Picasso. Un ribelle a Parigi, di Simona Risi

Il documentario ripercorre l’arte e la vita di Picasso ed è particolarmente interessante il dialogo che alcuni artisti contemporanei hanno con la sua opera. In sala fino al 29 novembre.

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Il Museo Nazionale Picasso di Parigi potrebbe rientrare idealmente nel decalogo per i musei stilato da Orhan Pamuk nel 2016 laddove ha la capacità di rappresentare l’individuo umano raccontando la storia di un paese e di chi ne fa parte. Non è un caso allora che questo spazio ospiti la più grande e completa collezione dedicata all’artista, che include anche materiali d’archivio personale. Perché Picasso, nato a Malaga nel 1881, arriva per la prima volta nella capitale francese in un momento di rinnovato fermento, con l’Esposizione universale inaugurata proprio nel 1900; e qualche anno più tardi vi si trasferisce definitivamente vivendo una condizione da immigrato e da ribelle, come sottolinea il titolo del documentario, che non gli impedisce comunque di divenire in certe situazioni attraverso la sua arte espressione di un sentire comune – Guernica è forse la sintesi più felice e anarchica di questo. In tal senso è coerente la scelta di una voce e guida narrante come Mina Kavani, tra i protagonisti del recente No Bears di Jafar Panahi; l’attrice, che dal 2010 ha lasciato l’Iran per la Francia “per inseguire una passione”, si fa riflesso di Picasso, quasi un doppio che proietta sul presente il legame diretto con il passato.

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L’aspetto più interessante del documentario, sceneggiato da Didi Gnocchi, Sabina Fedeli e Arianna Marelli per la regia di Simona Risi, non è infatti la storia di Picasso, che è stata raccontata molte volte in forme anche simili; quanto l’accento posto sul dialogo che diversi artisti contemporanei qui intervistati hanno con la sua opera che inevitabilmente costituisce un punto di passaggio nel loro percorso. Questo perché l’arte stessa di Picasso si modella di volta in volta su una transculturalità, una koiné che ibrida ad es. manifestazioni artistiche primitive e moderne (l’arte africana, gli idoli cicladici, la pittura di El Greco…). È un linguaggio destinato a trasformarsi, che va incontro anche a semplificazioni, distorsioni, sovrapposizioni di elementi della natura che bene rappresentano l’uomo e l’artista, figure indissolubili e giustamente non risolte. È un’arte autobiografica che non si chiude in sé, anzi, ma che “ne vit par celui qui la regarde”, dice Picasso, ovvero è lo sguardo dello spettatore che davanti a un quadro o a una scultura li attualizza, restituendo significati che possono variare nel tempo e di persona in persona, come nel caso de Les Demoiselles d’Avignon che il documentario analizza ricollegando l’opera a questioni di genere e di identità.

Regia: Simona Risi
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 93′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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    Un commento

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