Lumumba. La mort du prophète, di Raoul Peck

Raoul Peck nel 1990 dedica il suo primo documentario, Lumumba, Le mort du prophete alla storia del leader congolese, con un’opera audace e libera. Proiettato al Cinema Ritrovato 2021 di Bologna

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17 gennaio 1961. Dopo gli inebrianti entusiasmi di una storica vittoria, il Congo sta vivendo giorni concitati e pieni di incertezze e paure. Il giovane stato africano, dopo aver ottenuto con grande fatica, l’indipendenza dall’ingombrante e violento Belgio, sembrava aver trovato una guida sicura e lungimirante in Patrice Lumumba, primo premier eletto della neonata Repubblica del Congo. Il leader, però, nonostante la fiducia e l’affetto del suo popolo, è messo presto in minoranza, attaccato da più fronti da nemici esterni (le potenze occidentali) e interni. Arrestato dalle forze golpiste guidate dal generale Mobutu, Lumumba è portato in catene, insieme ai pochi fedelissimi rimasti al suo fianco, di fronte al suo destino. In una tragica notte di inverno, lo statista africano è consegnato nelle mani dei suoi avversari politici che, non esitano un instante a giustiziarlo sommariamente. La rabbia di questi aguzzini si accanisce anche sui resti di Lumumba, fatti scomparire in un’estrema e orribile ultima umiliazione. La morte di Patrice Lumumba è stato un evento chiave nella Storia africana, un colpo durissimo per tutti i movimenti indipendentisti/anti-colonialisti e per i paesi non allineati (Ernesto Che Guevara protestò contro questa esecuzione, senza immaginare di incontrare lo stesso destino da lì a qualche anno). La sua tragica e ingiusta fine, la forza delle sue idee e l’amore per la sua terra, hanno reso, negli anni, Lumumba il simbolo di un’Africa fiera e indipendente, il modello per chi è disposto a sacrificare tutto per una giusta causa.

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Tra i tanti che rimangono affascinati dalla figura del presidente africano, Raoul Peck è il regista che più di altri ha cercato di catturare nelle sue opere l’essenza della battaglia di Lumumba. Prima del film omonimo di fiction realizzato nel 2000, il regista haitiano dedica il suo primo documentario, Lumumba, Le mort du prophete (proposto nella programmazione del Cinema Ritrovato 2021) proprio alla storia del leader congolese, con un’opera audace e libera come solo un’opera prima può esserlo. Peck, consapevole di dover affrontare una vicenda ancora dolorosa e pericolosa (il regista e la sua troupe evitarono di girare in Congo per non finire nella mani della dittatura dell’epoca, poco incline ad accettare il film), decide di muoversi su più fronti, con quella strabordante libertà creativa che segna tutta la sua filmografia. Alla struttura classica del documentario, interviste a testimoni ed esperti, immagini e video di repertorio riguardante il soggetto storico, Peck decide di dirigersi spesso nei territori dell’autobiografia. Il regista, infatti, visse anni nel Congo neo-indipendente. Data questa vicinanza sentimentale, la storia di Lumumba si intreccia con quella della famiglia Peck, rappresentata sia da un commovente contributo di home movies dello stesso regista, sia dalle parole (passate attraverso un filtro poetico di una narrazione aulica) della stessa madre del regista, all’epoca impiegata presso le istituzioni congolesi.

Il passaggio continuo dal racconto familiare alla ricostruzione storica, non esitando mai dall’attaccare apertamente i mandanti occidentali del golpe e della morte di Lumumba, Peck confeziona un piccolo, coraggioso, film. La commozione per i ricordi famigliari e per la tragica figura di Lumumba si fondono in un percorso unitario e coerente, come se il tentativo e la fine del leader, unito al piccolo racconto di una normale famiglia in Congo, possa essere l’unico modo possibile per raccontare l’epica e drammatica storia della de-colonizzazione. Il Belgio, gli Stati Uniti e tutte le potenze occidentali, con le loro ipocrisie, con la disgustosa propaganda mediatica e con l’ingordigia senza fine per risorse e ricchezze africane, sono il destinatario di un atto d’accusa lucido, i carnefici non solo di una uomo eroico ma di un’idea precisa di Africa. Peck considera e racconta Lumumba come una figura cristologica. Il suo insistere sull’aspetto messianico non ha quasi mai un esplicito intento spirituale, tanto meno religioso. Il rimando al profeta sin dal titolo, infatti, risponde alla necessità politica del regista. Lumumba per Peck è la rappresentazione delle esigenze di un intero continente, di una storia che, pur interrotta, ostacolata e martoriata, deve raggiungere il suo necessario e naturale epilogo. Lo stesso testimoniato e profetizzato da Patrice Lumumba

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (1 voto)
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