La sala professori, di Ilker Çatak

Il candidato tedesco a Miglior Film Internazionale è un thriller claustrofobico e incalzante, fondato sul furto dell’immagine e su un conseguente disallineamento tra verità e reale.

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Accade tutto in pochi secondi. Carla entra in aula, richiama l’attenzione dei propri studenti e li invita ad urlare insieme a lei. Forte. Il più forte possibile. Rabbia e frustrazione deflagrano, liberandosi in un coro di grida, in un gioco; mescolando la voce di Carla a quella dei bambini.
La macchina da presa stringe sul volto esausto della professoressa.

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Non è la prima volta che il cinema attinge all’ambiente scolastico in qualità di speciale microcosmo in vitro, atto a delineare e consentire l’osservazione di dinamiche sociali seminali o chiamate a specchiare il cosiddetto mondo vero, al di fuori. E al di là dell’inflazionato cult generazionale di Peter Weir (L’attimo fuggente) o della Palma d’Oro francese conquistata da Laurent Cantet – con La classe. Entre les murs in bilico tra fiction e documentario – è stato lo stesso cinema tedesco, attraverso L’onda di Dennis Gansel, a tracciare un’imperfetta rotta di navigazione che oggi, grazie a La sala professori, riscopre appieno i propri punti di riferimento.

Lontana dai toni da “esperimento sociale” portati su schermo da Gansel e di fatto convenzionale in termini registici e narrativi, la pellicola di Ilker Çatak lavora più che altro sottotraccia. E la storia di Carla Nowak, insegnante di seconda media intenzionata a scoprire il responsabile di una serie di furti avvenuti all’interno del perimetro scolastico, si dipana con linearità, tessendo passo dopo passo la trama di un thriller claustrofobico e incalzante; e innalzando pareti di sguardi e (pre)giudizi, destinate a collassare quasi fatalmente addosso alla protagonista.

All’interno del labirinto di spazi didattici predisposto dal regista – riletto tra l’altro a posteriori nell’inquietudine liminale del montaggio in epilogo –  La sala professori offre dunque un’incisiva lettura della realtà filtrata dal suo stesso (volontario) soffocamento. Rendendosi complice di un vero e proprio disallineamento tra veridicità e reale che, in una pellicola fondata sul furto di immagini più che di denaro, sostituisce alla verità una lunga serie di sue varianti, tra proto-giornali e media scolastici e pettegolezzi che rimbalzano dal mondo dei piccoli a quello degli adulti.

Nel marasma collettivo generato dal tradizionale fiocco che diviene valanga quella di Carla Nowak – una strepitosa Leonie Benesch – è così figura centrale di un discorso dal forte impatto pedagogico. Lei testarda, lei ostinata idealista, lei fedele a tal punto al proprio ruolo di insegnante da rischiare di smaterializzarsi nell’astrazione di un’utopia “da manuale”. Capace invece di calarsi nella corporeità del quotidiano proprio attraverso l’errore che – seppur in buona fede – causa il progressivo sollevarsi della tempesta.

Alla fine, come di consueto, rimane ben poco da salvare di una società che fin dalle sue istituzioni educative coltiva sospetto e discriminazione su più livelli. Forse solo l’immagine di una professoressa incazzata disposta a sedersi nuovamente tra i banchi di scuola. Perché non si finisce mai di imparare.

 

Titolo originale: Das Lehrerzimmer
Regia:
Ilker Çatak
Interpreti: Leonie Benesch, Leonard Stettnisch, Eva Löbau, Michael Klammer, Anne-Kathrin Gummich, Kathrin Wehlisch, Sarah Bauerett, Rafael Stachowiak, Uygar Tamer
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 98′
Origine: Germania 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
3.93 (43 voti)
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