Pesci piccoli, di Francesco Ebbasta – I The Jackal presentano la nuova serie Prime

Dall’8 giugno, in esclusiva Prime Video, esordisce la comedy con lo storico gruppo comico di Youtube. Un prodotto sincero, che parte dal quotidiano e omaggia sitcom e serialità moderna

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“Non avevamo idea di come chiamare la serie e un giorno Aurora sul set ha detto: “perché non la chiamiamo Pesci piccoli come metafora del fatto che siamo una piccola agenzia in un mare di agenzie più grandi?” e ci è subito piaciuto”.

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“Non avevamo idea”. Con queste parole Ciro Priello ha dato inizio alla conferenza stampa di Pesci piccoli – Un’agenzia. Molte idee. Poco Budget, tenutasi a Roma per presentare le prime due puntate della serie comedy prodotta da Prime Video e interpretata dalla content factory The Jackal. Parole assurde, al limite del paradosso; non solo per la longevità del gruppo comico napoletano, nato nel 2005 e divenuto famoso su Youtube attraverso format definiti e riconoscibili, bensì anche per l’impronta creativa che la serie stessa pone al centro della propria riflessione.
Plasmata da Francesco Ebbasta e Alessandro Grespan, Pesci piccoli si addentra nelle dinamiche di una piccola agenzia di comunicazione social sconvolta dall’arrivo di una nuova manager declassata. Tra novità, tradizioni, amicizie consolidate o ancora da costruire, la quotidianità di Ciro (Ciro Priello), Fabio (Fabio Balsamo), Fru (Gianluca Fru) e Aurora (Aurora Leone) dovrà fare i conti con le ambizioni di Martina (Martina Tinnirello), speciale new entry della compagnia, dichiaratamente richiesta dal regista per rompere gli equilibri: “L’innesco di ogni prodotto sitcom a cui siamo abituati avviene sempre attraverso l’inserimento di un elemento esterno in una condizione di equilibrio ormai stabile. A noi piaceva l’idea che un nuovo elemento andasse ad innescare una serie di dinamiche nel consolidato gruppo The Jackal”.
Pesci piccoli è un prodotto The Jackal, fatto e finito. Capace di raccogliere l’identità reale della content factory e trasporla su schermo. Uno schermo che fa tesoro dell’esperienza cinematografica del 2017 (Addio fottuti musi verdi) per rilanciare la discussione sul concetto stesso di brand, spalancando le porte della serialità al format Youtube e, insieme, guardando oltre, a una positiva contaminazione. Non a caso, racconta Francesco Ebbasta “tutte le puntate si bagnano di un genere di riferimento particolare. La quinta puntata è molto “drama”, la sesta particolarmente scorretta, la quarta è un omaggio dichiarato a The Office, girata tutta in mokumentary”. Un meccanismo ben studiato che permette di impostare anche un altro tipo di discorso, relativo al confine tra omaggio e copia all’interno del panorama audiovisivo contemporaneo; saggiando la difficoltà insita nella creazione del “nuovo” all’interno di un contesto produttivo inflazionato e sempre più derivativo.
La parole d’ordine, però, rimane sempre leggerezza. Perché nessuna logica commerciale può ricompensare l’alterazione di un’idea; e non c’è dubbio, in fin dei conti, che il merito più grande di Pesci piccoli sia proprio la sua sincerità, il suo rifiuto a snaturarsi, il desiderio di riconoscere se stesso, con umiltà. Celebrando una napoletanità da cui il gruppo non può prescindere e tenendo a mente ciò che, da diciotto anni a questa parte, unisce questi ragazzi: “Noi con questa serie volevamo raccontare i piccoli contesti lavorativi di provincia in cui decine di persone lavorano tutti I giorni, svegliandosi magari alle 7 del mattino per andare a realizzare il reel per la paninoteca all’angolo. La domanda che ci siamo posti è “come fanno questi esseri umani, nell’epoca in cui tutti sono famosi, in cui tutti sono delle star, a continuare a fare il proprio lavoro pur consapevoli che quello che fanno non cambierà il mondo?”. Questi erano gli eroi di cui volevamo parlare, persone che non solo riescono a sopravvivere ma ad essere vivi. Insomma volevamo raccontare la capacità di vivere il quotidiano e di farlo all’interno di un gruppo”.
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