Venezia 80 – Lubo: incontro con Giorgio Diritti e il cast

Giorgio Diritti, Franz Rogowski e Valentina Bellè ci hanno raccontato Lubo, il nuovo film del regista In Concorso a Venezia 80 e nelle sale dal 9 novembre

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Presentato come ultimo film italiano in concorso della Mostra del Cinema di Venezia 2023, il film Lubo è la quinta opera del regista Giorgio Diritti. Abbiamo incontrato il cineasta, i produttori e il cast per farci raccontare qualcosa in più di un fase storica che va assolutamente conosciuta: il dramma del popolo Jenisch, la separazione di migliaia di bambini nomadi dalla loro famiglie da parte del governo svizzero.

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Nella sua poetica, quanto è importante questa tematica?

Diritti:Le piccole comunità sono lo specchio del grande mondo e le storie diventano universali. I bambini sono la comunità del futuro: bisogna difendere la loro identità, seminare luce e avere cura dei loro bisogni. Lo vedo come un dovere: raccontare come ci siano dimensioni che annullano l’identità, e credo fortemente che questo film apre ad una riflessione. Spero che si esca dalla sala pensando che la speranza non debba mai venire a mancare”.

L’internazionalità di Lubo:

L’internazionalità è sicuramente la caratteristica produttiva che più identifica Lubo. Uno dei produttori del film, Fabrizio Donvito, ha sottolineato come “il cinema italiano guarda oltre i suoi confini, è stato come scalare una montagna. Il film ha una grande complessità in più lingue, location storiche. Anche noi siamo diventati come il carro di LUBO, persi in un itinerario in cui era impossibile incastrare clima, riprese e necessità“. “Un film nomade pieno di eroi e di un sacco di lingue, unì avventura straordinaria che ha avuto una gestazione lunga e grazie alla tenacia di Giorgio. Come Rai Cinema siamo molto orgogliosi e ringraziamo Giorgio“.

Di questa tragedia, quanto se ne parla in Svizzera?

“È ancora presente: c’è gente che vive con questa storia. Perché non è solo la storia di un popolo. Al tempo, i bambini contavano più che nulla, e questo rende la storia ancora più triste. Bisogna lottare. Qualche politico importante si è scusato, ma ci sono voluti quasi 80 anni affinché la Svizzera si scusasse ufficialmente”. 

Questo film fa pensare ad un altro caso di cronaca: Rapito di Marco Bellocchio.

Diritti: “C’è qualcosa che risuona: è un allarme per le nuove generazioni, quello di essere educati secondo dei parametri non condizionanti e non castranti. L’elemento è vicino alla persecuzione razziale e rappresenta un segnale necessario di questi tempi. L’abitudine di trasformare gli altri esseri è pregnante nella società, ma l’imitazione non diviene esempio, bensì l’elemento dominante.

È una storia dell’altro ieri: sconvolge le coscienze.

Diritti:L’uomo si vuole arrogare il diritto di stabilire come un altro essere umano deve essere. Se non piace, lo cambia, in un modo o nell’altro. Ma, cosa sono le regole? Convivenza civile, un’accettazione dell’altro sapendone riconoscere il valore. La differenza è un valore, un arricchimento, ma è un percorso lungo che ha bisogno del tempo”.

Gli intervistati ci hanno infine svelato che la lingua jenisch è un idioma segreto, lo conoscono solo loro perché è orale e viene tramandato da generazione in generazione. Per questo motivo, i dialogue coach del film sono stati proprio i bambini.

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