Il sesso degli angeli, di Leonardo Pieraccioni

Il film della “responsabilità” di Pieraccioni, che sfiora una materia esplosiva scadendo però in un moralismo rassicurante ma rigido. E a soffrire di più è il racconto del sex work, mai così stantio

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Come sempre, l’anima di ogni film di Leonardo Pieraccioni è racchiusa nel nome del personaggio che interpreta.

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Si potrebbe davvero scrivere molto dell’evoluzione onomastica dei suoi protagonista, a partire dai nomi più pittoreschi (il Levante de Il ciclone, l’Ottone di Fuochi d’artificio, il Gilberto de Il pesce innamorato) fino ad arrivare a identità sempre più convenzionali (Umberto in Il Principe Cenerentolo, addirittura il vertiginoso omonimo Leonardo di Se son rose), in una corsa che racconta la crescita del regista ed il suo affrancarsi da personaggi efficaci ma sopra le righe, probabilmente sempre più lontani dal sua personalità in evoluzione.

Ora, con Il sesso degli angeli, il messaggio è chiaro: i giochi sono finiti ed è il momento di diventare adulti. Qui il protagonista si chiama semplicemente Simone ed è un giovane prete della provincia toscana (c’è, in fondo, figura più “matura” dell’ecclesiastico, almeno secondo la morale comune?). Improvvisamente, il protagonista scopre di aver ereditato una ricca attività in Svizzera con i cui introiti potrebbe sollevare le sorti della sua malmessa parrocchia. Peccato che l’eredità, trasmessagli dal libertino zio Valdemaro (ed ecco che, il nome inusuale, stavolta spetta alla nemesi del protagonista) sia un bordello. Cosa fare allora? Arricchirsi con gli introiti di un’attività a cui un prete non dovrebbe mai essere accostato o rimanere ligi alla propria moralità?

Più che il film della maturità di Pieraccioni, Il sesso degli angeli è un progetto che si regge sul senso di responsabilità dell’attore, a cui va riconosciuto il merito di uscire dal seminato, di esplorare le potenzialità di un personaggio complesso, sfaccettato, spigoloso, firmando un film che è una commedia ma che ha i suoi momenti migliori quando si scopre dramma psicologico, quando lascia il suo protagonista solo con i suoi dubbi o quando, al massimo, il racconto dell’interiorità di Simone passa attraverso un dialogo minimale tra lui ed uno dei comprimari.

Il sesso degli angeli

Ma Pieraccioni non riesce mai ad afferrare davvero la complessa materia del film, è rigido, stanco, assecondare le varie linee del racconto non lo diverte.

A volte dimentica persino la sua straordinaria generosità, carica tutto il peso del film su di sé e non sostiene abbastanza i comprimari. E così capita che a essere più a suo agio negli sghembi spazi del racconto sia la più istintiva Sabrina Ferilli che il più navigato Marcello Fonte.

È distratto, Pieraccioni, preoccupato che una lucidissima satira laica sull’autodeterminazione della donna e contro una morale immobilista, gli sfugga dalle mani. Perché non è più tempo per lanciare strali così violenti e, soprattutto, lui per primo non pare avere più la mano ferma degli inizi, che gli avrebbe permesso di gestire un film così esorbitante.

Meglio, piuttosto, lasciare sottotraccia certe tensioni, farle emergere solo come exploit controllati, assecondare il protagonista quando, ad esempio, ammette di aver pensato che Dio lo avesse dimenticato o permettere allo zio Valdemaro alcune clamorose sferzate anticlericali. Poi, comunque, tutto rientra nei ranghi, come se nulla fosse successo.

Ma così il film non acquista mai una vera andatura, diviso tra un’iconoclastia di facciata ed il pedissequo rispetto del comune sentire, didattico, moralista, pronto a bacchettare i giovani che “stanno sempre bloccati nei loro mondi virtuali e non conoscono quello reale” ma incapace di ripensare una narrazione delle sex workers che dia dignità ad un contesto ben più sfumato delle attese.

Si è scelto di definire Il sesso degli angeli, il film della responsabilità di Pieraccioni, più che quello della maturità. Non è stata una scelta casuale, perché il film è ancorato ad un’ideologia stantia ma rassicurante per il pubblico. È, appunto, il progetto di un autore “responsabile”, conscio del suo ruolo e dell’impatto della sua opera sullo spettatore ma dov’è finita la maturità tanto agognata da Pieraccioni? Dov’è quella spinta, adulta, di confrontarsi e rileggere temi complessi senza paura delle conseguenze?

 

Regia: Leonardo Pieraccioni
Interpreti: Leonardo Pieraccioni, Sabrina Ferilli, Marcello Fonte, Massimo Ceccherini, Valentina Pegorer, Eva Moore, Giulia Perulli, Massimiliano Vado
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 91′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
3 (59 voti)
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