Tutti tranne te, di Will Gluck

Stavolta lo sguardo di Gluck è un po’ appannato, intrappolato in modelli che fatica a gestire pienamente. Così la sintonia tra Glen Powell e Sydney Sweeney è un vero e proprio faro nel buio.

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È ancora un cinema quasi impossibile, quello di Will Gluck, straordinariamente pop ma costantemente impegnato in una ricerca autoriale, in una legittimazione della rom-com contemporanea che porta i suoi lavori a dialogare con l’immaginario classico del genere.

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E in questo senso Tutti tranne te è davvero tutto nella prima scena, con Sydney Sweeney che litiga con il barista dell’aeroporto in un dialogo tutto in levare, come farebbe Katharine Hepburn e Glen Powell che, sornione, prova ad aiutarla ma anche a flirtare con lei in un modo che Spencer Tracy amerebbe. E poi c’è il momento nella toilette, l’intermezzo slapstick sostenuto dalla sola Sweeney, il montaggio quasi d’altri tempi che regola la conversazione tra lei, in bagno, e lui, fuori, che l’aspetta. Ma il colpo d’occhio è ancora più forte se si fa un passo indietro.

Bea e Ben si conoscono in quella circostanza e tra loro scatta la scintilla. Stanno insieme una notte ma poi lui la allontana quasi subito, impaurito dalle conseguenze di una relazione a lungo termine. Si rivedono sei mesi dopo, quando sono chiamati a far da testimoni per il matrimonio delle rispettive famiglie. Pur se stizziti Ben e Bea decidono di fingersi una coppia, ognuno per scopi diversi, ma la strategia avrà, prevedibilmente, esiti imprevisti.

Tutti tranne te parte dunque come una versione mid30s dell’altro film capitale di Gluck, Amici di letto, di cui riprende le linee più riflessive aggiornandole ad una contemporaneità in cui la norma è sentirsi fuori posto, ma poi il suo sguardo perde tenuta. Il problema è Shakespeare ed il suo Molto rumore per nulla, dei cui sentori Gluck vuole screziare gli spazi d’azione del film, forse sottovalutando, però, il peso di un’ispirazione del genere.

Se ne accorge forse quando la storia si sposta a Sidney e svela, giocoforza, il setup teatrale che la regge. Lo script chiude dunque i personaggi per la maggior parte negli spazi della villa in cui avverranno le nozze ma soprattutto abusa certi espedienti tipici del teatro elisabettiano, come i dialoghi artefatti con cui la famiglia di Ben prova a guidare il rapporto tra lui e Bea. Sempre più legato ad un contesto che forse non gli sono mai appartenuti in modo così integrale, Tutti tranne te non perde nulla della sua leggerezza di fondo ma non riesce mai a dare il giusto spazi ai suoi personaggi, soprattutto quelli secondari, che rischiano di rimanere figurine bidimensionali.

Gli unici che riescono a emergere in primo piano sono Glen Powell e Sydney Sweeney, sempre centratissimi, complici e pronti a rispondere alle sollecitazioni di uno script che comunque fa fatica a lasciarli davvero andare e preferisce chiuderli tra gag giocosamente pruriginose e confronti dolceamari con le rispettive famiglie. Ma se è evidente che, separati i due rendano significativamente di meno, a fare le spese del passo troppo insicuro di Gluck è soprattutto la classica aria malinconica del suo cinema, che continua a infiltrarsi tra le immagini, anche in modo affascinante, ma non riesce mai davvero a esprimersi con la solita spontaneità, divenendo quasi una fredda appendice della rigida struttura teatrale del film.

Non deraglia mai davvero, Tutti tranne te ma al film di Gluck manca spesso un giro e più di una volta si ritrova ad avere il fiato corto, finendo per respirare davvero solo sul secondo finale, paradossalmente nell’intermezzo cantato dei titoli di coda, un passaggio, che, a tratti,  sa di liberazione.

 

Titolo originale: Anyone But You
Regia: Will Gluck
Interpreti: Sydney Sweeney, Glen Powell, Alexandra Shipp, Dermot Mulroney, Nat Buchanan, Rachel Griffiths, Josh Bonello, Hadley Robinson, Gata, Lance Kerfuffle, Alexandra Gluck, Charlee Fraser
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 103′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
2.88 (8 voti)
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