Golden Globes 2021: Nomadland, il brindisi di Fincher, e la cerimonia virtuale

In forma virtuale, i Golden Globes del 2021 sono stati il teatro di un confronto tra convenzione e tecnologia, forze opposte chiamate a riformare un sistema danneggiato dalla pandemia. Tutti i premi

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La pandemia ha costretto ad un ripensamento quasi totale della cerimonia dei Golden Globes 2021, che quest’anno si è svolta in forma virtuale, con i candidati collegati da casa e le due conduttrici, Tina Fey e Amy Poehler, impegnate a gestire l’evento da due location diverse. Al di là dei premi assegnati dalla Hollywood Foreign Press Association, delle vittorie attese di Nomadland (miglior film drammatico e migliore regia), del Globe a sorpresa a Laura Pausini, di Netflix che fa incetta di riconoscimenti, del Golden Globe postumo a Chadwick Boseman, delle assenze eccellenti e delle polemiche,  ci si rende tuttavia conto che ieri sera è andato sopratutto in scena uno scontro tra linguaggi.

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Al di sotto della cerimonia, si è generato infatti un dialogo tra vecchio e nuovo cerimoniale, tra analogico e digitale, tra convenzioni e loro ripensamento.

La premiazione è stata puntellata da vestigia del mondo prepandemico: i pochi invitati in sala, il red carpet tradizionale, preservato in forma digitale, il virtual stage che ha garantito la compresenza delle due host della serata. È indubbio, tuttavia, che il sistema abbia sofferto nel tentativo di inseguire un linguaggio soggetto ad un cambio di paradigma così repentino, soprattutto in quegli elementi fondanti il cerimoniale dei Globes.

Lo sketch dei comici Maya Rudolph e Kenan Thompson, che nei panni di due compositori francesi hanno accettato il premio come “Least Original Song”, polemizzando ironicamente sulla poca importanza data dall’HFPA a diversità e minoranze razziali, ha sofferto della mancanza di un pubblico che potesse rispondere ai loro input, riducendosi ad uno sghembo numero cantato e a scialbe provocazioni.

Per eventi del genere è chiaro che il mondo analogico diventi un’ancora di salvezza per un sistema di segni tradizionale. Nel momento in cui è stata costretta a muoversi nel mondo digitale la cerimonia di ieri è apparsa infatti sperduta, priva di una meta e non è un caso che molti dei nominati si siano collegati da quelle che i social hanno già ribattezzato come breakout rooms, ambienti casalinghi anonimi, spazi asettici che provano a ricostruire una qualche parvenza di protocollo ma che comunicano anche il pudore, se non la paura, di irrompere nell’intimità del premiato.

Tuttavia, quando ha deciso di abbracciare la dimensione digitale, la cerimonia di ieri ha mostrato al pubblico tutta la straordinaria bellezza del virtuale.

Colpisce come la cornice di Zoom abbia portato al trionfo di un passo informale potenziato rispetto a quanto già visto durante gli Emmy 2020. Jodie Foster ad esempio, premiata per The Mauritanian, ha accolto l’annuncio della vittoria in pigiama, con la moglie e con i suoi cani mentre la figlia di sette anni di Lee Isaac Chung, il regista di Minari, ha festeggiato il Globe al film in braccio al padre.

Golden Globe

Più interessanti sono stati quei casi in cui il virtuale ha portato ad una sovversione delle convenzioni. Epocale è il modo in cui David Fincher ha reagito alla mancata vittoria del Globe alla miglior sceneggiatura, congratulandosi con il vincitore Aaron Sorkin e bevendo uno “shottino” alla memoria di suo padre Jack Fincher, indulgendo in un atto che normalmente sarebbe accaduto fuori scena.

Golden Globes

Chloe Zhao si è invece collegata da un intimo spazio casalingo scarsamente illuminato, un inconsapevole atto di ribellione, che annulla quella ricerca artefatta del bello che è una delle fondamenta di cerimonie di questo tipo.

