Tutte le suore del cinema prima di Benedetta di Verhoeven

Un excursus di declinazioni, dove sia “vere” religiose, sia coloro che non lo erano, hanno prestato fede, peccato e vocazione al cinema. Fino alla suora di Virginie Efira del film ora in sala

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Molte grandi attrici, come Audrey Hepburn o Meryl Streep, hanno interpretato ruoli religiosi, rimasti poi chiaramente impressi nella memoria. Suore dal carattere forte, o presunte tali, cattureranno l’attenzione anche dei più scettici sul tema. In questo excursus di declinazioni e interpretazioni, raccontiamo sia “vere” religiose, sia coloro che non lo erano e che hanno prestato fede, peccato e vocazione alla settima arte.

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Partiamo da un film che potete vedere in sala: dissacrante, provocatorio e sensuale come tutto il cinema di Paul Verhoven, Benedetta, nelle sale italiane dal 2 marzo, porta in scena la vera storia della monaca italiana del XVII secolo Benedetta Carlini (Virginie Efira) e la sua relazione carnale e sentimentale intrapresa per la prima volta con la giovane novizia Bartolomea (Daphne Patakia). Al limite della blasfemia e sfidando le regole della censura, il film del regista di Basic Instinct rivisita in chiave goliardica ed esplicita una storia di punizione divina, peccato e istinti repressi che, pericolosamente, osano liberarsi.

Adesso invece, andiamo a sentimento, tra un film e l’altro: Audrey Hepburn, bellissima con qualunque abito addosso, anche quello religioso, in Storia di una monaca (1959, regia di Fred Zinnemann) non ha nulla di frivolo. Tratto da un romanzo di Kathryn Hulme che a sua volta si ispira alla storia (vera) di Suor Marie Louise Habets, ex religiosa della Congregazione di Carità di Gesù e Maria, Audrey Hepburn – Suor Lucia –  è splendida in questa pellicola e Films in Review così ne scrisse: «La sua interpretazione chiuderà la bocca per sempre a quelli che pensavano a lei più come a un simbolo di una donna sofisticata che come a un’attrice. La sua interpretazione di Suor Lucia è una delle migliori mai viste sul grande schermo».

Passiamo a Suor Sara di Gli avvoltoi hanno fame: una perfetta commedia di avventura del 1970, regia di Don Siegel. Il profondo West e varie peripezie, insieme ad una continua guerra tra i sessi sempre dietro l’angolo, fanno da sfondo a Suor Sara, dal passato peccaminoso (Shirley MacLaine) e Hogan (Clint Eastwood). Vincitore di un Academy Award come miglior film straniero, Ida, dramma sulla Seconda Guerra Mondiale diretto da Paweł Pawlikowski ci riporta nella Polonia del 1962 quando una giovane suora, Anna (Agata Trzebuchowska), si mette sulle tracce delle proprie radici poco prima di prendere definitivamente i voti. Nel suo viaggio, incontrerà la zia Wanda soprannominata “Wanda la sanguinaria”, una giudice amante dell’alcool, la quale le farà scoprire non solo i segreti più nascosti della loro famiglia e della sua infanzia, ma anche una tragica verità. Un’atmosfera sacrale è alimentata dal bianco e nero e da inquadrature che lasciano emergere, attraverso dei vuoti, la presenza di Dio. Sceneggiatura scevra da sovrastrutture eppure, nella sua essenzialità, semplicemente potente.

