Venezia 80 – Comandante. Incontro con Edoardo De Angelis, Pierfrancesco Favino e il cast

Un film che esalta la legge del mare. Il regista e gli interpreti hanno raccontato che cosa significa essere italiani e cosa possiamo imparare da questo personaggio esemplare. Film d’apertura

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Il cast di Comandante, film d’apertura dell’80a edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, ha incontrato oggi la stampa al Lido.

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Presenti gli interpreti: Pierfrancesco Favino, Silvia D’Amico, Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh; Sandro Veronesi, che firma la sceneggiatura insieme al regista Edoardo De Angelis; la nipote di Todaro, Jasmin Claudia Baharabadi; i produttori di Indigo Film, O’Groove e Rai Cinema, e più rappresentanti della Marina militare.

Il regista ha raccontato come è nata l’ispirazione per questa storia: “Nel 2018, festeggiando i 123 anni di guardia costiera, l’Ammiraglio Pettorino ha usato l’esempio di Salvatore Todaro per spiegare agli uomini come dovrebbero comportarsi in mare. Questo racconto ha portato ad una vera e propria folgorazione, e abbiamo iniziato una lunga attività di ricerca. La Marina ha aperto le porte del suo archivio oltre a contribuire con uno spirito entusiasta donandoci un supporto reale. È stata un’occasione anche per studiare questo genere cinematografico: nei primi anni di guerra De Robertis ha realizzato alcuni film che, seppur nati con un intento propagandistico, sono documenti molto importanti. Il suo assistente alla regia era Roberto Rossellini e io li considero dei film “protoneorealisti”. Riprendono le azioni di guerra, delle dinamiche reali, sono una grande fonte di studio. Soprattutto, riescono a spiegare come funzionavano i sommergibili nel ’40. L’ispirazione è stata di natura emotiva: il personaggio di Todaro e cosa significa essere italiani… poi tutto il resto è stato solo per mostrare questi principi.”

Un personaggio che ha molto da insegnarci, come spiega Favino, prendendo il microfono: “Todaro è una figura che non conoscevo ed è proprio ciò che cerco nel mio mestiere, il fatto che un essere umano non possa essere descritto con un aggettivo. È un uomo capace di guardarsi da fuori ma anche di stare nel momento; ama le filosofie orientali e al contempo è un militare convinto. Sa di non essere una cosa sola, siamo tutti quanti potenza nelle cose. Todaro è un esempio meraviglioso di quante gradazioni ci sono nell’essere umano. Trovo che questa sia una storia di epifania: lui non accetta la sua condizione fisica, dall’aria sceglie di andare in fondo al mare, cambia la prospettiva del mondo… e obbedisce a una legge più alta. Scopre che all’interno di questa vita c’è lo spazio per compiere questo gesto esemplare, e lo fa ben due volte. Sente di appartenere a una cultura, a un’idea di umanità che è quella. Qualsiasi interpretazione di un essere umano è un tradimento, io raramente disturbo le persone, non voglio andare a toccare le intimità, le emozioni, i ricordi.” L’attore si interrompe, preso dal pathos e aggiunge: “La figlia di Todaro mi ha detto ‘Non ho mai sentito la voce di mio padre’ e adesso ce l’ha.”

La nipote di Salvatore Todaro, Jasmin Claudia Baharabadi, ha poi commentato, “Non nego la difficoltà emotiva di questa storia. Pierfrancesco ha fatto bene, ha capito benissimo. Todaro… per me è un nonno che non ho conosciuto ma è sempre un nonno. Mia nonna parlava continuamente di nonno Salvatore, anche se si è risposata. Io mi sento semplicemente sua nipote. Quando si parla dell’eroe, credo che tutti dovremmo essere normali, e forse tutti eroi. Sono gesta che dovrebbero essere nella coscienza di tutti”, ha ammesso con una voce emozionata e sincera.

Si è parlato anche di che cosa significa essere italiani. De Angelis ha allora ripreso il microfono: “Da napoletano me lo chiedevo anche io, che cosa significasse essere italiani. Perché per noi è diverso. Noi l’abbiamo imparato, credo”, scatena risate in sala e poi continua, “ma quando mi sono imbattuto nella figura di Todaro mi è stato chiaro. Significa portare 2000 anni di civiltà sulle spalle. Significa accogliere non respingere. Significa arricchirsi della diversità. Se essere italiani significa questo allora io sono italiano”, ha concluso il regista.

Un film che scatena anche domande scomode, alle quali il cast ha risposto, unanimemente, sostenendo di non avere paura di implicazioni politiche.

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