Bob Marley: One Love, di Reinaldo Marcus Green

Quasi più efficace come melò sul rapporto tra Marley e la moglie Rita, che come biopic puro. Per il resto, salvo qualche illuminazione, il meglio di questo stanco film è finito fuori campo

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Sembra quasi che la bolla dei biopic sia scoppiata, che la formula sia in affanno, che manchino strategie efficaci per non cadere nello stranissimo buco nero rappresentato da Bohemian Rhapsody di Fletcher, sballottato tra approccio canonico alla biografia e performance “di pancia” quasi site specific della vita di Freddy Mercury. Se ci si concentrasse abbastanza, si potrebbe forse vedere la fronte aggrottata di Reinaldo Marcus Green, che con questo biopic dedicato alla maturità artistica di Bob Marley mentre prova a sviluppare una soluzione per scappare dal vicolo cieco. E il suo punto di fuga, almeno concettualmente, pare affascinante. Perché Bob Marley: One Love coglie l’artista ormai affermato, impegnato a gestire la sua popolarità, tra l’attentato che subì in Giamaica, all’apice della guerra civile che sconvolse il paese, i lavori dello straordinario album Exodus, e la diagnosi di tumore che lo condurrà di lì a pochi anni alla morte.

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L’infanzia è solo sfiorata e, sebbene il passo della scrittura sia ondivago in questo senso, colpiscono questi primi anni del cantante ridotti a pure visioni che colgono Marley nei momenti di debolezza, in cui sembra intravedere un campo giamaicano in fiamme ed il padre che si allontana da lui su un cavallo al galoppo verso l’orizzonte. Si tratta di illuminazioni, che il film asseconda forse meno di quanto dovrebbe, eppure, anche quando torna ad un linguaggio più convenzionale, ai classici flashback che raccontano gli anni giovanili di Marley, con le prime esperienze musicali o i primi incontri con la futura moglie Rita, lo fa con un certo carattere, evitando tutto sommato il didascalismo. Peccato, forse, non sappia davvero cosa farsene di certi momenti, che puntellano il racconto quasi fossero parentesi che permettono di respirare ad una narrazione che, sottotraccia, pare quasi in fame d’aria.

La sensazione, in effetti, è che il Bob Marley tratteggiato da Green sia sfuggente, che tutto il fascino del personaggio sia in certe parentesi intrappolate nei flashback e che quello “al tempo presente” ed interpretato in modo mai così mimetico da Kingsley Ben-Adir venga bloccato nella macchietta, nell’atteggiamento fermo ma pacificato con cui si rivolge a coloro che lo circondano, nell’ossessione per una cultura reggae e per un repertorio artistico ridotto a vuota autocitazione. Ma soprattutto pare chiuso nei suoi spazi, nelle lunghe ricostruzioni dei concerti, nelle sequenze in cui Exodus viene concepito e registrato, come a voler lavorare su formati inusuali, il film-concerto puro, il film-backstage, o a voler dare un contesto complesso a certi exploit dei biopic pop, magari imparando dai migliori (come dallo straordinario biopic su Brian Wilson). Ma tutto rimane solo nelle intenzioni, allo stato di bozza, quasi che Green avesse sfiorato idee creative abbandonate subito dopo. Manca uno sguardo forte a Bob Marley: One Love, ma, più semplicemente, al Marley di Green manca l’epica, la drammaturgia, che pare agire seguendo soprattutto l’obbligo a presentarsi e a raccontarsi come un fan più o meno profondo del cantante si aspetta sia stato il vero Marley. Ma così tutto decade sempre più in un processo meccanico, rigido, con cui il film affronta la lotta politica per l’uguaglianza, la cultura rastafariana, le pressioni di uno show business a cui il cantante si abitua a fatica.

Forse Bob Marley: One Love funziona meglio come un melò sulla complessa relazione tra Bob e Rita Marley. Quando in effetti il film prova a raccontare il loro rapporto, in quell’intimità, in quei primi piani, si nota una strana luce. Rimangono, anche lì, delle semplificazioni di fondo ma ci sono delle idee, c’è una sincerità di fondo, c’è quella voglia di fare che lentamente pare abbandonare il resto del film, che ostinatamente pare lasciar intendere di aver lasciato il centro di tutto il racconto nel fuori campo.

 

Titolo originale: Id.
Regia: Reinaldo Marcus Green
Interpreti: Kingsley Ben-Adir, James Norton, Lashana Lynch, Michael Gandolfini, Anthony Welsh, Umi Myers, Nadine Marshall, Tosin Cole, Sundra Oakley, Hector Donald Lewis, Aston Barrett Jr., Nestor Aaron Absera, Cornelius Grant, Sheldon Shepherd, Naomi Cowan, Anna-Share Blake
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 107′
Origine: USA, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.2
Sending
Il voto dei lettori
2.51 (37 voti)
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