Caracas, di Marco D’Amore

Marco D’Amore adatta Napoli Ferrovia di Ermanno Rea, si tuffa dentro il labirinto di ricordi distorti del romanzo ma perde il filo per ritrovare l’uscita e non va oltre il compitino

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Caracas, nome del protagonista interpretato da Marco D’Amore qui per la terza volta anche regista, sembra scendere negli inferi (o in una cloaca) per raggiungere i suoi camerati. Nel degrado più totale, un gruppo di nazisti napoletani, infognati al limite del misticismo, preparano l’aggressione contro dei commercianti arabi. Vetrine distrutte, uomini picchiati e umiliati davanti ai propri figli, donne aggredite sessualmente: una guerra “santa” estranea a Caracas. È il pentimento a portarlo davanti a una moschea e fargli abbracciare l’Islam. Uno stacco e ci troviamo in aereo. Giordano, interpretato da Toni Servillo, è di ritorno a Napoli dopo molti anni. È lì per essere celebrato per i suoi libri, ma ha deciso di non scrivere più. Fino a quando un bambino gli ruba la borsa con i suoi appunti. Lo scrittore lo insegue fino ai meandri di un palazzo, stranamente familiare. In un appartamento, incontra per la prima volta Caracas, che gli punta un coltello alla gola, intimandogli di non farsi più vedere. Il giorno dopo, Giordano è ancora davanti alla sua porta. Caracas gli lancia la borsa ai piedi. “Tanto non hai più un cazzo da dire”.

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A due anni di distanza da Nostalgia di Mario Martone, viene nuovamente adattato per lo schermo cinematografico un romanzo di Ermanno Rea. Ecco che, quindi, tornano gli stilemi tanto cari al letterato napoletano di nascita ed esule ovunque: gli alberghi, il ritorno in una città che sembra non cambiare mai, ma che semplicemente non aspetta il permesso di nessuno per farlo… Anche in Caracas ci ritroviamo ad accompagnare il protagonista in un viaggio in luoghi custodi di ricordi distorti, che da pellegrinaggio può farsi via crucis in memorie stratificate e aliene. Martone, con umile sapienza, semplificava (apparentemente) il percorso, come se la stessa storia di Nostalgia fosse in esilio rispetto al romanzo di provenienza, uscito a un mese dalla morte di Rea. D’Amore, invece, si getta a capofitto nel labirinto, nell’intricata struttura narrativa di Napoli ferrovia, nell’andirivieni tra la mente dello scrittore e il corpo del nazista convertito all’Islam. Perdendo, però, il filo che conduce all’uscita.

A volte è meglio non sapere le cose”, ci avvisa la voce di Toni Servillo in apertura e in chiusura di Caracas, sostenendo uno stato di apertura verso il nuovo che ci si presenta davanti agli occhi ogni giorno. Non c’è senso di meraviglia, purtroppo, nel cinema di Marco D’Amore, che cerca costantemente di dimostrarci come si senta a suo agio, a casa, a prescindere dalle deviazioni intraprese dal film. Caracas insegue il compitino di farsi, secondo l’evenienza, film d’azione, dramma romantico, omaggio a Truffaut, camminata surreale nella genesi di un’opera letteraria, riflessione su una città che muta quel tanto che basta per non cambiare… Il tutto impastato da una fotografia virata verso il giallo ormai tanto cara ai servizi streaming e al loro glocal esotico. In questo marasma, si perde il cuore pulsante e attualissimo della storia: la difficilissima ricerca di equilibrio di un uomo costretto alla polarizzazione, alla reazione costante, a oscillare tra due estremismi opposti. “Ma non lo vedi che sei rimasto un fascista?”, gli chiede lo scrittore Giordano; “Vedo la luce di Dio”. Non avendo più in mano il filo che lo condurrebbe fuori dal labirinto delle proprie colpe, rimane un’unica possibilità: immaginarsi martire, illudersi di essere dal lato giusto della storia.

 

Regia: Marco D’Amore
Interpreti: Marco D’Amore, Toni Servillo, Lina Carmelia Lumbroso, Marco Foschi, Brian Parisi, Andrea Nicolini
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 110′
Origine: Italia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
3.1 (40 voti)
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