The Midnight Sky, di George Clooney

Il nuovo film da regista dell’attore americano è uno sci-fi apocalittico che diventa un film sulla famiglia, sofferto e dentro il suo tempo. Su Netflix

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L’alba del giorno dopo in The Midnight Sky è datata 2049 ed è quella di uno scienziato rimasto solo nel Polo Nord. Augustine/George Clooney è affetto da una malattia terminale, ma cerca fino alla fine di comunicare con una stazione spaziale per impedirgli di tornare sulla Terra, divenuta inabitabile e devastata da una calamità (il riscaldamento globale?). Intercetta Aether, una navicella che ha appena scoperto un satellite abitabile nell’atmosfera di Giove. La struttura narrativa segue così due binari contrapposti che cercano di comunicare l’uno con l’altro: la Terra e lo Spazio, l’individuo (Augustine, accompagnato da una bambina di nome Iris) e l’equipaggio dell’astronave, composto da cinque elementi fedeli l’uno all’altro, che formano il nucleo di una vera e propria comunità interrazziale dal chiaro valore “politico” e progressista.

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Tratta dal libro La distanza tra le stelle (autore Lily Brooks-Dalton, anno di pubblicazione 2016), questa settima fatica da regista di George Clooney è un film che piacerebbe a Leonardo Di Caprio e Naomi Klein. Ed è un film ineluttabile. L’apocalisse – che non vediamo – è già avvenuta e a noi non resta che raccogliere le tracce di un mondo spento, senza più colori. Certo la tecnologia funziona ancora, anzi è l’unica che ancora può dare una possibilità di futuro a quel che resta del mondo. In fondo The Midnight Sky racconta di due lockdown che cercano di parlarsi e di sopravvivere a loro stessi. Sia Augustine sia l’equipaggio di Aether vivono dentro un set, nella confort zone di uno spazio chiuso iper-tecnologizzato, auto-sufficiente. Non a caso quando sono costretti a uscire, a muoversi…cominciano i guai, gli incidenti, le minacce atmosferiche. Ma anche qui è interessante rilevare come il fuori ci appaia esplicitamente artificiale. Che siano le location finlandesi del Circolo Polare Artico o quelli della costellazione di Polaris o del cielo giallo arancio di Giove, la fotografia di Martin Ruhe sembra ispirarsi soprattutto alla limpidezza digitale dei save screener da desktop, perfetti da contemplare a distanza di “sicurezza”. Lasciando intuire come anche il mondo esterno sia ormai destinato a essere uno schermo, o a essere immaginato, ritoccato e costruito come fosse il contenuto di uno schermo.

A ogni modo a scapito delle premesse narrative e dei 100 milioni di dollari di budget, The Midnight Sky è un film “piccolo” e a suo modo umile anche quando gioca la carta dello spettacolo. Clooney si inserisce nel solco tracciato dai due grandi classici della fantascienza filosofico-catastrofista sfornati a Hollywood negli ultimi dieci anni. Del Gravity di Alfonso Cuaròn cita apertamente la sequenza dei meteoriti e la riflessione sul rapporto genitore-figlia. Mentre la struttura narrativa e la celebrazione dell’istinto di sopravvivenza ricordano The Martian di Ridley Scott. Sono indizi che confermano ancora una volta la natura mimetica e intimamente postmoderna del Clooney cineasta. Un cinema il suo che non si inventa mai veramente da solo e che ogni volta pare ossessionato nell’adattare lo sguardo e la messa in scena alla materia trattata e all’immaginario cinematografico di riferimento. Come se, per esistere, avesse costantemente bisogno di un’elaborazione concettuale ancor prima di un’esigenza pura di filmare. E questo ovviamente può non piacere a tutti. Ma Clooney, sin dai tempi delle collaborazioni produttive con Steven Soderbergh, poi sostituito da Grant Heslov, è sempre stato più un lucido teorico che un fine narratore. In The Midnight Sky conferma queste caratteristiche, trovando però un dolore, un’essenzialità e un sentimento che non gli riconoscevamo dai tempi de Le idi di marzo. E realizza quello che molto probabilmente è il suo film sulla famiglia, il più sofferto e dentro al suo tempo.

 

Titolo originale: id.
Regia: George Clooney
Interpreti: George Clooney, Felicity Jones, Kyle Chandler, Demián Bichir, David Oyelowo, Tiffany Boone
Distribuzione: Netflix
Durata: 118′
Origine: USA, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (38 voti)
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