A quarant’anni e passa dalla sua nascita, avvenuta nel 1971, gli autori di questo documentario scelto come Evento Speciale della Settimana della Critica 2023 ripercorrono le diverse fasi e le attività del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, organismo che oggi si occupa innanzitutto di organizzare appunto questa sezione parallela della Mostra di Venezia, di gestire la rivista CineCritica, di assegnare il “bollino” di Film della Critica ai film considerati meritori tra le uscite in sala in Italia, e di tutta una serie di attività regionali di divulgazione, cura di rassegne, presentazioni e incontri.
E proprio sulle diverse incarnazioni del mestiere di critico si concentra il documentario, che racconta come attraverso le intuizioni della generazione formatasi con il fermento ideologico del ’68 e poi approdata ai lidi della controcultura, tra cui la grande stagione dei cineclub e i festival tipo Pesaro, si sia andata facendo strada la figura di un critico che affianca alla scrittura e all’analisi il lavoro sul campo, il confronto stretto con gli autori, l’ideazione e costruzione di momenti in cui far vedere cinema e scoprirne di nuovo, e inedito.

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Questa linea di racconto, possibile anche grazie all’importanza cruciale dell’operato di Montini e Pistagnesi all’interno del Sindacato negli anni, fa paradossalmente passare in secondo piano la rievocazione storica delle vicende interne all’Associazione, difficoltà, idiosincrasie e scissioni che vengono giusto accennate, ma permette così al documentario di non affidarsi solo agli interventi dei critici intervistati ma di annoverare le dichiarazioni di una nutrita schiera di registi, tra repertorio e chiacchierate realizzate per l’occasione, che da sempre il Sindacato ha seguito e “affiancato”, da Marco Bellocchio ai fratelli Taviani, Liliana Cavani, Daniele Vicari. La ricerca d’archivio propone anzi una serie di rarità, assemblee con Zavattini infervorato in discussioni con i giovani cineasti italiani, interviste e discorsi dal palco durante i festival, tutta la passione militante dei Bertolucci, dei Micciché e dei Kezich.

Alcune questioni cruciali da affrontare per chi fa oggi il nostro mestiere sono forse tenute troppo in ombra, lasciate alle suggestioni degli intervistati (tra cui Aprà, Detassis, Spila, Torri…), come l’annoso problema di percepire compensi adeguati alle proprie prestazioni professionali, la possibilità sempre più diffusa di agire direttamente sulla materia dell’immagine per costruire i testi critici audiovisivi del futuro, l’alto numero di critici impegnati oggi in attività di divulgazione, formazione e didattica seguendo strade “alternative” a quelle puramente accademiche, e tutta la nuova fortuna del “documentario sul cinema” (come questo e i precedenti di Simone Isola, tra cui quelli bellissimi su Caligari o Alfredo Bini) che sta andando sostituendo probabilmente l’impegno tradizionale nei palinsesti televisivi (Fuori Orario ma non solo), su cui il documentario si sofferma.
Resta in ogni caso uno strumento verosimilmente molto utile per iniziare a suggerire l’esistenza di una maniera più approfondita, vitale e complessa di fare critica a tutta questa nuova generazione di appassionati che non ha mai incrociato gli strumenti per immaginare un’azione critica che si astragga dal giudizio sul film. La nostra è l’epoca col maggior fermento intorno a quella (che sul web viene considerata) critica cinematografica che è possibile vedere nei “giovani”, perdonate la semplificazione anagrafica, da tempo immemore: un passaggio che Passione Critica affronta forse con troppa facilità, ma che noi siamo convinti invece possa essere una grande opportunità da cogliere.

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