L’invenzione della neve, di Vittorio Moroni

Un film coraggioso che però resta imprigionato nelle proprie catene testuali e fatica così a emergere come immagine cinematografica libera.

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Un percorso lungo e travagliato ha accompagnato la gestazione di L’invenzione della neve, nuovo film di Vittorio Moroni presentato in anteprima alle Giornate degli Autori all’80° Mostra di Venezia e pronto per la distribuzione in sala a partire dal prossimo 14 settembre. Un percorso durante il quale il regista, per sua stessa ammissione, ha tentato “di controllare l’assenza di controllo”. Sintesi paradossale di un progetto con cui il cineasta classe ’71, abituato a raccontare il legame tra paternità e adolescenza (Tu devi essere il lupo, Se chiudo gli occhi non sono più qui), volge invece lo sguardo all’universo femminile.

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La storia di Carmen (Elena Gigliotti), donna cresciuta in una casa-famiglia, sposatasi, separatasi e allontanata dalla figlia Giada per ordine del tribunale, risponde infatti solo in parte al “canone familiare” del regista. E il delicato tratteggio della di lei lotta contro l’ex marito Massimo (Alessandro Averone), la sua nuova fiamma, l’assistente sociale (Anna Ferruzzo) e la suocera, inquadrano il cinema di Moroni in una fluidità di sguardo nuova e per nulla scontata. L’invenzione della neve procede in punta di piedi, adagio. Scava con gentilezza nell’intimità di Carmen per estrarne dolore e follia; dà un volto al “troppo amore” di una madre devastata dal quotidiano e ha sempre la pazienza di fare un passo indietro, guardandosi bene dall’aderire a semplicistiche soluzioni di parteggiamento e innescando nello spettatore una risposta incerta ai chiaroscuri morali che ombreggiano ogni relazione interpersonale della protagonista.

Ambientazioni quasi documentaristiche incorniciano un film che gioca costantemente sullo squilibrio formale e visivo tra il realismo situazionale degli incontri di Carmen e il mondo interiore della donna, animato – letteralmente – dai disegni di Gianluigi Toccafondo. Due strade, sentieri paralleli che stridono e insieme si completano, alternando il dramma di una madre alla visualizzazione di ogni sua favolistica speranza, mostrando cioè la speranza di un’alternativa possibile, di una scappatoia, per quanto irreale, dal conto alla rovescia che ticchetta impietoso e senza scampo.

Se l’allucinazione animalesca di Toccafondo è forse l’intuizione più alta del regista, il meccanismo di Moroni si inceppa invece nelle pieghe della sua controparte “live action”; là dove l’organizzazione tematico-spaziale delle scene risponde a precise sottostrutture teatrali e l’interazione tra i personaggi, complice una recitazione (volutamente) sopra le righe (teatrale appunto) fatica a “liberarsi” delle proprie catene testuali ed emergere come immagine cinematografica libera.
Moroni ricerca il vero e non è poca cosa, ma la sua storia di un matrimonio fallito – e annessi – finisce per ristagnare, almeno a tratti, dietro a un sipario.

 

Regia: Vittorio Moroni
Interpreti: Elena Gigliotti, Alessandro Averone, Anna Ferruzzo, Anna Bellato, Eleonora De Luca, Carola Stagnaro
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 117′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.8
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Il voto dei lettori
3.7 (10 voti)
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