Prima danza, poi pensa. Alla ricerca di Beckett, di James Marsh

Un biopic che destruttura la storia di Samuel Beckett che invece resta intrappolata nella sua soffocante struttura teatrale, anche nell’elegante interpretazione di Gabriel Byrne

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Bisogna partire da lontano, dall’incrocio di Samuel Beckett con il cinema quando ha scritto la sceneggiatura di Film nel 1964. L’interpretazione di Gabriel Byrne si sovrappone, come una dissolvenza, a quella di Buster Keaton di quell’opera. Come quel personaggio, fugge gli sguardi degli altri e vorrebbe essere senza nome e senza volto. Anche Samuel Beckett vorrebbe fare lo stesso quella sera a Stoccolma nel 1969 quando riceve il Premio Nobel per la letteratura e la prima frase che dice è “che catastrofe” prima di arrampicarsi nelle quinte del teatro e rifugiarsi in una zona isolata, dai contorni fantasy, dove lo attende il suo doppio. È la sua coscienza? È un’altra voce che si oppone alla sua? Da quel momento il biopic stravolto di James Marsh ricompone i pezzi della vita di Beckett dall’infanzia al rapporto con la madre, ai suoi grandi amori (Barbara, Suzanne), all’amico perduto e al rapporto con James Joyce.

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Gabriel Byrne è come una continua apparizione. Nel suo stravolgimento biopic, è una possibile visione come Eddie Redmayne/Stephen Hawking in La teoria del tutto. Il teatro diventa la scena della vita per arrivare, per citare Beckett stesso, al ‘finale di partita’. Marsh non cerca la luce ma, malgrado le intenzioni, si muove sempre nella penombra, anche in quella passeggiata notturna di Beckett con Lucia, la figlia di Joyce, che danza e canta di notte per le strade di Parigi. Uno slancio Woody Allen versione europea/musical subito frenato. Perché al cineasta interessa ancora il rapporto tra il corpo e il pensiero, tra la dimensione pubblica e i tormenti privati. Marsh muove parecchio le acque, mostra di destrutturare la forma anche nell’alternanza bianco e nero/colore ma poi il biopic ricompone tutti i pezzi in modo così classico da apparire solo bizzarro ma in definitiva incolore. La bravura di Gabriel Byrne (e soprattutto di Sandrine Bonnaire) mostrano però l’unico Beckett possibile. Dal teatro iniziale Prima danza, poi pensa. Alla ricerca di Beckett non è mai uscito. Le apparizione fincheriane dei suoi amori sono solo lampi illusori di un cinema che dopo Man on Wire ha perso non solo la magia ma anche l’anima. Marsh non è più l’equilibrista come il funambolo Philippe Petit del suo celebre documentario premiato con l’Oscar. Lascia Beckett lì in alto, come una figura dantesca in attesa di sapere in quale girone finisce mentre si trova tra la vita e l’aldilà. La sceneggiatura di Neil Forsyth mostra alcune delle tante possibili strade che però poi il film non prende. Così Prima danza, poi pensa. Alla ricerca di Beckett resta già intrappolato nella sua struttura come si vede soprattutto nel modo di filmare la Resistenza. La sua vita in soggettiva e/o proiettata in una dimensione onirica sono solo l’unico azzardo di un film che trova l’unico momento davvero ispirato solo in quella casa vuota parigina. Di Beckett per il resto non resta neanche il suo doppio ma solo la sua ombra. E Buster Keaton di Film è stata solo la potenziale allucinazione poi presto abbandonata.

 

Titolo originale: Dance First
Regia: James Marsh
Interpreti: Gabriel Byrne, Aidan Gillen, Maxine Peake, Sandrine Bonnaire, Fionn O’Shea, Bronagh Gallagher, Caroline Boulton, Lisa Dwyer Hogg, Gráinne Good, Barry O’Connor
Distribuzione: BIM

Durata: 100′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.2
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Il voto dei lettori
2.38 (8 voti)
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