RIFF 2020 – Musica e Rivoluzione

La sezione di documentari internazionali del RIFF Award sceglie un approccio politico: emancipazione, povertà, razzismo, rivoluzione e musica, passando dall’Iran al Madagascar fino in Colombia

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L’International Documentary Competition del Rome Independent Film Festival in corso in streaming trova un comune denominatore nella portata sociale e politica del racconto, con tematiche come il razzismo, la povertà, l’emancipazione della donna, la lotta rivoluzionaria, con l’aggiunta di una nota musicale nell’esplorare il processo creativo e raccontare come nasce la carriera di un musicista, ed in quali condizioni. Everything that could have been è uno di questi, un progetto di Trond Kvig Andreassen sviluppato sul lavoro del musicista Magnus Eliassen. È il 2014 quando Andreassen decide di trasferirsi nelle isole Lofoten, ha bisogno di staccare, e la tranquillità del luogo dovrebbe permettergli di bilanciare anni di vita frenetica. L’idea del film sposa una linea creativa in assenza di distrazioni, resa possibile dalla solitudine, con il rumore urbano sostituito dai suoni del bosco e del mare. La successione cronologica sparisce nella ripetizione incessante del quotidiano, eat beat repeat, fino al momento di lasciare quel paradiso per recarsi a Los Angeles per registrare il disco. Dal contrasto di realtà così lontane si ottiene il corto circuito visivo. Al centro di Darryl Jones: In the Blood di Eric Hamburg c’è invece la vita di questo straordinario bassista, dai primi passi nel mondo della musica, e la fortuna di suonare insieme al principe delle tenebre, Miles Davis, fino alle collaborazioni più recenti, sopra tutte quelle con gli Stones. Sono loro in effetti la parte dominante nelle interviste, utili a raccontare il potere performativo di Darryl. Una carriera decollata facendo i conti con un problema ormai inseparabile della narrativa degli Stati Uniti D’America, quello del razzismo. Un aspetto nel complesso tenuto in secondo piano nel documentario, quasi come un’ombra che si addensa minacciosa dietro le spalle.

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Il mondo di Opeka invece vuole essere un mondo creato dalle stesse mani del protagonista. Quello di Cam Cowan è un biopic sulla figura di Pedro Opeka, un missionario argentino attivo in Madagascar da un trentennio. Il documentario ripercorre i passi del frate risalendo alle origini, l’infanzia e l’adolescenza a Buenos Aires, l’amore per il calcio, il trasferimento a Parigi, quindi l’arrivo alla discarica di Antananarivo, capitale del paese africano. Senza raggiungere picchi di indignazione, la storia procede con un rimbalzo tra passato e presente, e gettando uno sguardo sui progressi lascia intendere il terreno su cui costruire il futuro.

Dentro le abitazioni venute dal nulla, si forma la consapevolezza politica, utopia dei diritti in una società abituata a disinteressarsi dei propri figli. Lo stile è un montaggio classico alternato di riprese e fotografie d’epoca. L’aspetto politico è la caratteristica dominante in Women According to Men di Saeed Nouri, imponente e straordinario lavoro di ricerca archivistica sulle donne ritratte dal cinema iraniano dal 1932 al 1979, anno della rivoluzione. Le clip selezionate, tutte in bianco e nero, inquadrano tematiche come il matrimonio, l’aborto, il lavoro e restituiscono la temperatura di un mondo diviso tra modernità e tradizione. Il documentario è diviso in sezioni dedicate, introdotte da una didascalia esplicativa, con un montaggio utilizzato per catturare gli elementi di attualità ed un livello di emancipazione messo a dura prova negli anni successivi e fino ai giorni nostri. Da una rivoluzione passata e finita male, ad un’altra arrivata ormai a 50 anni di guerra, quella tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) ed il governo colombiano. La Niebla de la Paz di Joel Stangle si occupa di ricostruire i passaggi dei vari negoziati di pace fino ad arrivare all’ultimo, le diffidenze reciproche, il referendum fallito, la disinformazione a tappeto, per restare all’attualità. A margine del tentativo di reinserimento nella vita civile, uno dei ribelli, Teo, scrive le memorie dei compagni guerriglieri. Girato da uno dei cameramen delle FARC, le immagini rimbalzano tra i rifugi di montagna, con le strade rese pericolose dalle mine antiuomo, per arrivare all’Havana, sede delle riunioni per il trattato del 2016.

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