RoFF18 – Incontro con Jonathan Glazer

Il regista britannico ha incontrato il pubblico della Festa raccontando il suo ultimo film, “The Zone of Interest”, e i suoi altri tre lungometraggi, oltre alla sua carriera nei commercials ed MTV

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Quattro film in 23 anni, Sexy Beasts, Birth, Under the Skin, The Zone of Interest“Devo interrogare tutti gli aspetti delle cose che faccio. Io cerco la logica nel modo in cui faccio il film. Devo crederci per poterlo esprimere”, spiega Jonathan Glazer, parlando del suo stile registico. Alla Festa di Roma presenta il suo ultimo film, The Zone of Interest (il quale esce in Italia il 18 gennaio), appunto, girato interamente in tedesco: “Non è proprio facile vendere ai produttori un film con attori sconosciuti, sulla storia peggiore di sempre (l’Olocausto), in una lingua che non conosco”. Il suo ultimo lavoro è infatti ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, argomento affrontato spessissimo al cinema, ma pur sempre delicato. “Sentivo che prima o poi ci sarei arrivato all’Olocausto, ma non volevo fare un film che fosse un pezzo da museo. Non volevo che ne sentissimo una certa distanza perché è un fatto accaduto 80 anni fa e che questo ci permettesse di sentirci lontani da ciò che è accaduto.”

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“Ho lavorato con traduttori: avevo un traduttore dal tedesco che mi diceva quelli che erano i cambiamenti fatti alla sceneggiatura sul set: avevo detto che non ci sarebbero dovuti essere stati cambiamenti. E ovviamente sin dal primo giorno ci sono stati, come era prevedibile. Sarebbe stupido impedirlo. Poi abbiamo fatto una proiezione davanti a dei parlanti nativi tedeschi veri che hanno controllato i livelli della lingua, per assicurarci del risultato”. Riguardo all’omonimo libro da cui il film è tratto, il regista ha spiegato come lo abbia letto solo una volta e poi non lo abbia più riletto. “Quando adatto un romanzo devo investigarlo secondo i miei metodi, altrimenti non ha senso”. “Mia moglie ha detto che quello che cerco di fare è mettere un’emozione sullo schermo. Le immagini sono lì per supportare l’emozione.  Il cinema è uno spazio psicologico e politico, questi sono gli elementi che ne stanno alla base”, ha aggiunto.

Raccontato le riprese del suo penultimo film, uscito nel 2013, Under the Skin, Glazer ha detto: “Lo abbiamo praticamente scritto mentre Scarlett Johansson guidava. Noi eravamo dietro il camion, io avevo un microfono per darle indicazioni. Lo scopo era di abbordare degli uomini al lato della strada e farli salire sul furgone. A volte lei si è rifiutata di avvicinarsi ad alcuni degli uomini che le suggerivo io. L’aspetto più interessante è che anche Scarlett stessa, in quanto attrice, era un’aliena, in quanto era in incognito, facendo qualcosa per cui inizialmente non aveva il permesso.”

Il regista britannico ha infine parlato del suo rapporto con il lavoro passato nel video-making musicale e commerciale. “Non ho mai pensato alle differenze fra i formati di pubblicità o musica, rispetto a quelli del cinema. Nell’ambito musicale, c’è da dire che una volta gli artisti potevano avere più scelta con chi lavorare, c’era MTV, eravamo tutti insieme come filmmaker, c’era una bella competitività”. Ha continuato: “I lavori commerciali, ad esempio hanno il loro ritmo e la loro struttura, ma essenzialmente sono la stessa cosa rispetto ai lungometraggi. Non ho mai guardato alle cose che ho fatto come “una versione in tono minore” di altre cose.”.

Infine, Glazer ha parlato del suo rapporto con le colonne sonore dei suoi film: “Io monto senza musica. Se metto la musica subito diventa un appoggio troppo forte e non va bene, quindi la aggiungo solo alla fine, quando il montaggio è quasi terminato”. Parlando di Mica Levi, che ha curato la colonna sonora di Under the Skin e The Zone of Interest, ha concluso: “Per Under the Skin, ho ascoltato diversi famosi compositori ma sapevo che la musica per il film doveva venire da qualcuno che all’epoca non avesse interesse a comporre per il cinema. Così è stato, Mica ha un’intuizione emozionale unica.”

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