Woman of, di Malgorzata Szumowska e Michal Englert

Un film “esempio”, che vuole restituire nella maniera più fedele possibile l’esperienza di una persona trans. Un racconto che fa dialogare la dimensione personale e quella sociale. VENEZIA80. Concorso

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Il corpo è da sempre una delle figure chiave del cinema di Malgorzata Szumowska. E anche qui, in Woman of, al centro c’è un corpo. Dapprima incompreso, poi rifiutato e finalmente accolto in un processo di trasformazione necessario alla riappropriazione di un’identità. La vicenda racconta quarantacinque anni della vita di Andrzej, uomo, marito, padre di famiglia “esemplare”, che però non si riconosce nel suo aspetto maschile. E perciò decide di compiere il percorso terapeutico e giuridico per il mutamento di genere. Fino a diventare Aniela. Un percorso complesso, pieno di insidie, specialmente nella realtà di una provincia polacca dominata dal pregiudizio, segnata prima dal rigore del regime comunista, poi dal peso secolare della Chiesa cattolica nel modo di vivere e sentire degli individui. Ma anche doloroso dal punto di vista personale, per le sue ricadute sul piano delle relazioni, nella trama degli affetti.

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È interessante come nel film di Malgorzata Szumowska e di Michal Englert, alla loro seconda codirezione dopo Non cadrà più la neve, questi due aspetti vadano di pari passo. C’è l’attenta radiografia del percorso interiore del personaggio di Andrzej. Dai primi dilemmi, dalle inquietudini che si manifestano in piccole “eccentricità”, sempre meno tenute a bada, sino alla presa di consapevolezza definitiva e al pieno riconoscimento della sua autentica identità femminile, come Aniela. Ma dal momento in cui si risolve il conflitto interiore, ecco aprirsi quello con il mondo: le difficoltà che subentrano nei rapporti familiari, con la moglie Iza, con i genitori, il fratello. Gli unici che sembrano accettare più naturalmente le decisioni di Andrzej e, infine, la presenza di Aniela sono i figli. Segno, magari, di una nuova sensibilità, più aperta. Ma, ovviamente la ripercussione si amplia, fino a interessare le amicizie, il lavoro, il villaggio. Su su, fino alla burocrazia e all’istituzione.

D’altro canto, il film è punteggiato di parate, manifestazioni, celebrazioni, di continui confronti con l’autorità civile e religiosa. Cioè, sullo sfondo c’è sempre un costante riferimento alle vicende della storia, dalla fine degli anni ’70 ad oggi. Il comunismo, Solidarność, la fine del regime, la figura carismatica e problematica di papa Wojtila, il faticoso adattamento culturale, economico e legislativo alla nuova realtà. Anche la Polonia, in fondo, è un corpo in trasformazione. Cambiamento vissuto con contraddizione. In questo senso, Woman of è per molti aspetti un film “comunitario”, che cerca di dar volto e voce alle persone e alle istanze della comunità LBGTQ+ e di indicare l’arretratezza delle risposte politiche e sociali a queste istanze. E sebbene la precisa scansione temporale faccia pensare inizialmente all’adattamento di una vicenda reale, la storia di Andrzej e Aniela è “vera” nella misura in cui incarna in sé la testimonianza e l’esperienza concreta di molte persone transgender. Il che svela un’intenzione di fare del film un “esempio”, che restituisca nella maniera più completa e fedele possibile cosa voglia dire essere trans. Ma, nelle infinite peripezie che racconta, il film non è una via crucis. Perché disegna un personaggio fragile, certo, ma anche capace di scelte coraggiose, radicali. Capace di affermare con fermezza le proprie ragioni e la propria volontà.

Insomma, se non ci ha mai particolarmente convinto il cinema di Malgorzata Szumowska, in questo nuovo corso Michal Englert, sembra aver scoperto una sensibilità nuova. E parte qualche concessione estetizzante, i due evitano ogni eccesso, si tengono al riparo dal pietismo o dall’invettiva. Stanno, con attenzione e pazienza, accanto ai personaggi, in particolare al corpo e al volto della bravissima Małgorzata Hajewska-Krzysztofik, nei panni dell’Andrzej adulto e, infine, di Aniela. E, soprattutto, tratteggiano una grande storia d’amore. Che va oltre il genere, le convinzioni e le convenzioni.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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