Memory, di Michel Franco
Il più bel film di Michel Franco. Un melodramma straziante tra due individui “senza passato” che ci consegna un abbraccio finale che vorremmo durasse per sempre.
Non è mai troppo tardi. E così un autore che per anni ci è sembrato respingente con la sua idea di cinema fredda e cerebrale, ci costringe – almeno stavolta – a ritornare sui nostri passi e a prendere differenti misure nei confronti di questa love story (im)possibile tra una donna e un uomo che, per motivi differenti, sono costretti a fare i conti con la loro identità. Sylvia (Jessica Chastain) è una madre single con una bambina di 15 anni e un passato di abusi e alcolismo con cui fare i conti. Una sera si imbatte in un uomo misterioso che comincia a seguirla senza dire una parola. L’uomo rimane tutta la notte sotto al portone. Dorme sul marciapiede, perde i sensi. Sylvia la mattina dopo scopre che Saul (Peter Sarsgaard) è affetto da demenza senile. Perché l’ha seguita? Ha a che fare con il suo drammatico passato? Oppure l’uomo, che non ricorda nulla, si è innamorato di lei?
Si può certamente discutere quanto il cinema di Franco abbia sempre la necessità programmatica di aggrapparsi a polarizzazioni drammaturgiche e caratteriali, come se avesse facoltà di esistere solo in una continua sollecitazione del dolore. È vero. Eppure stavolta i respiri, i silenzi, i battiti cardiaci, le traiettorie e i corpi vivono sullo schermo. Sylvia ha un passato da dimenticare, Saul un passato che non ricorda più. La presenza/assenza di memoria fa da collante a due personaggi che in qualche modo possono esistere insieme solo per brevi attimi: il tempo della memoria breve di Saul da una parte e l’istinto a superare i traumi dei ricordi e a ricominciare finalmente ad amare, come fosse il “primo bacio” o la “prima volta a letto” di Sylvia. Il film è tutto nel desiderio – dei personaggi e dello spettatore – di vedere due tempi diversi riconoscersi e di sperimentare un amore finalmente libero di esprimersi “senza passato”. Così per certi versi, l’ottavo, e decisamente migliore, film di Michel Franco sembra quasi l’espansione da melodramma da “camera” di quei bellissimi 15 minuti de Il curioso caso di Benjamin Button, in cui Brad Pitt e Cate Blanchett si incrociavano per poco tempo, quasi coetanei, a vivere fino in fondo la loro storia d’amore e di memorie.
“A volte è la marginalizzazione stessa a offrire una via di fuga dalle ombre del passato, una possibilità di costruire una vita nel presente” dice il regista sul suo film. Ecco allora che Memory non può che essere, paradossalmente, la storia d’amore ideale, da consumarsi esclusivamente nel “qui e adesso”. Una storia drammatica e straziante, certo, ma di ragazzini in corpi di adulti, che infatti nessuno capisce veramente tranne la figlia – la bravissima Brooke Timber – che non a caso alla fine diventa il deus ex machina, forse l’unico vero “personaggio maturo” del film, capace di crescere scena dopo scena. Mentre Sylvia e Saul per stare insieme devono in qualche modo tornare adolescenti – non a caso il loro primo incontro avviene proprio in un anniversario scolastico – e rompere con le loro rispettive e ingombranti famiglie, la figlia ha l’obbligo di crescere nel corso del film per vedere e credere nella coppia. Così in un finale bellissimo e sorprendente è lei a riportare Saul da Sylvia e a consegnarci l’intensità di un abbraccio finale che, grazie al cinema, da oggi in poi, può durare in eterno.
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Peter Sarsgaard all’80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia
Titolo originale: id.
Regia: Michel Franco
Interpreti: Jessica Chastain, Peter Sarsgaard, Brooke Timber, Merritt Wever, Elsie Fisher, Jessica Harper, Josh Charles
Distribuzione: Academy Two
Durata: 99′
Origine: Messico, USA 2023
Film stupendo…mi ha emozionato…non mi aspettavo fosse così toccante! Potrebbe essere una storia vera…..attori magistrali! … lui un tantino di più 👏❤️