L’inquietante marcia funebre del Titan

Tra le manie di grandezza dei ricchi e le reazioni grottesche da parte di chi segue dalle bacheche, quella che emerge con maggior forza è una generale atrofizzazione dello spirito critico

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I believe that the heart does go on

Once more, you open the door

And you’re here in my heart

And my heart will go on and on

È notizia di qualche giorno che My Heart Will Go On, il celeberrimo singolo di Céline Dion, tema principale di Titanic, abbia realizzato un picco di 500.000 ascolti su Spotify. Il tutto arriva, guarda caso, in concomitanza con la tragedia del sottomarino sperimentale Titan nella quale sono morte cinque persone compreso Stockton Rush. Il CEO della compagnia Ocean Gate gestiva personalmente le immersioni tra gli abissi dell’Oceano Atlantico, alla ricerca del relitto del Titanic.

Un’esperienza da 250.000 dollari a persona per rimanere chiusi per quasi dodici ore all’interno di una struttura in fibra di carbonio, scendendo 25 metri al minuto fino ad arrivare ai 3810 metri di profondità del fondale marino su cui poggia il relitto del transatlantico affondato nel 1912.

“Dreams don’t have a price” è la frase pronunciata da Renata Rojas, una delle precedenti e ben più fortunate avventuriere di quest’esperienza extralusso, piena di pericoli e manchevole per quanto riguarda le condizioni di sicurezza.

La spedizione del 20 giugno è costata la vita oltre che al pilota Stockton Rush, al milionario britannico Hamish Harding, l’esploratore francese Paul-Henri Nargeolet e i due cittadini pachistani Suleman Dawooh e il padre Shahzada Dawood.

Cercando di contestualizzare, a priori c’è una ricerca smisurata “dell’andare oltre” da parte di un’élite economica del mondo che si diverte a giocare agli esploratori. Una ricerca non ha nulla a che vedere con quello che Calvino in una lettera del 1969 ad Anna Maria Ortese definiva un’appropriazione vera dello spazio e degli oggetti celesti, cioè conoscenza. Quella di cui parla lo scrittore è una conoscenza definita collettivamente: è l’intera umanità a partecipare, attraverso un rito collettivo, all’allunaggio. Le spedizioni di SpaceX alla conquista dello spazio o le immersioni dei giorni nostri alla ricerca dei resti del Titanic, invece, sono tentativi di ricerca solipsista, riservati ad un’élite, sempre più arricchita, sempre più sazia e, di conseguenza, annoiata e desiderosa di vivere esperienze esclusive, appannaggio di pochissimi.

Ritornando al picco di streams su Spotify di My Heart Will Go On, c’è qualcosa di grottesco in questa notizia, rivelatrice di un atteggiamento diffuso di ricezione in bilico tra il macabro e il nostalgico. È una dinamica simile a quella per cui, una volta morto un cantante/una cantante, i suoi ascolti, per un breve periodo, aumentino vertiginosamente, toccando punte mai raggiunte mentre l’artista era in vita.

Insomma, tra le manie di grandezza dei più ricchi e le reazioni da parte di chi sta a guardare, una riflessione da porsi potrebbe riguardare una generale atrofizzazione dello spirito critico nelle persone. In fondo, questo tipo di reazione non è altro che l’ultimo tassello di una serie di macabre coincidenze che riguardano la storia del Titanic. Una su tutte, il fatto che la moglie di Stockton Rush, avesse degli antenati tra le illustri vittime del Titanic, a cui per altro, il film di Cameron dedica una sequenza nella quale una coppia di anziani si abbraccia mentre le fredde acque dell’oceano Atlantico inondano la loro cabina. Oggi, a distanza di più di un secolo, la donna perde anche il marito nello stesso luogo maledetto. Un gioco macabro della vita, una tragedia nella tragedia che si ripete a causa dalle stesse manie di grandezza contro cui l’uomo non sembra avere gli anticorpi necessari. Sullo sfondo, c’è un altro rito collettivo, ben più inquietante di quello descritto prima, per cui è come se, singolarmente, si cercasse di partecipare agli eventi che si ripetono ascoltando l’unica marcia funebre possibile per entrare a contatto con l’evento: My Heart Will Go On. 

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