The Vanishing Soldier, di Dani Rosenberg

Esempio efficace di film di guerra che parla senza alzare la voce, nonostante alcune svolte narrative. Presentato al 76° Festival del Cinema di Locarno, ora all’Efebo d’Oro di Palermo

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Shlomi è un giovane soldato di neanche vent’anni completamente disconnesso dai combattimenti intorno a lui. Si ritrova improvvisamente isolato in seguito a un attacco palestinese nell’area di Gaza, presso l’avamposto di Tsahal dove era stato distaccato. Circondato e braccato dal nemico decide di fuggire attraverso le macerie, lasciandosi alle spalle l’inferno della guerra. Raggiungere Tel Aviv, incontra la sua fidanzata e le annuncia che vuole sposarla, anche se non è del tutto chiaro sul perché sia improvvisamente tornato a Tel Aviv. Poco dopo scopre, attraverso le notizie, che l’esercito lo sta cercando, credendolo caduto nelle mani del nemico, rapito o forse addirittura ucciso.

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The Vanishing Soldier, sembra la versione pop del tedesco Storia di un disertore (1960), di Wolgang Staudte, dove George, giovane soldato tedesco, disertava rifugiandosi nel suo villaggio natale dove tutti, compreso il padre, avevano paura di dargli asilo. Certo, trama a parte, i due film differiscono significativamente. The Vanishing Soldier inizia con una certa implausibilità (Shlomi compie un rapido passaggio dal campo di battaglia nella Striscia di Gaza al ristorante della sua ragazza a Tel Aviv in poche scene, utilizzando una bicicletta e un autobus), ma progredisce verso una riflessione più profonda, trasformandosi in un esempio efficace di film di guerra che parla senza alzare la voce. In poco più di 90 minuti, la pellicola si sviluppa rapidamente con una colonna sonora tesa che esalta l’inquietudine della vicenda. Rosenberg ritrae le prime scene di battaglia in modo distaccato, mettendo in luce l’inutilità della guerra. Shlomi, corre come la punk Lola del film di Tom Tykwer (Lola Corre, 1998) e pensa come il colonnello Kurtz di Apocalypse Now (solo per citare uno dei più grandi disertori del genere). Shlom, in fuga e alla ricerca di una libertà che non riesce a definire, mentre trascorre tempo con la sua ragazza e sua madre, tentando di riscoprire se stesso al di là della sua identità di soldato.

La tensione di The Vanishing Soldier è amplificata dalla colonna sonora, con i suoi rulli di tamburo che enfatizzano la fuga di Shlomi. Nonostante il giovane insista di sapere cosa sta facendo, l’attore trasmette efficacemente, scena dopo scena, una significativa incertezza sulle conseguenze della sua decisione. La crescente consapevolezza che la fuga non risolverà i suoi problemi si riflette nel suo comportamento. Interpretato da Ido Tako, Shlomi rappresenta metaforicamente la desensibilizzazione dei giovani al combattimento. Il film, diretto e co-sceneggiato da Dani Rosenberg, mescola con efficacia l’assurdo e il dramma esistenziale, ponendo in questione se il giovane agisca per principi o sia semplicemente smarrito, sfuggendo ai suoi doveri. Sebbene The Vanishing Soldier presenti una certa schematicità negli incontri che il protagonista Shlomi affronta durante la sua fuga, il film mantiene un solido sotto testo antimilitarista. Rosenberg presenta bene scene che evidenziano con efficacia l’assurdo della guerra, come quelle in cui dei bambini giocano spensierati proprio nel bel mezzo di un confronto teso tra l’esercito israeliano e Hamas, mostrando un contrasto stridente tra l’innocenza infantile e la gravità del conflitto.

Per comprendere a fondo l’ultimo film di Dani Rosenberg, è essenziale riconoscere il conflitto interno del protagonista, che in un contesto di guerra obbligatoria, mette in luce l’ineluttabilità della sua condizione. Insomma, nonostante i suoi tentativi di fuga, non esiste una reale via di scampo.

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