Menus Plaisirs – Les Troisgros, di Frederick Wiseman

Se c’è qualcosa di straordinario rispetto al metodo abituale, è la scelta di individuare dei “protagonisti”, per raccontare il loro approccio alla cucina e quindi alle cose. VENEZIA80. Fuori Concorso

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Dopo la deviazione fiction di Un couple, Frederick Wiseman torna alla pratica che ha definito la sua grandezza. Da un’altra angolazione sorprendente: il mondo dell’haute cuisine. Ecco dunque un documentario sui Troisgros, famiglia di celebri chef francesi, che dal 1968 detengono le tre stelle Michelin. Una dinastia che va avanti da quattro generazioni, da quando, nel 1930, fu aperto il primo ristorante di fronte alla stazione di Roanne, nella Loira. Da qualche anno lo chef Michel e sua moglie Marie-Pierre hanno dato una svolta alla storia di famiglia, spostando altrove la sede del ristorante. In piena campagna, a Ouche, dove hanno aperto anche un hotel. Ma grazie all’apporto dei figli, chef anch’essi, le attività si sono moltiplicate. César ha preso in mano la direzione della cucina del Troisgros, sotto la supervisione del padre. Mentre il fratello minore Léo ha assunto la guida di altri due nuovi ristoranti, in cui realizzare menù più informali, ma sempre di altissima qualità: Le Central, a Roanne, poco distante dalla sede storica, e La Colline du Colombier, a Iguerande.

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Tradizione e innovazione, studio e ricerca, pratica e invenzione. È una storia di dedizione e passione, in fondo. Roba da artisti. E nonostante il solito rigore del metodo, si intuisce da subito come Wiseman non si senta così distante dal mondo che racconta. Sin dalla prima scena, in cui César e Léo girano per il mercato di Roanne in cerca dei prodotti più adatti per realizzare i loro piatti. Lì, tra quelle bancarelle, si delinea subito una delle tracce fondamentali del film: il piacere assoluto, quasi ossessivo, della “materia”, della sua qualità, ma anche della sua bellezza estetica, della sua forma e della sua consistenza. Le infinite discussioni su quale pesce d’acqua dolce scegliere e su quale parte sia meglio cucinare, sull’opportunità di utilizzare la crema di mandorle insieme al rabarbaro e al fiore di sambuco. Il modo di trattare le carni, di dissanguare le cervella di vitello o di cucinare i rognoni, gli abbinamenti di salsa perfetti. E la manualità dei gesti, nel taglio degli ingredienti, nel manovrare strumenti e padelle, nella gestione dei tempi di cottura con la semplice pressione di un dito, nella rifinitura i piatti, nel gioco sui dettagli delle composizioni.

È veramente un film tattile Menus Plaisirs, in cui vedi modellare la materia prima secondo la sapienza dell’esperienza e il lampo dell’ispirazione. Ma proprio per questo è un film sul processo, più che sul compimento. In cui non si indugia quasi mai sul piatto fatto e finito. Ma su tutto ciò che sta prima, durante, intorno. E, come sempre, lo sguardo di Wiseman viaggia lungo tutte le prospettive e le possibili via di fuga: dallo studio e l’ideazione “teorica” dei piatti, alla concretezza del lavoro in cucina, dalla selezione dei vini sino al dettaglio più millimetrico nella cura maniacale del servizio. Per poi allargarsi a esplorare l’intera filiera, dando spazio ai produttori, che raccontano i loro metodi di allevamento sostenibile o di agricoltura biologica, la lavorazione dei formaggi e la perfetta stagionatura. Il film così mette in connessione un intero mondo, diventando uno studio esemplare sulle nuova possibilità di adesione alla natura e al territorio, sulle scelte di salvaguardia e di rispetto (non a caso, il Troisgros è stato insignito anche della stella verde Michelin per l’impegno di sostenibilità ambientale).

Certo, anche a vedere e sentire le discussioni con i clienti, questo mondo dell’haute cuisine continua a galleggiare tra l’esotico e le mode. Se i suoi costi rimangono insostenibili per i più, le televisione ne ha democratizzato lo spettacolo, fin quasi allo sfinimento del filone per sfruttamento intensivo. Ma per Wiseman è sempre una questione di complessità. Di ampliamento degli orizzonti e di stratificazione, di emersione dei lati più nascosti. E se qui c’è qualcosa di straordinario rispetto al suo metodo abituale, è in questa scelta di individuare dei “protagonisti”, les Troisgros, per raccontare il loro approccio alla cucina e quindi alle cose. Come se fosse stata definitivamente incorporata la prospettiva di Un couple, che era in qualche modo il controcampo intimo e privato del suo cinema sempre concentrato sull’indagine e sul racconto di uno spazio plurale. Menus Plaisirs diventa così una specie di saga familiare, in cui dalla trama delle relazioni si srotola il filo rosso che conduce dal passato verso il futuro.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5
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Il voto dei lettori
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