#Oscars2021 – A change is gonna come

I nuovi regolamenti post Covid-19 hanno favorito film autoriali a basso budget, oppure interessanti opere prime che in anni passati avrebbero forse faticato a farsi notare.

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Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla…. Insomma abbiamo capito: l’emergenza sanitaria che ha colpito una stagione cinematografica, diciamolo, mai cominciata davvero, può aver rappresentato obbligatoriamente il detonatore per sovvertire regole e condizionamenti culturali che da troppi anni affliggevano il mondo di Hollywood e quello degli Academy Award. Così le nomination annunciate questa mattina, come del resto era ampiamente previsto, hanno scandito tanti nomi a sorpresa. E se tocca a uno come David Fincher – zero Oscar al suo attivo e solo tre film in 10 anni – il ruolo di “grande vecchio” a difesa dell’establishment (con un film Netflix peraltro) vuol dire che l’edizione di quest’anno è stata davvero rivoluzionaria a prescindere dalla qualità dei singoli film, su cui sono in molti a discutere.

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Per arginare la chiusura delle sale cinematografiche, negli Stati Uniti come nella maggior parte del mondo, l’Academy aveva allungato la finestra di distribuzione a 15 mesi e inserito anche quei titoli mandati in streaming che avevano pianificato un’uscita in sala. Con tutti i grandi kolossal rimasti ai box in attesa di tempi migliori (West Side Story, Dune, No Time to Die), spettava a Tenet, uscito in estate, il compito di rappresentare lo spettacolo cinematografico da grande pubblico. Sarà un caso ma il film di Christopher Nolan da queste nomination ne è uscito malissimo. In generale ne è venuta fuori una curiosa decentralizzazione. Più che i titoli programmati nelle piattaforme, i nuovi regolamenti post Covid-19 hanno favorito film autoriali a basso budget, oppure interessanti opere prime che in anni passati avrebbero forse faticato a farsi notare. Tralasciando il favoritissimo Nomadland, già premiato alla Mostra del cinema di Venezia ed emanazione dell’indipendente, ma disneyana, Fox Searchlight, quanto peso avrebbero avuto in passato titoli come Minari, Judas and the Black Messiah, o la black comedy cupa e femminista Una ragazza promettente dell’esordiente Emerald Fennell?

A change is gonna come è la canzone di Sam Cooke che chiude One Night in Miami… Il film di Regina King è probabilmente uno degli sconfitti di queste nomination, ma la comunità black può dirsi soddisfatta vista la potente affermazione di Judas and the Black Messiah di Shaka King e i sette attori candidati nelle quattro categorie, tra cui il musulmano di origini pakistane Riz Ahmed, protagonista di Sound of Metal. E c’è da segnalare una continuità rispetto alle edizioni precedenti. Come scrivevamo lo scorso anno, a scapito di una comunicazione mediatica pigra e distratta è comunque da tempo che l’Academy si distingue per una attenzione sempre maggiore nei confronti di minoranze e cineasti stranieri. La cinquina per la miglior regia conferma anche quest’anno un trend molto interessante, con quattro cineasti su cinque alla loro prima candidatura: le due donne Fennell e Chloe Zhao, cinese, Lee Isaac-Chung, nato e cresciuto in Usa da una famiglia sud-coreana e infine il danese Thomas Vinterberg, che con Another Round è probabilmente alla sua prova migliore.

Per l’Italia c’è Laura Pausini. Niente nomination invece per Notturno di Gianfranco Rosi, che dopo esser stato escluso dalla shortlist dei film internazionali è uscito anche dalla categoria dei documentari. Qui è entrato il rumeno Collective, che all’Academy è piaciuto al punto di ottenere una candidatura anche come film straniero, insieme al favorito e un po’ sopravvalutato Time e ai netflixiani Il mio amico in fondo al mare e Crip Camp. L’esclusione del film di Rosi conferma la sfortuna che negli ultimi anni accompagna le scelte della nostra commissione. Quella di Notturno era una decisione che aveva fatto storcere il naso a più di un addetto ai lavori e le inaspettate due nomination ottenute dal Pinocchio di Garrone (make-up, costumi) stanno a indicare l’attenzione nei confronti di un film dall’evidente appeal internazionale che forse si sarebbe dovuto prendere maggiormente in considerazione. Senza dimenticare il grande successo critico nei Paesi anglosassoni per Martin Eden.

Un ultimo paradosso su David Fincher e Mank. Un film tutto incentrato sull’atto di scrivere, sulla figura di uno sceneggiatore e sulla stesura di uno dei film più importanti della storia del cinema quale candidatura poteva mancare tra le 10 ricevute? Quella alla sceneggiatura, of course.

Tutte le candidature agli Oscar 2021

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