Solo per me, di Lucie Borleteau

Frizzante come uno champagne quando si getta con gioia e senza pruderie su sesso e libertinaggio queer, svapora quando invece svolta nel romanticismo amoroso e nella chiusura moralistica

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Manon (Louise Chevillotte) è una ragazza che cerca un posto dove l’amore non possa raggiungerla. Lo trova nello stripclub À mon seul désir, locale in cui si spoglia facilmente dei propri abiti e con ancor più naturalezza degli eventuali pregiudizi connessi: la sorellanza di ballerine che si esibisce in spettacoli ogni sera più audaci vive infatti la propria professione con gioia e convinzione. Tra variopinti clienti e liberi atti sessuali sul palco, anche la vita erotica di Manon esplora voracemente le tante possibilità relazionali che gli spogliarelli le aprono. Ma è il rapporto prima amicale e poi affettivo con la collega Mia (Zita Hanrot), ventiseienne attrice che nel frattempo prova ad entrare senza successo all’Accademia, il frutto più succoso e proibito di questa sua esperienza. Il desiderio erompe allora senza controllo portando dietro con sè anche la sua controparte negativa, ovvero le dinamiche di coppia, rese ancora più difficili dalla presenza di Benjamin, partner di Mia che non accetta di essere messo da parte. Nel frattempo Manon perde di vista anche lo spirito libertario dello spogliarello esondando verso il ben più remunerativo esercizio della prostituzione a pagamento….

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La caratteristica precipua di Solo per me, terzo lungometraggio di Lucie Borleteau, è quella di sembrare scritta in due fasi diverse e quasi opposte del percorso stilistico della regista francese. La prima parte scivola infatti via con sensibile gioia e partecipazione carnale mostrando, senza il facile supporto di proclami femministi, la pienezza dell’erotismo e dell’autonomia economica che anche il bistrattato spogliarello può fornire. Ma ad un certo punto Solo per me deraglia scompostamente verso i territori del “conte moral”. Ecco allora che Elody (Laure Giappiconi, stripper nella vita reale che fornisce alla protagonista anche una gustosa guida “al rallentatore” per sedurre l’impacciato Quattrocchi) nel suo secondo intervento intradiegetico si lancia perfino in un rimbrotto moralistico verso le spettatrici attraverso un sorpassato “Uscite di casa ragazze, i vostri limiti li decidete voi”. Dopo aver denudato fisicamente e psicologicamente le sue due protagoniste con sensibile lussuria, la regista sembra subire lo stesso smacco della sua Manon di non riuscire più a vedere le persone nude, rivestendo Aurore e Mia con abiti finzionali assolutamente fuori parte. Le grossolane svolte da commedia romantica – l’ascesa incredibile di Mia a stella del cinema, il viaggio in Giappone di Manon regalatole dallo spasimante, il time-skip risolto nel prevedibile incontro finale tra le due proprio nell’À mon seul désir – rappresentano una perdita d’eccitazione che i seni e i sederi danzanti a favor di camera delle tante sorelle del club nei titoli di coda non possono più recuperare. Curioso infine che a perpetrare l’idea che amore e sesso ad un certo punto arrivino a legarsi in maniera così inestricabile da richiedere inevitabilmente una scelta binaria tra i due componenti sia proprio un film che aveva invece divagato fin lì felicemente su vite libere da pregiudizi. Che anche su schermo il sesso faccia scattare il possesso del partner è convenzione ben più scandalosa di qualunque penetrazione saffica.

 

Titolo originale: À mon seul désir
Regia: Lucie Borleteau
Interpreti: Zita Hanrot, Louise Chevillotte, Laure Giappiconi, Pedro Casablanc, Tokou Bogui, Sieme Miladi, Thimotée Robart
Distribuzione: Kitchen Film
Durata: 119′
Origine: Francia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.7
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Il voto dei lettori
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