Peripheric Love, di Luc Walpoth

Un film compatto, che riflette su valori religiosi con sguardo laico, dove fede e miracolo non hanno nulla di divino ma rappresentano semmai la spinta alla ricerca di una rinnovata umanità

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Capita alle volte di trovare film che affrontano temi sostanzialmente cattolici con un approccio squisitamente laico. Capita da tempi non sospetti in verità, come quando Anna (1951) di Alberto Lattuada, concepito come vehicle per la nuova diva Silvana Mangano e grande successo di quella stagione, raccontava la vicenda di una ex ballerina di nightclub ora novizia-infermiera impegata in ospedale, spostando il focus dell’opposizione da spirito-carne a dovere-piacere, dalla vocazione religiosa all’attenzione nei confronti del prossimo. Ecco, Peripheric Love di Luc Walpoth, interpretato da Fabio Troiano, Iazua Larios, Christina Andrea Rosamilia, Alessio Lapice interamente realizzato a Torino, va proprio in questa direzione. Il regista svizzero, alla sua prima firma in solitaria dopo diverse esperienze, ha vissuto cinque anni nel capoluogo piemontese, periodo durante il quale ha percepito nella città una geografia psico-sociale estremamente precisa, si direbbe una sorta di cartina simbolica sulla quale non ha dovuto far altro che delineare i contorni della storia.

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L’italiano Giorgio (Troiano) e la messicana Maria (Larios) sono una coppia affiatata e innamorata che entra in crisi di fronte ad una maternità apparentemente inspiegabile. Una vicenda che porta con sé l’oscillazione tra dramma e poesia e contrappone la forza di Maria alla rassegnazione di Giorgio. A un certo momento, quando già il lavoro diurno di lei e quello notturno di lui non permetteva una sana quotidianità, a causa della gravidanza che l’uomo non si spiega perché convinto di essere sterile, i due si allontanano ancora di più. Entrambi trovano conforto in confidenti esterni, un prete e una prostituta, figure volutamente stereotipate che rappresentano quegli inevitabili riti di passaggio che la letteratura ha intuito per l’esistenza di noi tutti. La sfida sta nel ritrovare la forza della relazione.

Peripheric Love è un film sulla paura. La prova ovviamente Giorgio, il quale non può essere sicuro (a meno di fidarsi) che la sua compagna non abbia trovato una soluzione a quello che lui considera il più insormontabile dei problemi. Ma la sente anche Maria, la quale sulle prime è spaventata all’idea di condividere con il compagno la bella notizia proprio perché consapevole della reazione. E sono terrorizzati anche i datori di lavoro di Maria, la ricca coppia borghese proprietaria della fabbrica dove Giorgio è custode notturno, che stanno vivendo una crisi forse irrimediabile. Quindi una Torino nuovamente sfondo di immigrazione e mondo operaio, nonché di una certa malinconia di fondo. Le due abitazioni, quella proletaria di Maria e Giorgio in periferia e quella borghese di Andreas e Laura in precollina, la fabbrica a rischio chiusura e la parocchia di un giovane curato combattuto come punti cardinali di un viaggio nelle fragili profondità dell’esistenza. Un film compatto e ispirato, dove si parla pochissimo esprimendo comunque tanto, dove fede e miracolo non hanno nulla di divino ma rappresentano semmai la spinta alla ricerca di una rinnovata umanità.

Regia: Luc Walpoth
Interpreti: Iazua Larios, Fabio Troiano, Alessio Lapice, Christina Andrea Rosamilia, Bruno Todeschini, Ursina Lardi
Distribuzione: Casa Delle Visioni
Durata: 95′
Origine: Italia, 2024

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