Coupez!, di Michel Hazanavicius

Presentato fuori concorso come apertura del festival di Cannes, il film è un adattamento di un piccolo film cult giapponese, dal quale eredita un potenziale importante che utilizza senza variazioni

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Quello che viene immediatamente da chiedersi riguardo al nuovo film di Michel Hazanavicius è il significato dell’operazione remake. Coupez! è la copia mimetica di un titolo giapponese low cost, Zombie contro zombie, diventato velocemente un cult dopo l’enorme riscontro di pubblico al botteghino, ma rimasto in Italia prodotto riservato ai cinefili e amanti del genere, distribuito nei circuiti festivalieri di genere. Domanda ovviamente lecita, declinata soprattutto per alludere lo sfruttamento commerciale di un progetto funzionante, al fine di adattarlo con qualche volto noto per lanciarlo sul mercato occidentale. Quel volto è ovviamente Bérénice Bejo, musa e moglie del regista, replicata nella finzione in una parte autobiografica, e compagna di lavoro inseparabile. Nulla di male, considerando il progetto abbia ricevuto l’approvazione dello stesso Shin’ichirô Ueda, dal quale eredita oltre al soggetto anche uno dei personaggi più interessanti, quello della produttrice stramba interpretata da Yoshiko Takehara. Eppure non si può negare come l’omaggio sia anche un modo di confessare  nuovo amore per il Cinema di ogni latitudine e declinazione. Un amore espresso dal riflettere ancora sul processo di creazione, sopra un plot perfetto per lo scopo, sotto ogni punto di vista. La rappresentazione clonata dall’originale è un excursus infatti su quelle figure nascoste ma non accessorie, tolte le quali cadrebbe il lato essenziale della struttura, ed è un omaggio ad un mondo produttivo sotterraneo dove l’espediente è una soluzione fortemente caldeggiata quando ci sono da risolvere problemi con budget irrisori. Coupez! indaga tra i mille imprevisti del set, la compulsione, l’adattamento istantaneo, guarda al film come una materia viva, plasmata da un insieme di variabili uniche e costanti prestabilite, reso irripetibile dal loro incontrarsi al momento opportuno. Un discorso se vogliamo iniziato con The Artist proseguito con Il mio Godard ed Il principe dimenticato, lasciato ad espandersi ancora e ancora in una innocente ossessione, nei modi leggeri di un sogno dal quale dispiace staccarsi. Mai scottante, pure sempre gentile, dentro l’abbandono di una complessità che si trasforma facilmente in atto divulgativo. Non costituisce una novità per Hazanavicius neanche il remake, già esplorato nel 2014 con The Search, rifacimento moderno di Odissea tragica di Fred Zinnemann.

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La trama di Coupez! è molto semplice. Il film racconta di una troupe impegnata a realizzare uno zombie-movie di mezz’ora in un unico piano sequenza. Il tempo sabotato della stesura finale è un’altra manipolazione, il salto e lo scarto tra l’essere e il nulla, la scia di possibilità nascoste dalla sabbia svelate da un colpo di vento, e diventa un altro degli aspetti tematici principali. Il filone narrativo secondario tocca invece le note familiari, è tessuto insieme in maniera invisibile, e lasciato esplodere nel finale. Lo splatter cromatico orrorifico si scioglie nello humor dei rumori imbarazzanti e delle espressioni buffe, camuffando l’impatto del sangue nello svelamento, prossimo a venire, di un trucco banale ed efficace. Se una cosa si può rimproverare al regista francese è la reiterata variazione di un’unica mappa, l’assenza di ricerca e di rischio, l’abitudine di affrontare un campo conosciuto a memoria. Riduce l’intervallo di errore ad innocuo stupore divertito, verniciato a dovere, felice di specchiarsi con il suo abito migliore, e questo gli permette di vagare impunito in un gioco di cui conosce le regole, dando l’impressione di non barare con la sua e la nostra illusione. Riesce a strappare un sorriso. Qualcuno potrebbe obiettare non certo per merito suo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
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