Raya e l’ultimo drago, di Don Hall, Carlos López Estrada

Una storia un po’ troppo elaborata ma il film comunque scorre diretto e veloce , tra thriller e fantasy. Il finale provoca una strana emozione. Su Disney +

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Pocahontas si reincarna in Raya passando per Mulan e Le Mille e una notte. Ci sono insieme la favola millenaria e il tratto estetico della Disney in live-action in questo fantasmagorico Raya e l’ultimo drago, continua alternanza tra mondi oscuri e luci improvvise, Medioevo dell’umanità e spiriti che fanno ripartire l’universo attraverso colori, gettiti d’acqua, gemme luccicanti.

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Il regno è quello fantastico di Kumandra dove 500 anni prima si viveva in armonia prima dell’ingresso in campo le forze del male con i draghi si sono sacrificati per salvare l’umanità. “È qui che io entro in gioco” sottolinea la voce-off di Raya, una guerriera solitaria che è diventata disillusa nei confronti degli altri dopo essere stata ingannata da bambina da Namaari, figlia di Virana, sovrana della tribù di Zanna e aver perso il padre Benja. Per lei l’unica speranza è quella di ritrovare Sisu, l’ultimo drago. E dopo averlo ritrovato, trova gli stimoli per cercare di combattere le ombre maligne violacee chiamate Druun.

Comincia come un thriller/fantasy. L’apocalisse della Storia. Raya percorre il deserto in sella al fedele Tuk Tuk. Si aprono le visioni della saga di George Miller di Mad Max, in parrticolare l’ultimo strepitoso Fury Road. Diretto da Don Hall (regista di Big Hero 6 e sceneggiatore di Tarzan e Oceania) assieme a Carlos López Estrada, Raya e l’ultimo drago è un viaggio avventuroso ai confini dell’umanità dove però compaiono all’improvviso le luci ipnotiche e stordenti della tribù di Artiglio, uno spazio tentacolare che potrebbe arrivare da un film di Johnnie To mescolato con la Marrakech hitchcockiana di L’uomo che sapeva troppo.

Forse la storia è fin troppo elaborata mentre il film scorre diretto, senza intoppi, con una creatività visiva naturale che recupera la tradizione delle Principesse Disney e riaggiorna quelle dei draghi; Sisu è infatti una versione colorata, ottimista, autoironica che probabilmente è passata per le reincarnazioni del dragopacifista del corto Disney del 1941 Il drago riluttante, quello nero dal ventre viola di La bella addormentata nel bosco, quello viola sputa fuoco di La spada nella roccia, Elliott il drago invisibile, l’Idra di Lerna di Hercules e il simpatico e indistruttibile Mushu di Mulan che è il suo parente più prossimo. Tra gemme luminose, cascate, fuochi d’artificio, Raya e l’ultimo drago si muove tra la terra e il cielo, tra il passato e il presente. Raya e la rivale Namaari lottano contro i propri fantasmi come in un combattimento senza esclusione di colpi ma aereo come un wuxia in cui la protagonista cerca di difendere Sisu. La prima si specchia nella lama della spada, la seconda ha la visione allucinata e incantata dalla vista di Sisu. Il sogno più autentico è nella danza di Sisu sulle gocce di pioggia. Il movimento infinito di colori che si moltiplicano o danno l’illusione che lo stanno per fare. Le luci di Cenerentola arrivano anche qui a Kumandra e nel salto nell’acqua del finale provocano una strana emozione.

 

Titolo originale: Raya and the Last Dragon
Regia: Don Hall, Carlos López Estrada
Voci: Kelly Marie Tran, Awkwafina, Gemma Chan, Izaac Wang, Daniel Dae Kim, Sandra Oh, Benedict Wong
Distribuzione: Disney+
Durata: 107′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (1 voto)
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