Il canto del pavone, di Sanjeewa Pushpakumara

Un’opera profonda, che cattura con sincerità le complessità della vita nello Sri Lanka e offre un intrigante gioco di prospettive, in cui le linee tra bene e male rimangono indefinite.

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Con questa particolare coproduzione tra Italia e Sri Lanka, il regista Sanjeewa Pushpakumara prosegue le sue esplorazioni umane e sociali nel suo paese. Il canto del pavone è un film autobiografico, scritto e diretto dallo stesso regista e premiato al Tokyo International Film Festival 2022 come Miglior contributo artistico.

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Amila è nato in un piccolo villaggio nell’est dello Sri Lanka. Dopo la morte dei suoi genitori, si ritrova a capo di una famiglia di cinque fratelli. Senza alcun modo di sostenerli, si trasferiscono nella capitale e lui inizia a lavorare come operaio in uno dei tanti cantieri cinesi. Quando sua sorella dodicenne Inoka ha bisogno di un’operazione urgente, Amila cerca di trovare i soldi necessari ma incontra la persona sbagliata. Trova impiego infatti presso Malini, una donna di mezza età che gestisce un traffico  di bambini neonati.

Come mostrato nei suoi film precedenti, Asu (2021), Burning Birds (2016) e Flying Fish (2011), Pushpakumara ritrae realtà dove la sopravvivenza è centrale, oscillando tra città e periferia, e dove le famiglie sono messe alla prova da circostanze avverse, senza ricevere nessun aiuto dal sistema. Il canto del Pavone è molto simile, per trama e argomenti, al malese Songlap (2011), in cui due fratelli invischiati in un traffico di bambini, vengono incaricati della consegna alle coppie che li hanno acquistati, ma potrebbe anche essere lo spin off di film come Trade (2007) e Sold (2014), entrambe storie di giovani venduti attraverso un mercato illegale, o ancora, seppur in maniera più forzata di Lion (2016), dove un ragazzo indiano che si perde da bambino viene adottato da una famiglia australiana. Tuttavia Pushpakumara sembra trarre ispirazioni più nobili dal Neorealismo italiano di maestri come De Sica e Rossellini per i quali il cinema era una presa di coscienza. La scena in cui Amila pensa di rapinare una donna al bancomat richiama un momento iconico di Umberto D, quando il protagonista tenta di chiedere l’elemosina, mettendo in gioco la propria dignità. 

Alla vita tragica dei protagonisti fa da contrappunto la fotografia di Sisikirana Paranavithana con numerose inquadrature fisse, in cui elementi come edifici e impalcature dividono la scena in due, riflettendo la divisione della società di Colombo e l’indifferenza tra le classi. La forma e la composizione sono precise, rigorose. L’uso di una camera statica conferisce ad ogni scena una sorta di risonanza fuori dal comune. La camera fissa e lo sguardo diretto dei protagonisti verso lo spettatore enfatizzano la profondità dei personaggi e ci coinvolgono direttamente nel loro profondo desiderio di sfuggire alla loro realtà.

Il canto del pavone si distingue come un’opera profonda, che cattura con sincerità le complessità della vita nello Sri Lanka, e offre un intrigante gioco di prospettive, in cui le linee tra bene e male rimangono indefinite. Nel film emerge la storia di un corto circuito sociale che, come manifesta Malini ad un certo punto del film, da decenni permette all’inferno di sembrare il paradiso. “Per una madre è difficile rinunciare al proprio figlio. Quello che faccio è proteggere quelle creature assicurando loro la possibilità di vivere bene in un bel paese. Io non credo che questo sia un crimine.”

Titolo originale: Peacock Lament
Regia: Sanjeewa Pushpakumara
Interpreti: Akalanka Prabashwara, Sabeetha Perera, Dinara Punchihewa, Lorenzo Acquaviva, Mahendra Perera, Lahiru Prasad, Amiththa Weerasinghe, Maheesha Nethara, Naween Saumya, Danuji Dinanya
Distribuzione: Pilgrim Film
Durata: 102′
Origine: Sri Lanka, Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
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Il voto dei lettori
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