Ne L’anima e la carne, diretto da John Huston nel 1957, un caporale dei marine (Robert Mitchum) naufraga su un’isola del Pacifico durante la Seconda guerra mondiale. Lì Incontra suor Angela (Deborah Kerr), rimasta sola sull’isola dopo che la popolazione nativa è fuggita per paura di un’invasione. Per nascondersi dai giapponesi, la suora e il soldato devono convivere in una grotta fino al loro salvataggio, trascinando suor Angela verso la perdizione dalla (casta) strada maestra. Un anomalo triangolo amoroso fra Mitchum, Kerr e Dio stesso. Passiamo ad un’opera giovanile diretta da Pedro Almodóvar, ovvero L’indiscreto fascino del peccato (Entre tinieblas) del 1983, opera che, com’è facile intuire, rappresenta un convento immaginato dal regista. Ci mostra la vita di una singolare congregazione religiosa le cui suore, per meglio comprendere e pertanto salvare anime perdute, si dedicano anche loro al peccato. Abbiamo, così, una Madre Superiora che si scopre lesbica, si innamora di un’assassina e sogna di fondare una propria famiglia religiosa che si sostiene con il traffico di droga tra Spagna e Thailandia; una Suora che assume LSD; un’altra che scrive romanzi erotici. Un film che spiazza lo spettatore dipingendo una variopinta e dissacrante comunità di monache.

I diavoli di Ken Russell del 1971, racconta la storia di Suor Jeanne degli Angeli (Vanessa Redgrave), superiora delle Orsoline di Loudoun, sfigurata nel fisico da una gobba che la costringe ad una postura sbilenca. Segretamente innamorata del prete Urbano Grandier, gelosa della sua relazione con la dolce Madaleine, utilizzerà tutte le armi in suo possesso per fargliela pagare.

Nomination all’Oscar per la migliore colonna sonora a Harry Sukman, Dominique (The Singing Nun) del 1966, diretto da Henry Koster, è basato sulla vera storia di Sœur Sourire, conosciuta come Jeanine Deckers e (in italiano) Suor Sorriso. La suora belga, suor Ann (Debbie Reynolds), viene inviata a un altro ordine. Quando Padre Clementi sente il suo stile di canto edificante, decide di portarla ad un concorso di talenti. All’improvviso, suor Ann firma un contratto discografico e tutti ascoltano le sue canzoni spensierate. Tuttavia, è impreparata a tutto questo successo.

Una strepitosa Whoopi Goldberg e un’inappuntabile Maggie Smith fanno di Sister Act (1992 con la regia di Emile Ardolino) uno dei più celebri e divertenti film sulle suore. La storia è nota: la soubrette Deloris Van Cartier assiste a un delitto e rischia la propria vita in quanto testimone. Viene messa quindi in un convento per proteggerla e fatta passare per una religiosa: Suor Maria Claretta. Solo la Madre Superiora conosce la vera identità della nuova suora. Da qui inizia una commedia degli equivoci esilarante, in cui viene esplorata l’importanza e il potere della musica con Suor Maria Claretta che vuole rimodernare un po’ l’austera vita delle suore e la Madre Superiora che invece è ferma sul rispetto delle tradizioni. Nonostante non sia un film vincitore di un Oscar, il tutto viene accompagnato da celebri canzoni, la cui fama arriverà addirittura al Papa. Nominato per diversi Academy Awards, in Doubt (Dubbio) del 2008, il regista John Patrick Shanley riesce magnificamente a provocare il pubblico con questioni di moralità ed etica, senza essere pretenzioso o predicatore. Quando la sorella James condivide con la sorella Aloysius (preside di una scuola cattolica) il suo sospetto che padre Flynn, un prete carismatico, stia prestando troppa attenzione personale ad uno studente, la sorella Aloysius parte per una crociata personale per portare alla luce la verità e per eliminare Flynn dalla scuola. Nel cast Meryl Streep, Viola Davis, Amy Adams e Philip Seymour Hoffman.

