POLEMICHE – Fellini, Fellini… (5)

Non si placa il dibattito sul cinema del regista romagnolo. Redattori e lettori proseguono un confronto aspro ma esplicito e felicemente "libero".
Fellini come "Museo" o come "luogo delle libertà" del cinema? E qual è la funzione (e il limite) della critica? E davvero Sentieri selvaggi è un luogo "intimo" e "profondo? La polemica continua…

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CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

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5/11/2003 – ore 10.34

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Forse diro' una bestemmia, ma credo che qui si stiano alzando un po' troppo i toni. E la polemica mi sembra sempre meno costruttiva.
Finche' si parla di Fellini, della liberta' di pensiero (vedi commenti di Leonardo e altri) e della possibilita' di gestire meglio le pubblicazioni (vedi commento di Davide Di Giorgio) e' un piacere leggervi tutti. Quando pero' vengono fatti interventi sulla grammatica (mai sentito parlare di errori di distrazione? Capita ai migliori giornalisti, figuriamoci ai giovani
apprendisti) o su un titolo sbagliato (che e' grave, ma e' possibile che questo articolo non lo abbia letto nessuno prima di validarlo? E dopo? Smontarlo per una correzione cosi' importante noo?) comincio ad avere il sospetto che si voglia portare avanti una polemica a tutti i costi.  Pochi si sono concentrati sul fatto che abbiamo dei lettori un po' deficienti,
ops, di mentalita' forse un po' chiusa… Scrivendo un "contro-articolo" sulla bellezza e sulla passionalita' del cinema felliniano avremmo recuperato punti e avremmo reso un gran bel servizio ai lettori di Sentieri Selvaggi (e all'ignoranza di chi, come me, ha visto ben pochi dei suoi film).
Con compiaciuta stima di voi tutti,
Giulia Arbace


 

5/11/2003 – ore 11.07


 


Ma cos'è 'sta storia dei "lettori deficienti"? E se a essere "deficiente" fosse chi scrive gli articoli, invece di chi li legge?
Forse è il caso di smetterla con questo presunto dibattito, dato che – dalla stizzita e isterica risposta di Ruggeri a Mauro – non s'è capito davvero più nulla.
Secondo me, in tutto questo bailamme, le uniche cose condivisibili sono quelle scritte da Davide e dallo stesso Mauro.
Perché non torniamo a parlare di cinema, vita, morte, viaggi e linguaggi, "corpi" e mutamenti…
Io credo che dovremmo andare alla ricerca del "nuovo" (ovunque esso sia!), invece di continuare a "spettegolare" su un regista "da enciclopedia": tutto ciò mi sembra molto "di retroguardia".
E ci tengo a precisare che dico tutto ciò da "non felliniano" convinto (ma questa è questione di gusti, dato che alcuni suoi film sono comunque importanti, da diversi punti di vista, e sarebbe stupido dire il contrario a tutti i costi, solo per la voglia di stupire qualcuno con qualche decennio di ritardo).
Un caro saluto a tutti.
Diego Del Pozzo
Ps: Non penso che il coinvolgimento in un progetto editoriale (ma non soltanto) si possa misurare semplicemente con la quantità di "battute" prodotta ogni settimana. Ero convinto che fosse qualcosa di più "intimo" e profondo, ma forse mi sbagliavo.


 


 


5/11/2003- 12.53


Giusto per non sollevare un'altra (inutile) polemica… Per lettori deficienti
non intendo assolutamente quelli che contestano l'articolo (ma stiamo scherzando?
E la liberta' di opinione?) ma quelli che rinunciano ad una rivista come
Sentieri Selvaggi solo per aver letto un'opinione (per quanto forte) che
non condividono. Rifiutano il confronto? Volevano alleggerire la posta elettronica?
Gli faceva un po' schifo il giallo come sfondo della mailing list? E chi
lo sa…
Giulia Arbace


 


 

6/11/2003 – ore 10.17


 


cari ragazzi


carissime ragazze


selvaggi tutti,


ovviamente perso fra i meandri del discorso fellinologo per interposte svariate trame arrivate poi, mi raccapezzo(lo) un attimo e penso non al dibattito ma all'oggetto.


Allora, io credo che il discorso di Ruggeri sia assolutamente legittimo come un critico libero (e spero pagato) deve fare, ma credo anche che prenda un granchio abbastanza grosso perché nella sua pur "curata" tesi egli tenta fondamentalmente di rendere finito l'infinito.


Se vogliamo usare paroloni (che mi pare sia uso in quest'ambito) il Ruggeri adotta principi euristici per parlare di cose che hanno regole proprie.


E non perché Fellini era talmente un genio da rasentare l'infinito…..


Ma perché con Fellini (come con pochissimi altri) le regole spariscono, non vengono di fatto usate.