La profonda informalità ha ovviamente coinvolto anche Laura Pausini, protagonista di una delle reazioni più genuine alla vittoria: un urlo di gioia di quindici secondi catturato in una sua storia Instagram.

Paradossale, tuttavia, quanto, attraverso l’intimità offerta dalla cornice digitale, elementi tradizionali come gli acceptance speech, vengano profondamente rafforzati. Pensiamo alle parole di Taylor Simone Ledward, la vedova di Chadwick Boseman, che ha ricevuto il premio postumo al marito come miglior attore drammatico immaginando che l’attore sarebbe stato grato per il premio a “Dio, i suoi genitori e soprattutto i suoi antenati”. Non solo, perché, a ben guardare, non è stata indebolita in alcun modo neanche la spinta militante spesso generata da tali dimostrazioni, come dimostra il discorso di Jane Fonda che, nel ritirare il Cecil B DeMille Award ha riflettuto amaramente sull’apertura di Hollywood alla diversità: “le storie possono davvero cambiare le persone” –  ha affermato l’attrice – “ma c’è una storia che abbiamo paura di vedere e di ascoltare, una storia che riguarda quest’industria e tutte quelle voci che decidiamo di ignorare”.

La cerimonia dei Golden Globes 2021, osservata attraverso i suoi momenti salienti, cattura una dimensione in transizione, forse ancora troppo conservatrice, ma attraverso le cui pieghe si percepisce lo straordinario potenziale dello spazio digitale, che, se correttamente mediato, potrebbe organizzare uno spazio ibrido da cui eventi del genere, in era post covid, potrebbero ripartire.

Di seguito, tutti i premi:

Sezione Cinema

Miglior Film Drammatico

Nomadland

 

Miglior Film Commedia o Musical

Borat – Sequito Di Film Cinema

 

Miglior Regista

Chloé Zhao per Nomadland

Miglior Attore In Un Film Drammatico

Chadwick Boseman in Ma Rainey’s Black Bottom

Miglior Attore In Un Film Commedia o Musical

Sacha Baron Cohen in Borat – Sequel Di Film Cinema

 

Miglior Attrice In Un Film Drammatico

Andra Day in The United States V. Billie Holday

Miglior Attrice In Un Film Commedia O Musical
Rosamund Pike in I Care A Lot

Miglior Film D’Animazione

Soul

Miglior Film Straniero

Minari

Miglior Attrice Non Protagonista

Jodie Foster in The Mauritanian

Miglior Attore Non Protagonista

Daniel Kaluuya in Judas And The Black Messiah

Miglior Sceneggiatura

The Trial Of The Chicago 7 (scritta da Aaron Sorkin)

Miglior Colonna Sonora

Trent Reznor, Atticus Ross e Jon Batiste per Soul

Miglior Canzone Originale

Io Si (I Seen) (in La Vita Davanti A Sè) (cantanta da Laura Pausini)

Sezione Televisione

Miglior Serie Televisiva Drammatica

The Crown

Miglior Attrice In Una Serie Televisiva Drammatica

Emma Corrin in The Crown

Miglior Attore In Una Serie Televisiva Drammatica

Josh O’ Connor in The Crown

Miglior Serie Televisiva di genere commedia o musical

Schitt’s Creek 

Miglior Attrice In Una Serie Televisiva Di Genere Commedia O Musical

Catherine O’Hara in Schitt’s Creek

Miglior Attore In Una Serie Televisiva Di Genere Commedia O Musical

Jason Sudeikis in Ted Lasso

Miglior Serie Limitata

The Queen’s Gambit

Miglior Attrice In Una Serie Limitata

Anya Taylor-Joy in The Queen’s Gambit

Miglior Attore In Una Serie Limitata

Mark Ruffalo in I Know This Much Is True

Miglior Attrice Non Protagonista In Una Serie Limitata

Gillian Anderson in The Crown

Miglior Attore Non Protagonista In Una Serie Limitata

John Boyega in Small Axe

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