Il castello invisibile, di Keiichi Hara

Prende uno dei generi più codificati degli anime, il fantasy d’avventura e costruisce un racconto dal grande impatto emotivo, anche se limitato da una certa macchinosità delle animazioni.

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Guardando alle produzioni animate che dominano gli schermi giapponesi odierni, è quasi impossibile non notare una certa convergenza verso l’isekai, anche da parte di autori, come Keiichi Hara, che nel corso della loro (lunga) carriera raramente avevano incluso nelle narrazioni degli stilemi – se non addirittura dei riferimenti – al genere in questione. Quello che sta accadendo negli scenari produttivi dell’animazione nipponica è tanto sorprendente quanto logico, e la risposta a questa mutazione la possiamo individuare in fattori sia interni che esterni al cinema, da legare trasversalmente alle nuove esigenze del pubblico. In questo senso se un film come Il castello invisibile – e lo vedremo a breve anche con la nuova opera di Miyazaki, Il ragazzo e l’airone – porta il suo veterano regista a confrontarsi dopo anni con le logiche oniriche/fantastiche dell’isekai, è evidente come questo cambio di paradigma non sia da intendere solo come un tentativo del cinema di adeguarsi alle evoluzioni della serialità o dell’industria videoludica nipponica: si tratta a tutti gli effetti di una risposta al “fenomeno Shinkai”, alla capacità del regista di Suzume di connettere mondi e realtà parallele alla nostra, e di catalizzare per il pubblico di massa un’esperienza che può funzionare solo sul grande schermo. Proprio perché comunica, attraverso le immagini, con le crisi più recondite dei giovani spettatori giapponesi.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

In continuità con gli adattamenti cinematografici di Sword Art Online e Vita da Slime, anche questo Il castello invisibile non si astrae dal capitalizzare i pirotecnicismi audiovisuali dell’isekai, di un genere (il cui nome è traducibile come “altro mondo”) che fa uso della trasmigrazione corporea del protagonista in una realtà altra e contraria alla nostra, in vista di una spettacolare contaminazione di mondi e scenari semi-realistici, privi di confini tra il dentro (ciò che appartiene alla sfera dei sentimenti) e il fuori (ciò che distingue i fenomeni reali). Ma Hara, da grande autore qual è, sa bene che anche all’interno di una cornice così storicamente codificata come l’isekai, è necessario variare le formule di partenza se si vuole ottenere una narrazione che non tradisca, sia dal punto di vista tematico che comunicativo, il genere di riferimento. E lo vediamo già a partire da come svuota la storia dei suoi più superficiali elementi fantasy, senza per questo rinunciare alla natura sociologica che contraddistingue tali racconti.

Kokoro appare a tutti gli effetti quale una classica eroina dell’isekai: la sua quotidianità è cadenzata da pressioni e crisi giovanili, che si traducono in una difficoltà apparente a comunicare con i coetanei e a tessere delle relazioni sincere e appaganti. Un giorno, quasi per miracolo, viene catapultata attraverso uno specchio in un mondo parallelo, dove le viene offerta la possibilità di migliorare la propria esistenza: se troverà prima degli altri compagni/concorrenti la chiave per accedere alla “stanza dei desideri”, potrà rendere realtà anche il suo sogno più recondito e sopito. Un plot, che nelle mani di un altro regista aprirebbe lo spazio a mondi iperbolici e visioni spettacolarizzanti, ma che ne Il castello invisibile diventa un’occasione per riflettere sulle fratture esistenziali dei giovani giapponesi. Costretti ad assumere atteggiamenti da hikikomori, pur di allontanarsi da una società percepita come deviante e disumana.

Quel che sorprende de Il castello invisibile è la facilità con cui Hara scardina il genere di riferimento, lo svuota di senso, senza però perdere nulla di ciò che contraddistingue le sue strategie comunicative. Le coordinate apparentemente contrarie del “mondo parallelo” diventano qui lo strumento di trasformazione della realtà, lo specchio che con la sua inversione di tempi e ritmi permette al mondo di Kokoro – quindi al suo ambiente domestico e scolastico – di mutare i fenomeni alla base della loro oppressione. E non è un caso che il castello sia affollato da personaggi che condividono la stessa condizione della protagonista. E che necessitano perciò di sentire, percepire, se non addirittura “vivere” in un mondo che accetta le loro ferite, in modo da inseguire in futuro il sogno di una vita ordinaria, che privilegia le connessioni umane alle (dis)connessioni societarie. Insomma, anche se le animazioni a volte sembrano incerte e poco fluide, o la narrazione risulti piatta nel momento in cui (paradossalmente) si schiaccia sulle logiche sensazionalistiche dell’isekai, Hara dimostra che anche il genere più codificato e (ab)usato può aprirsi a strategie e visioni inedite. Senza perdere l’impatto emotivo che da sempre conserva per il grande pubblico.

Titolo originale: Kagami no Kojō
Regia: Keiichi Hara
Voci: Ami Touma, Mana Ashida, Yuki Kaji, Takumi Kitamura, Sakura Kiryu, Rihito Itagaki, Naho Yokomizo, Aoi Miyazaki, Minami Takayama, Kumiko Aso, Shingo Fujimori, Karen Takizawa
Distribuzione: Anime Factory
Durata: 116′
Origine: Giappone, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
4 (3 voti)
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array