La settima stanza, del 1995 e diretto da Márta Mészáros, racconta la vita di Edith Stein (interpretata da Maia Morgenstern), prima filosofa e poi monaca di clausura, morta ad Auschwitz (si era offerta al posto di una bambina, evitandole la camera a gas). Canonizzata nel 1998 da Papa Giovanni Paolo II [se non lo conoscete, fatevi questo regalo: Giuni Russo Il Carmelo di Echt], il film ci trasporta a Breslavia nel 1922, dove la brillante allieva del filosofo Husserl, deve affrontare le rimostranze della madre che l’accusa di aver tradito la religione ebraica. Agli inizi degli anni ’30, durante una conferenza a Munster, viene attaccata dal professore Franz Heller, ex collega di studi e innamorato respinto, che l’accusa di opportunismo. Intanto il nazismo dilaga ed Edith viene sospesa dall’insegnamento. Heller, entrato nelle file naziste, le consiglia di espatriare. Le sorelle Elsa ed Erna con le famiglie sono in procinto di emigrare negli Stati Uniti: a sorpresa, Edith annuncia la decisione di farsi carmelitana, e dopo un duro noviziato, prende i voti. Dopo la tragica “Notte dei cristalli”, nel 1938 a causa dell’espansione nazista, viene arrestata e caricata su un vagone.

La scelta (Novitiate) del 2017, diretto da Margaret Betts, racconta dei primi anni Sessanta, durante il Concilio Vaticano II, quando la giovane Cathleen sta seguendo il suo percorso per divenire suora si confronta con problemi legati alla fede, alla sessualità e ai cambiamenti della Chiesa. La religiosa, del 2013, è l’adattamento cinematografico di un romanzo di Denis Diderot da parte del regista Guillaume Nicloux. Nella Francia della seconda metà del Settecento, la piccola Suzanne (Pauline Etienne) viene mandata in convento dai genitori, ma senza il proprio consenso. Comincia così una sorta di calvario negli ambienti monacali fatto di soprusi, prevaricazioni e angherie. Un giorno devi andare, con Jasmine Trinca, per la regia di Giorgio Diritti del 2013, è la storia di Augusta, giovane donna in viaggio che, lasciata l’Italia per il Brasile, approda sulle sponde di un fiume. Poco più avanti trova gli indios che, suor Franca, amica di sua madre, vuole evangelizzare promuovendo come attività principale la preghiera.

Le campane di Santa Maria del 1945, diretto da Leo McCarey, con Ingrid Bergman. La protagonista del racconto è Mary Benedict, Madre Superiora di suore devote ma incapaci, intenta a gestire una scuola per bambini poveri. L’arrivo però del dinamico padre O’Malley cambierà le cose, cercando così di risollevare le sorti del convento. The Convent (2000) di Mike Mendez, inizia con un massacro nella St. Francis Boarding School for Girl: una giovane irrompe nella cappella della scuola e uccide con un fucile un gruppo di suore e un prete, bruciandoli in seguito con della benzina. Quarant’anni dopo, quella stessa scuola diventa sede di ritrovo per giovani con disturbi dovuti all’alcolismo. Una sera, un gruppo di loro si ritrova a fare una seduta spiritica per invocare il demonio, ma finiscono col risvegliare gli spiriti del luogo. Fuori dal mondo (1999) è un film delicato e profondo di Giuseppe Piccioni sulla novizia Caterina che salva un neonato e viene tentata dal desiderio di maternità. Vincitore di cinque David di Donatello e premi in Canada e Stati Uniti, nel quale la vita della giovane novizia Caterina (Margherita Buy), vicina ai voti perpetui, si intreccia con quella di Ernesto, titolare di una lavanderia (Silvio Orlando) e di Teresa, ragazza madre che abbandona il figlio appena nato in un parco di Milano.

Passiamo da Le lettere di Madre Teresa (2014) di William Riead, biopic che esplora la vita di Madre Teresa di Calcutta attraverso le lettere che ha scritto all’amico e confessore spirituale, Padre Celeste van Exem, nell’arco di 50 anni, a Magdalene, diretto da Peter Mullan nel 2002 e premiato con il Leone d’oro al Festival del Cinema di Venezia, ci troviamo catapultati nel 1964 in Irlanda. Giovani donne, ragazze-madri, violentate, orfane o solo troppo “vivaci”, vengono rinchiuse dai familiari in uno dei conventi Magdalene gestiti dalle sorelle della Misericordia. Le ragazze, per espiare i loro peccati, sono costrette a lavorare fino allo stremo delle forze e a subire percosse e ogni genere di violenza psicologica se non ubbidiscono agli ordini delle suore. Mullan sceglie un registro molto realistico e parla allo spettatore di ognuna di loro con lo stile di una camera a mano che rende ogni inquadratura cruda e dolorosa. Lo fa con la sensibilità e la partecipazione a un destino segnato dalle convenzioni sociali e morali che negano il rispetto, la Fede e la libertà.

