SPECIALE APATOW – Questi sono i 30

judd apatow e leslie mann sul set di Questi sono i 40

La riflessione dello speciale di luglio su Judd Apatow e la sua straordinaria “Factory” in realtà è maledettamente autobiografica. E ci rimanda agli albori di Sentieri selvaggi, quando – eravamo negli anni '80 – ci occupavamo dei fratelli maggiori, ovvero del cinema demenziale, parlando di Belushi, Aykrod, Landis e del giovane Raimi.

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judd apatow e leslie mann sul set di Questi sono i 40La riflessione dello speciale di luglio su Judd Apatow e la sua straordinaria “Factory” in realtà è maledettamente autobiografica. In fondo  noi di Sentieri selvaggi non riusciamo proprio a parlare di cine ma senza, in un modo o nell’altro, parlare di noi stessi. Ed oggi parlare di noi stessi è parlare di un  cineasta che è multitasking, che fa un cinema-vita come lo avrebbe fatto Corso Salani a Hollywood,  che fa un cinema-famiglia come  il miglior James Gray, che viene (e ancora sta dentro) dalla serialità televisiva, come luogo di sperimentazione di storie e linguaggi degli ultimi quindici anni, che opera dentro quella commedia che è sempre più il luogo politico della messa in discussione di ruoli, corpi, idee.

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E allora questo magnifico percorso su un cinema di straordinario successo di pubblico inversamente proporzionale a quello critico, ci rimanda agli albori di Sentieri selvaggi, quando – eravamo negli anni ottanta – ci occupavamo dei fratelli maggiori, ovvero del cinema demenziale, parlando di Belushi, Aykrod, Landis e del giovane Raimi.

La Apatow Factory sta al cinema di oggi come 1941 allarme a Hollywood, che scegliemmo come nostra prima copertina, al cinema di trent’anni fa. E se allora il demenziale operava una rottura con l’intero processo industriale hollywoodiano, cercando di sovvertirlo attraverso un mix fatto di radio, tv, musica, cinema e linguaggi che si intersecavano tra di loro (il postmoderno sarebbe arrivato da lì a un attimo) oggi si lavora su un territorio più dolcemente intimo, dentro un cinema-diario che sa però esplodere con lampi di comicità irresistibile. Il comico e i sentimenti, insomma: non vi ricorda qualcuno? E se Apatow nel suo ultimo, bellissimo, Questi sono i 40 (che doveva uscire ad aprile e poi è stato rinviato al 4 luglio…) cerca di cogliere quell’attimo generazionale dove si è spostata l’asticella della linea d’ombra immaginaria, qui dentro Sentieri selvaggi pratichiamo con dolcezza il rinnovamento interno, perché ormai i “vecchi” padri fondatori sono figure attente e amichevoli ma serenamente “fuori” dalle spinte critiche/emozionali dei nuovi “ragazzi selvaggi”. Se escludiamo chi scrive questo articolo, la media di età dei realizzatori di Sentieri selvaggi è 34,3 anni. Poco più dell’età che avevamo quando celebravamo criticamente Sylvester Stallone nel 1990 o quando ci innamoravamo criticamente di Massimo Troisi nel 1991. I trent’anni sono l’età tra le più difficili ma anche tra le più fervide e creative della nostra vita. Siamo ancora deliziosamente giovani da non dimenticarci pruriti e battiti di cuore dell’adolescenza, ma anche sufficientemente adulti per capire che tutto sfugge via velocemente. Cari lettori di Sentieri Selvaggi, siete in buone mani… buon divertimento

 

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