Neptune Frost, di Saul Williams e Anisia Uzeyman

Dal MiX Festival 2022 di Milano, il sovversivo musical che innerva l’afrofuturismo di fibra ottica, vedendo nell’amore tra un minatore di coltan e un individuo intersex l’apertura di un nuovo ciclo

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Mentre la protagonista di Neptune Frost guarda la bara della sua amata zia venire coperta da qualche manciata di fiori e terra, nella miniera Tekno giace tra le braccia di suo fratello Matalusa. Mentre il suo cuore si ferma per la manganellata con cui è stato ricompensato per aver trovato il blocco di coltan nel quale si era perso magicamente il suo sguardo, mentre Matalusa porta via il suo cadavere, gli altri minatori battono su dei tamburi. “La morte ci circonda. È il lavoratore a quanto pare a pagare il prezzo. In metallo prezioso. Nella valuta del Primo e del Terzo Mondo. Nella valuta del mercato nero. Nella valuta del ritmo del tamburo, del battito del cuore. Quella vecchia valuta del corpo nero”, pronuncia un’entità apparentemente femminile che ha una voce ancor prima che un nome, riaccompagnandoci nella casa di Neptune dopo il funerale. Con il favore delle tenebre, il prete del paese è andato lì offrendo stanche formule consolatorie e pretendendo un bacio. Una pretesa che ha come risposta una sacrosanta bottigliata in testa. Sia Neptune sia Matalusa non possono far altro che mettersi in cammino.

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Comincia così Neptune Frost, musical fantascientifico diretto dal poeta Saul Williams e dall’attrice e scrittrice Anisia Uzeyman e presentato al Festival di Cannes del 2021, con una diaspora. Un cammino che inizia nel segno dell’afrofuturismo (nel n. 8 del cartaceo ne parliamo approfonditamente), nei confronti del quale c’è più di un semplice legame, ma un vero senso di appartenenza. “Il suono mantiene la memoria” dicevano Sun Ra e Max Roach, eppure sono passati più di 50 anni e le piramidi, le capanne e persino gli uomini sono innervati di superconduttori. Ora è il tempo di Moor Mother, di Shabaka Hutchings e dello stesso Saul Williams: qualsiasi sonorità è destinata a sciogliersi in bit, in impulsi, contaminando e contaminandosi. Il risultato, più che un mosaico nel quale ogni tessera ha il suo posto nel comporre una figura più grande, è un codice nel quale si salta di linea in linea e che, senza la conoscenza del suo linguaggio, risulterebbe incomprensibile.

È la luce elettrica di una moto l’ultima cosa che Neptune vede prima di essere investito. “Quello che la nascita ha rotto, l’amore ripristina”, dice la donna dai capelli ramati che lo soccorre e lo affida al sogno che lo connette agli antenati, allo spirito, a sé. “Immagina un sogno e osa viverlo”, viene sussurrato a Neptune nell’orecchio prima che si svegli in un corpo dalle fattezze femminili, ma che conserva il fallo. Diventa così la Motherboard, letteralmente la “scheda madre”, che attraverso l’hackeraggio del proprio corpo (e di conseguenza del concetto stesso di soggetto e di sé) è pronta a mettere in discussione la realtà costituita. Eppure, fermarsi qui vorrebbe dire lasciare incompiuta l’opera. Il passo successivo, ossia plasmare un mondo che possa superarsi, è possibile solo attraverso l’amore.

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Nel villaggio in cui Matalusa e Neptune si incontrano, dando vita al devastante programma di hackeraggio Martyr Loser King, la matriarca Memory riceve la visita di suo fratello Innocent. Questo è vestito con l’uniforme delle Autorità. Dopo averlo rimproverato con durezza per i suoi trascorsi, Memory gli intima con un abbraccio di andarsene. Agli occhi degli altri membri del villaggio si giustifica dicendo che suo fratello non è l’Autorità, ma solo un travestito che cerca di stare al passo di un’ideologia che non lo sosterrà mai quanto crede. Ecco che la compassione diventa il gesto più sovversivo di tutti, con il quale Memory non dimentica, non ignora, ma lascia aperta la possibilità della redenzione. È lo sguardo che penetra le maschere e vede la realtà, fallibile e inadeguata, dei corpi. Lo sguardo che per primo crede nel movimento perpetuo della vita, l’unico in grado di andare oltre alla mera sopravvivenza per aprire un nuovo ciclo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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Il voto dei lettori
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