In Agnes of God, film del 1985, diretto da Norman Jewison, una suora novizia ingenua viene scoperta con un neonato morto nei suoi alloggi del convento. Si sospetta che abbia dato alla luce il bambino e abbia commesso un omicidio subito dopo. Poiché non ricorda cosa sia successo, uno psichiatra nominato dal tribunale (Jane Fonda) indaga sul suo caso. Un film provocatorio che fa riflettere a lungo: un dramma psicologico che unisce tre potenti attrici: Jane Fonda, Anne Bancroft e Meg Tilly. In Immagini di un convento, diretto da Joe D’Amato nel 1979, un convento di monache accade di tutto e la superiora manda a chiamare un esorcista. Tentativo vano: le suore sono ormai invasate e niente le può fermare. The Nun – La vocazione del Male, spin-off della saga horror della New Line The Conjuring del 2018, diretto da Corin Hardy. Siamo in Romania nel 1952, nel monastero cattolico di Cârţa, quando due suore vengono attaccate da un’entità oscura, dopo aver tentato il recupero di una reliquia cristiana.

Agnus Dei (Les innocentes) del 2016, diretto da Anne Fontaine, è ambientato nel 1945 in Polonia. Una Dottoressa della Croce Rossa francese, Mathilde Beaulieu, si reca in un convento per prendersi cura di alcune suore, rimaste incinte dopo essere state violentate dai soldati russi nel corso di un’invasione. Basato su eventi reali, è un film potente che ritrae una comunità impotente di fronte alla brutalità e la cui forza è messa alla prova fino al punto di rottura. Sebbene la guerra fosse finita, le suore dovettero comunque affrontare le conseguenze in segreto, provando vergogna per qualcosa che non potevano controllare.

Viridiana: troviamo Silvia Pinal interpretare una novizia in procinto di prendere i voti finali, ma non tutto andrà a finire bene: durante una visita allo zio su richiesta della sua Madre Superiora, sebbene cerchi di mantenere i suoi ideali compiendo buone azioni, le persone intorno a lei approfittano, in ogni modo, delle sue intenzioni. Primo film girato da Luis Buñuel dall’esilio, si aggiudicò la Palma d’oro come miglior film al Festival di Cannes di quello stesso anno (ci fu un ex aequo con L’inverno ti farà tornare di Henri Colpi). Un capolavoro del cinema rivoluzionario in cui vi è uno sguardo forte alla società spagnola, alla religione e contro la stessa condizione umana.

Negli anni ’30, una giovane donna di nome Maria fallisce nei suoi tentativi di diventare suora. Quando il capitano Georg Von Trapp scrive al convento chiedendo una governante che possa gestire i suoi sette figli, a Maria viene affidato il lavoro. Vincitore di cinque Academy Awards, The Sound of Music è un musical classico del 1965, con brani musicali memorabili ed un’incredibile interpretazione di Julie Andrews.

E per concludere, Narciso Nero: uno fra i film a tema religioso più controversi della storia. Diretto da Michael Powell ed Emeric Pressburger, fu uno delle prime opere nunsploitation degli anni 40, sottogenere che gioca col sacro e le pulsioni più mondane, attraverso il corpo e la figura istituzionale delle suore. Vincitore di diversi Academy Awards per la sua cinematografia e il design artistico, è modernissimo per i tempi e provocatorio, il film (del 1947) ci apre le porte di un convento in Himalaya di suore anglicane a strapiombo sulla montagna e della loro lenta ma inesorabile discesa agli inferi fra riscoperta femminilità e attrazione al peccato.

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