Comandante, di Edoardo De Angelis

Racconta un atto di eroismo della Seconda Guerra Mondiale, con un ovvio sguardo al presente. Ma il suo aspetto più affascinante è nella dimensione simbolica, come un emersione dell’inconscio.

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Qui visse Sisifo, che era il più astuto degli uomini,

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Sisifo, figlio d’Eolo; e un figlio generò, Glauco;

e Glauco generò Bellerofonte perfetto

Il responso oracolare dell’indovino Paolo Bonacelli cita, in greco antico, una genealogia tratta dall’Iliade. Sisifo è noto per la sua astuzia e per aver giocato con gli dei e con la morte. Glauco per i suoi cavalli che si nutrivano di carne umana. Bellerofonte per le sue imprese chimeriche e per aver evitato la morte grazie alla legge sacra dell’ospitalità. Ma tutti, in un modo o nell’altro, sono stati puniti. Resta il mistero, dunque, su cosa vogliano suggerire quei versi riguardo al destino del capitano di corvetta Salvatore Todaro, veggente anche lui tra l’altro, capace di predire il futuro e l’esito delle battaglie, di indovinare morti e nascite, di scrutare nel volto e nel cuore degli uomini. Nulla, a prima vista, sembra connettersi alla sua sorte di marinaio e di combattente.

Fatto sta che quella genealogia omerica passi di padre in figlio, secondo una linea di discendenza tutta maschile. È affare da uomini. Esattamente come Comandante, un film dichiaratamente “virile”, dominato dal linguaggio della guerra e dalle dure regole della vita in mare. Ma il paradosso è che, al contrario, il cinema di De Angelis sembra sempre evocare una grande immagine materna, come dominato da un profondo culto mariano. Era evidente in Indivisibili, ne Il vizio della speranza. Ma anche qui, seppure in maniera più sottile, emerge l’immagine di una Donna che reca soccorso e accoglie, ripara e nutre. Rina, la moglie di Todaro, che prospetta al marito il calore di un futuro domestico, dopo il grave incidente aereo che gli ha fratturato la spina dorsale. La crocerossina che porge il suo seno alla bocca di Giggino il cambusiere, in un’ultima notte d’amore prima della partenza. E poi ci sono le sirene immaginate da Vincenzo “o’ curallaro”. E tutta una fantasia di poppe enormi, quelle della figlia del lattaio, di pucchiacche, di amplessi che sono abbracci d’amore… Ma la prima Donna-Madre è, innanzitutto, il sommergibile “Comandante Cappellini” della Regia Marina Militare Italiana, di cui Todaro parla al femminile, “la macchina di qualità”, nel discorso che fa ai suoi uomini prima di imbarcarsi: “quando avete paura rivolgetevi a lei, toccatela… chiavetela anche!”.

È proprio quest’immagine del sommergibile come ventre materno il simbolo più potente del film di De Angelis. Una bolla che si immerge e si nasconde nel liquido amniotico del mare, che vive secondo il ritmo di un tempo tutto suo, dettando il flusso del respiro e il battito cardiaco. Immersione, emersione, giorno, notte. E ovviamente, per i naviganti, per chi vive lontano da tutto, per chi ha lasciato a terra famiglia e affetti, anche per chi non ha nulla da perdere, quella bolla è ciò che più si avvicina all’idea di casa. Sarà per questo che Todaro e il suo equipaggio mettono in scena un ambiente domestico a partire dal focolare della cucina, gli gnocchi della festa, le patate fritte della condivisione, i mille, innumerevoli piatti, sognati e declamati da Giggino, come una litania ipnotica per gli uomini affamati. Certo, ogni cosa può trasformarsi nel suo contrario. La madre può stritolare i figli nell’abbraccio. Il rifugio può diventare una galera. La sirena ti seduce e ti trascina a fondo. E persino una felicità immobile può assomigliare alla rinuncia alla vita e all’avventura. Ma è proprio questo il punto. L’aspetto più interessante del film di De Angelis è tutto scritto in questo rapporto-conflitto tra l’immagine-sogno di un “ritorno a casa” e il richiamo insopprimibile del mare aperto. Ancor più della storia “esemplare” che mette in scena. Nell’ottobre del 1940, il “Comandante Cappellini” affonda il mercantile belga “Kabalo”, che trasporta materiale bellico inglese. I ventisei uomini dell’equipaggio vengono accolti sul sommergibile e tratti in salvo fino all’Isola di Santa Maria delle Azzorre. Per volontà del capitano Todaro, che si disinteressa delle dure regole della guerra e delle consegne dei superiori. Per rispondere a una legge più alta, a un codice etico da naviganti, a un senso più umano di pietà e condivisione.

Una grande storia di “eroismo”, che richiama ovviamente le tragedie del presente, dei migranti naufraghi in mare, dei soccorsi invocati o negati. E nel raccontarla, De Angelis e Sandro Veronesi non nascondono la vocazione letteraria dell’impianto narrativo (non a caso, hanno scelto di pubblicare anche un romanzo a partire dalla sceneggiatura). In cui ai “fatti” si alternano le voci interiori dei personaggi, in cui la statura dominante del protagonista sfuma nella prospettiva di un racconto corale, che mescola lingue e dialetti, idee, sentimenti, momenti di paura, di meschinità, di coraggio e speranza. Certo il rischio è, come spesso accade nei film di De Angelis, di un sovraccarico di allusioni simboliche che cercano di trovare faticosamente la connessione tra l’immaginazione e il mondo presente. O, di un eccesso di retorica sentimentale. C’è chi potrebbe perfino additare una retorica nazionalista (quel “siamo italiani” di Todaro) o un’eccessiva superficialità sulle responsabilità del fascismo. Ma le retoriche sorreggono sempre le forme dei discorsi. Poco importa. Alla fine i discorsi sfumano e tutto si muove lungo un’orizzonte di visioni. Anche la fotografia di Ferran Paredes sembra trovare un colore e densità innaturale. Come se fossimo in presenza di un’infinita processione di proiezioni interiori. Del resto, nella “bolla” del sommergibile il mondo appare un sogno lontano. È affare di avvistamenti, di previsioni (del tempo) e predizioni. Ed è come galleggiare sulla superficie di un inconscio più profondo.

Regia: Edoardo De Angelis
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh, Arturo Muselli, Giuseppe Brunetti, Gianluca Di Gennaro, Johannes Wirix, Pietro Angelini, Mario Russo, Cecilia Bertozzi, Paolo Bonacelli, Silvia D’Amico
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 120′
Origine: Italia, 2023

3.7
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Il voto dei lettori
3.77 (57 voti)
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    Un commento

    • Alessandro iraci

      Il film non mi è piaciuto.non c’è nessun atto di eroismo che valga la pena raccontare.noia infinita e basta.