Pet Shop Days, di Olmo Schnabel
C’è troppo per un film dalla durata classica. Il suo quasi ansimare narrativo costituisce prova di questa fatica che coinvolge anche lo spettatore. VENEZIA80. Orizzonti Extra
La dominante di Pet Shop Days di Olmo Schnabel si manifesta in quell’estetica anni ’80 che il film conserva con coerenza sin dai titoli di testa, classici e quindi vintage, e fino alla sua conclusione. In parallelo il film mette talmente tanta carne al fuoco che sarebbe perfino troppo per una serie tv. Da qui le sue slabbrature, una certa aria confusionaria che, a sua volta, però, dimostra la volontà ipercinetica di un autore che indubbiamente ha le carte in regola per lavorare attorno ai suoi progetti, sebbene con maggiore serenità narrativa.
L’incipit del film è di ambientazione messicana. Il giovane Alejandro ha un rapporto quasi incestuoso con la madre, è una testa calda che non va d’accordo con il padre e la scenata al pranzo del compleanno paterno finirà in una quasi tragedia che vedrà come vittima proprio la madre. Alejandro fugge a New York dove occasionalmente conosce Jack che lavora in un negozio di animali e che, a sua volta, è in conflitto con i suoi, soprattutto con il padre. L’istintiva simpatia tra i due finirà in un rapporto d’amore, ma anche in una solidarietà criminale. Alejandro saprà sfuggire allo scagnozzo del padre che vuole che lui torni in Messico, ma un’altra tragedia è in agguato che porrà fine al rapporto tormentato tra Jack e Alejandro e cambierà per sempre le loro esistenze.
È tutto troppa roba per un film dalla durata classica e il suo quasi ansimare narrativo, dalle traiettorie interrotte costituisce prova di questa fatica che coinvolge anche lo spettatore. Dalla sua una storia maledetta che si divide tra criminalità e droga, tra sesso e violenza nella migliore tradizione di un cinema che ha raccontato le periferie violente e gli slums delle metropoli. Ma Alejandro e Jack mirano in alto. Vogliono i soldi dell’alta borghesia, ma sono degli sprovveduti improvvisati e una rapina ad una facoltosa donna sarà esiziale nel loro percorso di criminali. Tutto sembra ribollire e la messa in scena sembra quasi esondare dallo schermo. Il risultato è quello di un film che, pur avendo delle potenzialità, le spreca in questi eccessi, restando a tratti quasi irrisolto il racconto anch’esso diviso tra rapporto personale dei due giovani amanti e quello difficile con le rispettive famiglie in una prospettiva tutta guardata in chiave di ribellione istintiva, di opposizione ad un modello sociale rifiutato. In questo quadro familiare da notare la terza interpretazione dopo Poor Things e Finalmente l’alba, di Willem Dafoe che dà il volto al padre di Jack e il ritorno sugli schermi di Emmanuelle Seigner che invece interpreta la madre.