Avant que les flammes ne s’éteignent, di Mehdi Fikri

Ragiona con lucidità sulle tensioni che stanno usurando il tessuto sociale della Francia. Anche se alcuni passaggi a vuoto rischiano di depotenziare la carica polemica del racconto. Concorso

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Da una macchina che esplode si stacca improvvisamente ad una miccia in piena combustione: così il prologo di Avant que les flammes ne s’éteignent introduce, simbolicamente, i temi su cui Fikri costruisce l’intera narrazione. Il primo elemento lo possiamo ricondurre al fuoco della rivolta sociale, che divampa in seguito all’ennesimo sopruso commesso dalla polizia francese ai danni di un giovane immigrato; il secondo è associabile ad un’idea di arsione, alla possibilità di “accendere” da una tragedia il fuoco della lotta politica. Che tramuterà i dolori di una famiglia in un evento di condivisione pubblica, con cui persone di una stessa comunità (ed etnia) arrivano ad esperire collettivamente un senso di appartenenza e radicamento.

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L’evento che in Avant que les flammes ne s’éteignent catalizza la rivolta, oltre alla battaglia legale, è appunto l’uccisione del fratello venticinquenne di Malika (Camélia Jordana); fatto già di per sé tragico, ma che mette in moto una catena infinita di scontri e tensioni socio-politiche per come è stato raccontato dalle autorità: secondo gli agenti, e il procuratore governativo che li difende, la morte del giovane non è dipesa dalle ripetute percosse infertergli dai poliziotti, ma da una crisi epilettica dovuta ad un consumo eccessivo di sostanze stupefacenti, nonostante il test antidroga fosse risultato negativo. A questo punto Malika, spinta dalla disillusione nei confronti delle autorità, ordisce una causa legale contro lo Stato, in modo da rendere suo fratello un simbolo di aggregazione di massa, mentre i membri della comunità a cui appartiene giurano vendetta.

Dove Avant que les flammes ne s’éteignent eccelle è proprio nella facilità con cui fa sviluppare l’intreccio a metà tra la storia (diegetica del film) e la Storia (reale del paese), ovvero nel punto di contatto tra le crisi socio-politiche che stanno attualmente attraversando la sfera pubblica francese e il riflesso che ritroviamo di queste questioni nel racconto stesso. Qui Fikri non ha alcuna intenzione di lesinare sulla radicalità dell’evento: proprio perché la tragedia, e la battaglia culturale a cui da vita, rispecchiano un problema vero, vissuto dal cineasta – e dalle comunità di immigrati – con grande trasporto e preoccupazione.

 

In questo modo il film riesce a ragionare con agilità sulle tensioni che stanno incrinando i rapporti tra establishment e una certa frazione etnica della popolazione. Il problema, semmai, sta in alcuni passaggi a vuoto, che depotenziano la carica polemica del racconto. Pensiamo ad esempio al comportamento di Malika nei confronti della tragedia: grazie alla sua battaglia ha reso il fratello un’icona, eppure non sembra mettere mai in dubbio questa scelta, come se l’aver consegnato Karim alla collettività non le facesse rimpiangere l’entità di un dolore che è, in fin dei conti, personale. Peccato. Perché Avant que les flammes ne s’éteignent aveva le potenzialità per restituire un ritratto veramente arrabbiato della questione. Invece si “accontenta” di ridiscutere, con lucidità, i problemi che stanno progressivamente usurando il tessuto sociale della Francia.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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