Quei due, di Wilma Labate

Usa il materiale d’archivio per raccontare una storia nota sotto un punto di vista inedito, con ottime interpretazioni. Dal Tertio Millennio Film Festival di Roma

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È il 10 gennaio 1944 il giorno in cui Galeazzo Ciano viene condannato a morte, sentenza che viene portata a compimento il giorno successivo tramite fucilazione. A partire da questo evento, e dal suo filmato d’archivio, Wilma Labate (La ragazza ha volato, Arrivederci Saigon) ricostruisce la storia della coppia Ciano/Mussolini. Attraverso le parole dei dettagliati diari di lui, delle dichiarazioni ufficiali di lei, delle lettere, della corrispondenza e degli articoli del tempo, Quei due realizza un cortocircuito tra realtà e finzione che ricostruisce un importante pagina della storia italiana, mettendo in luce alcuni elementi spesso poco affrontati.

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Prima ancora di essere figure storiche, Galeazzo Ciano e Edda Mussolini furono figli di figure pubbliche, per questo fin dai primi momenti della loro storia d’amore stampa e gossip non mancarono mai di raccontare di loro.  Una coppia di rampolli benestanti avvantaggiati dai loro privilegi, che il destino ha posto in posizioni estremamente delicate, e si trovano brevemente a passare dalla vita mondana a ruoli in grado di influenzare le decisioni politiche dell’Italia. Una parabola vissuta su due fronti contrastanti, una storia fatta di litigi, discussioni e contrasti, che trova unificazione solo nel momento della tragedia.

Simone Liberati e Silvia D’Amico riescono a portare in scena una rappresentazione estremamente umana dei due protagonisti. Grazie a loro e alle scelte di Labate, ci troviamo davanti ad un ritratto particolare di due personaggi che raramente sono stati visti sotto questa luce, cioè quella di due esseri umani in balia degli eventi. Una posizione rischiosa, perché Quei due cammina sul quella sottile linea che, se superata, rischia di far precipitare il film nel terreno del giustificazionismo.

Non è questo il caso. Quei due ci mostra tutti i difetti dei suoi protagonisti. Attraverso le loro stesse parole traspaiono il l’opportunismo di Ciano, il razzismo condiviso dei Mussolini, la loro noncuranza delle sorti delle persone in guerra. Allo stesso tempo però vediamo l’altra faccia della medaglia, una coppia tradita dal padre di lei, la battaglia per restare uniti nell’amore, i tentativi di lui di convincere il duce a desistere all’ingresso in guerra.

Il film di Wilma Labate non si ammanta di una presunta oggettività storica. Sa di essere soggettivo, cioè di presentarci il punto di vista esclusivo dei suoi protagonisti. Non può che essere così data la natura del materiale di partenza; tuttavia, riesce a farlo con grande equilibrio, lasciando che sia lo spettatore a trarre le sue valutazioni sulla Storia.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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