Si può parlare di quello che ha fatto, di quello che ha scritto, detto etc anche magari di come si è comportato, ma non siamo mai vicini alla verità, non raggiungiamo mai quello che voi definite il corpo, siamo sempre dietro a fantasma che corre più veloce di noi e ci fa arrancare.


Sarà un discorso di destra ma tant'è dato che non voglio, come fa da sempre la sinistra, analizzare e scomporre, in quanto penso che Fellini sia un tutto, e la miglior maniera per avvicinarlo forse non è di fatto scomporlo ma prenderlo in maniera "olistica" nella sua interezza.


I film da lui fatti dopo un po' non sono nemmeno più film ma sembrano più sedute di analisi debordanti, dunque se non piace il paziente Fellini la cosa finisce lì, non può andare avanti oggettivamente.


Ma se invece il paziente ci piace, siamo interessati alla sua malata visione delle cose, entriamo in un regno in cui innanzitutto c'è infinita poesia (e tale poesia comunque ci fa rendere molto più piacevole il viaggio) e poi ci mettiamo in contatto con una mente mai doma, a cui non interessa forse la struttura cinema, ma continua fino alla fine a essere stregato dalla magia cinema come modo per raccontarsi per immagini in movimento (per F. sempre più colorate) che riescono a passare direttamente dal suo inconscio allo schermo all'inconscio di tutti noi.


Di veramente corporale non c'è molto.


Ci sono spiriti, sguardi, sorrisi stralunati, melodie leggere.


Siamo lontani anni luce da Antonioni (demolito l'anno scorso) e dalla cultura con la C maiuscola.


E non si può dire di essere vicini nemmeno a Rossellini (da voi tanto giustamente amato) perché se Rossellini è così scarno da (far finta di) mostrare subito i segni della forma del suo cinema come segni inequivocabili e chiarissimi, Fellini è molto più magmatico, complicando sempre più la forma del suo cinema più avanza con l'età.


Il Ruggeri può dire benissimo che non è affatto complicata ma ripetitiva, stanca, noiosa etc. ma di fatto vediamo Fellini aggiungere, fino a far straripare di invenzioni il fiume del suo immaginario, e così lo percepisce il vituperato fruitore medio.


Può dare fastidio tutto questo casino emozionale e immaginifico, ma almeno non lascia indifferenti e poi vivaddio grida a spron battuto un modo di fare cinema che va contro ogni tipo di catalogazione critica e organizzazione produttiva.


Nel senso che film fatti in questo modo come fossero confessioni giocose e terribili partenti da intuizioni magari scritte su un block notes non si fanno più.


Forse quel tipo di cinema è morto ma è un fatto che l'omologazione produttiva odierna porta a creare prodotti dello stesso tipo di struttura per i vari generi possibili.


Ne viene fuori che Fellini sta oltre gli autori dalle solide basi culturali che possiamo decifrare perché forti anche noi di tale sapere e sta oltre pure la struttura codificata cinema con i suoi generi e le sue regole che possiamo conoscere se amiamo il cinema. 


Amare il cinema, forse sta qui l'inghippo:


iniziamo a pensare il dottor Ruggeri come un innamorato di cinema che dunque fa di tutto per capirlo, per amarlo e per difenderlo (desiderio un po' feticista ma legittimo) e invece a Fellini (e soprattutto a Fellini) come forse a un bambino egoista che ha potuto giocare tutta la vita al cinema (magari grazie ad amicizie interessate ma non mi interessa) trovando in esso il modo preferito per raccontare sé stesso, amandolo solo nell'ottica in cui con esso poteva liberarsi dei suoi fantasmi.


E non amandolo di per sé, in relazione alla sua storia e ai suoi autori.


E perciò alle prese con un bambino che gioca (anche da solo) e che con il suo gioco ci dice cose assurde, dolcissime e terribili, che ci toccano (grazie alla sua ingenuità) nel profondo noi cosa possiamo fare?


O lo si detesta o lo si ama.


Capirlo è possibile fino a un certo punto, perché una vera comprensione non credo sia possibile, non si parla nemmeno la stessa lingua, anzi credo che chi lo capisce meglio è chi non sa niente, l'ignorante, che si trova improvvisamente in contatto con lo schermo magico e vede in esso la gelsomina, la anitona felliniana o la gradisca.


Per esso non c'è molto da spiegare, quella roba è bella e basta.


Per le musiche, i colori, le situazioni, le battute, i ricordi (che sembrano di fellini ma che sono di tutti).


Voglio dire, perché un analizzato totale come il generale Kubrick amava tanto Fellini?


Ma perché Fellini era il suo diretto contrario.


Perché Fellini non controlla nulla di ciò che fa ma ne è controllato forse, e lo dice pure.


