Travis Scott: l’Utopia dell’immagine

Partendo dal racconto del suo live a Milano dello scorso 30 giugno, ricostruiamo l’iconografia dell’artista texano, a pochi giorni dall’uscita del suo nuovo disco ‘Utopia’

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Sembra un miraggio. Un’immagine che si staglia a km di distanza, in mezzo alla folla oceanica che ti separa dal palco e la pioggia che scende incessante da mezzogiorno. Travis Scott appare sul palco con mezz’ora di ritardo. Sono le 21.30, buona parte degli 80.000 presenti all’Ippodromo Snai di Milano, aspetta da più di 6 ore l’arrivo del loro Black Messiah. Hanno sopportato le oltre sei ore di mal tempo e un impianto acustico tutt’altro che perfetto (l’esibizione del producer AVA è stata decisamente sottotono soprattutto a causa di un malfunzionamento delle casse sparse per l’ippodromo). L’attesa è comunque altissima. La mezz’ora di ritardo, in questo senso, accresce ancor di più la tensione. Travis Scott sbuca in cima al palcoscenico in un clima surreale. Alle sue spalle, si trova una scenografia scarna mentre, ai lati, due schermi verticali riflettono la sua immagine distorta e confusa. Sono in tanti gli spettatori ad ammirare il proprio beniamino attraverso il filtro mediato dell’immagine digitalizzata. Ma tutto ciò non sembra infastidire nessuno, anzi.

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Tra l’altro, non parliamo della sola immagine prodotta ai lati del palco. C’è anche quella prodotta da migliaia di telefonini che rimangono accessi per tutta la durata del concerto, registrando spezzoni interi del live che, dopo neanche un’ora, sono già su TikTok, Instagram, ecc..

L’immagine è, da sempre, un concetto cardine del meccanismo collettivo innescato da Travis Scott. Da giovanissimo, le sue prime performance furono notate grazie a spezzoni di suoi live registrati e poi pubblicati su YouTube. La sua capacità di convogliare l’attenzione del pubblico su di sé è dovuta soprattutto alla presenza iconica che il suo personaggio, sul palco e fuori, riesce sempre a trasmettere all’osservatore. Lo stesso Travis ha sviluppato una consapevolezza sempre più grande in merito alla sua immagine e ha cominciato a giocarci, distorcendola, riproducendola in diversi formati e spazi. In questo senso, impossibile non pensare ad Astronomical, il primo live di un artista internazionale su Fortnite.

Mentre lo si ammira muoversi senza un attimo di pausa durante i circa sessanta minuti di live (secondo moltissimi troppo pochi per il prezzo del biglietto), sembra quasi di trovarsi di fronte a un’immagine di cera, estremamente evocativa ma allo stesso tempo inafferrabile, come se Travis appartenesse ad una dimensione metafisica, rarefatta. Fatto sta che la sua immagine basta a mandare in Trance gli ottantamila di Milano, i quali sembrano nutrirsi dell’adrenalina di trovarsi di fronte a Travis Scott. Ecco che, ciò che dà veramente una forma concreta allo show di Travis è l’unione serrata tra performance e pubblico. È proprio quest’ultimo a rendere più che “palpabile” l’esperienza, attraverso i classici mosh-pit (veri e propri poghi all’interno di cerchi improvvisati dal pubblico) ma anche attraverso un clima di estasi generale in cui la performance tecnica (sicuramente troppo breve e con molti brani della scaletta interrotti bruscamente dopo il primo ritornello) passa completamente in secondo piano. In questa dialettica tra la potenza dell’iconicità di un’immagine e la reazione fisica di un pubblico, vera e propria community protagonista dell’esibizione, si inserisce il suono distorto dall’autotune impostato sul microfono dell’artista americano, il quale lo sfrutta in tutto il suo potenziale attraverso lunghissime armonizzazioni alla fine di ogni pezzo. In questo incontro-scontro tra artista e pubblico, tra palco e parterre, tra immagine e (re)azione fisica, la voce mutata e destrutturata dall’autotune fornisce la giusta dimensione spaziale, il perfetto terreno di scontro tra questi estremi.

E allora, c’è da chiedersi cosa accadrà il prossimo 28 luglio, data in cui si realizzerà l’Utopia desiderata da Travis Scott: il suo nuovo disco verrà presentato con un live trasmesso in diretta mondiale nientemeno che dalle Piramidi di Giza in Egitto. Quale luogo migliore per coltivare il culto di quell’iconografia di cui parlavamo in precedenza? Intanto, preordini e merchandising per Utopia sono già online sul sito dell’artista texano. Manca solo la copertina, di cui Travis ha preparato ben cinque versioni, allargando ulteriormente le infinite sfumature della sua iconografia.

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