(The Amusement Park, Usa, 1973-75, col, dur., 51’, v.o. sott., it)

Regia: George A. Romero

Con: Lincoln Maazel, Harry Albacker, Phyllis Casterwiler, Pete Chovan, Sally Erwin, Jack Gottlob, Halem Joseph, Bob Koppler, Marion Cook, Michael Gornick, George A. Romero

Realizzato nel 1973, il film è stato presentato in anteprima all’American Film Festival di New York nel giugno 1975 senza avere alcun seguito o uscita successive. Il film fu commissionato dalla Lutheran Service Society of Western Pennsylvania come film educativo sugli abusi agli anziani. Considerato perduto, ne è stata mostrata una copia in 16mm al Torino Film Festival del 2001 diretto da Roberto Turigliatto e Giulia D’Agnolo Vallan nell’ambito delle retrospettiva dedicata a Romero curata da Giulia D’Agnolo Vallan. Nel 2017 la moglie di Romero ha dato il via al percorso che ha portato al restauro e alla nuova versione in 4K presentata in anteprima a Pittsburgh il 12 ottobre 2019.

Un uomo anziano siede in una stanza bianca, fasciato, insanguinato e con il suo bel vestito bianco sporcato. Un altro uomo, il doppelganger del primo, entra con un aspetto pulito e di buon umore. Cerca di comunicare con la versione stanca di se stesso e gli dice che sta andando al parco nonostante lui gli abbia detto che “non c’è niente là fuori”.

Da questo momento in poi comincia un incubo senza fine. L’uomo sale su una montagna russa con una strana segnaletica, sale su un treno dove uno dei passeggeri più anziani muore nell’indifferenza generale. L’uomo compra la spesa, si siede a mangiare e fa cenno ad alcuni bambini di venire a conversare con lui, ma un uomo più giovane lo accusa di essere un “degenerato”. L’uomo viene invitato a entrare in un edificio da persone più giovani che gli dicono che si divertirà, ma entrando si trova in una stanza claustrofobica dove gli anziani sono costretti a esibirsi in scomode macchine da ginnastica. L’uomo si ritrova nel parco, ora completamente vuoto, tranne che per tre motociclisti che lo picchiano. Quando la gente appare all’improvviso, tutti lo ignorano. Si imbatte in alcuni uomini che cercano di vendere case di riposo e finisce per essere borseggiato. Trova un “rifugio”, che però viene chiuso al suo arrivo… L’uomo (o il suo doppio) appare un’ultima volta per dire allo spettatore che può aiutare gli anziani attraverso programmi già stabiliti. Conclude con “Ci vediamo al parco… un giorno”.

THE WARD

(Id., Usa, 2010, col., dur., 85′ v.o. sott., it.)

Regia: John Carpenter

Con: Amber Heard, Mamie Gummer, Danielle Panabaker, Laura-Leigh, Lyndy Fonseca, Jared Harris, Mika Boorem, Sydney Sweeney

Presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival, The Ward è, ad oggi, l’ultimo film diretto da uno dei cineasti più avanzati e influenti degli ultimi quarant’anni.

Kristen, una bella e problematica ragazza, si ritrova rinchiusa nel reparto di un ospedale psichiatrico

dopo avere incendiato una fattoria, coperta di lividi e tagli senza alcun ricordo degli eventi precedenti il suo ricovero. Nessuno riesce a fornirle risposte, e ben presto Kristen si rende conto che il reparto nasconde terrificanti segreti. Quando le altre ragazze iniziano a sparire una a una, Kristen cerca disperatamente un modo per fuggire, ritrovandosi più volte faccia a faccia con un essere misterioso e orripilante che la bracca apparentemente senza motivo.

“È stata una sfida, perché bisognava rendere ad ogni ripresa il set interessante, il che è difficile da fare. Era un set minuscolo, davvero, e c’erano solo poche stanze in cui si svolgevano le scene. Quindi, mi sono chiesto: “Come posso rendere tutto questo puramente visuale?”. (C. Radish, Director John Carpenter Talks The Ward and His Thoughts on Hollywoow Remaking His Films, Collider, June 2011)

COSMOPOLIS                                     

(Usa, 2012, col, dur., 105’)

Regia: David Cronenberg

Con: Robert Pattinson, Samantha Morton, Jay Baruchel, Paul Giamatti

Il broker dell’alta finanza  Eric Packer, dopo una disastrosa giornata a Wall Street, decide di attraversare Manhattan chiuso all’interno della sua limousine per raggiungere dall’altra parte della città la bottega del suo barbiere di fiducia.   L’auto procede a passo d’uomo, New York è bloccata: la visita del Presidente degli Stati Uniti d’America, il funerale di una celebre star del rap e, non ultima, una manifestazione di anarchici ne paralizzano il traffico…L’apocalisse è vicina…

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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