E noi sappiamo che è una bugia perché di bugie ne ha dette tante, è perché non è possibile non controllare un film….come può essere, tutte quelle persone che ti guardano chiedendoti che fare…….e invece in quella bugia io ci vedo almeno mezza verità, perché ingenuamente sto al gioco del regista e mi lascio andare, e tutto anche criticamente si risolve.


Perciò è vero che non c'è controllo, che il film si fa da solo, che nulla si sa ma tutto si inventa, e che i critici che non capiscono finiscono impiccati (se non ricordo male), come è vero che Fellini è meglio guardarlo e godere come fosse erotico e che non c'è nulla da capire (lo dice anche la voce della luna).


Ma allora i termini del discorso di Ruggeri che sembrano anche solidi si vanificano, vanno bene per menti più strutturate e ingabbiate tipo appunto Antonioni ma non per stregoni come Fellini.


E il discorso non vale solo per il caro dott. Ruggeri (che non ho mai avuto il piacere di incontrare) il quale si muove contro, vale anche per tutte le commemorazioni a favore visibili e invisibili che si fanno per i 10 anni.


Chi demolisce spiegando il suo perché sta in aporia felliniana come chi onora spiegando il suo perché.


"Perché" ?? Ma siamo sicuri che questa sia la domanda giusta?


Con Fellini non è meglio chiedersi da dove viene? chi è? come ha potuto un alieno girare sulla terra per 70 anni senza essere riconosciuto come tale?


daniele f. fianchini


 


 

9/11/2003 – ore 19.44


La serie di botta e risposta che seguono un articolo "polemico" su di un "Intoccabile" come Fellini non poteva avere altra via d'uscita che quella di scagliarsi contro o a favore di chi ha osato portare un attacco ad una serie di certezze "insindacabili" della critica cinematografica in generale. Peraltro Francesco porta alla luce punti condivisibili, o non condivisibili, del cinema felliniano con un certo grado di approfondimento, ovviamente sostenendo il proprio punto di vista con certezze assodate solo da lui (vale a dire, con opinioni personali di cui è convinto) e partendo da una serie di premesse esistenti e non trascurabili. Volendo tagliare con l'accetta tutti i paroloni che ho letto, cui tra l'altro sono poco avvezzo, la questione cui avete messo mano è se il cinema abbia avuto o meno bisogno di Fellini e se ne abbia ancor oggi e se in generale un cinema autopoietico come quello di Fellini non debba in qualche modo essere ostacolato.
Ecco, diciamo che mi sembra un po' assurdo inveire contro Ruggeri solo perché ha sollevato un problema che evidentemente ritiene pertinente in tutto questa serie di leccate di culo al cinema del "Maestro", quello di una certa poetica della visione che può, o non può, essere dannosa per il mio modo di vedere il cinema. Sia detto a scanso di equivoci che, in quanto romagnolo, non posso che amare e difendere il cinema di Fellini (non è campanilismo, è che a parte Amarcord la Romagna non è mai entrata decentemente al cinema), ma non è forse la critica un modo per elevare allo stato dell'arte il ruolo di spettatore? E che cosa ce ne facciamo di una massa di spettatori che per la maggior parte, anche aizzata da "rappresentanti" in alto loco che qualcuno a quanto pare auspica compiacenti e paraculo ad ogni costo, decidono di gettare la spugna su capolavori già segnati sulla lavagnetta del Bravo Cinefilo (una categoria di lobotomizzati, dai…), arrendendosi a modellare la propria estetica su quella di saccenti criticoni vissuti ai loro tempi? Perché non dovremmo, ognuno di noi, decidere cosa ci piace volta per volta al cinema? Troppo difficile. O forse qualcuno di noi "critici della critica" ha qualche scheletro che si agita ancora nell'armadio dell'omologazione?
Vale a dire che una critica, in sé e per sé, può essere sicuramente NON CONDIVISIBILE, cosa che nei confronti del pezzo di Ruggeri ritengo sacrosanta, ma di sicuro continua a sollevare problemi (in questo caso) nei confronti dell'opera di Fellini che ci costringono a reinventarla, magari più scintillante di prima, alla faccia vostra. E quindi ben vengano opinioni non allineate (che in effetti peccano di saccenteria quasi per definizione, come a dire "come osa questo saccentello del cazzo?"). Chiudo con un'informale statistica. Non bazzico spesso la critica cinematografica, mi occupo più che altro di dischi. Chiunque faccia questo "lavoro" può testimoniare che critiche e minacce di morte non arrivano mai (dico, MAI) quando si loda un autore generalmente riconosciuto come poco dotato, ma quante ne ho collezionate di offese a me e ai miei parenti per aver stroncato dischi di "grandi autori"? Ecco, un po' di ipocrisia in tutto questo continuo a vedercela.

Francesco Farabegoli

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