Campioni, di Bobby Farrelly

Tratta la disabilità con rispetto ma anche con un paternalismo che impedisce al film di liberarsi se non in sporadiche illuminazioni. Da oggi in sala.

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Non riescono a starsi davvero troppo lontani, Peter e Bobby Farrelly, anche quando, nell’ultimo periodo, hanno deciso di intraprendere carriere soliste.

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Il loro, anzi, sembra davvero un dialogo a distanza: inizia Peter, nel 2019, con Green Book, road movie che entra a gamba tesa nella coda lunga del Black Lives Matter e prosegue Bobby, quattro anni dopo, con questo Campioni, sport comedy, remake di un piccolo caso del box office spagnolo recente su un allenatore di basket di una serie minore condannato dal tribunale a preparare una squadra di giocatori con la sindrome di Down, a cui, malgrado la diffidenza iniziale, riuscirà a infondere, grinta, autostima, voglia di vincere. Alle questioni razziali Bobby Farrelly sostituisce la riflessione sulle varie forme di inclusività ma la linea comune dei due progetti è evidente, rafforzata, tra l’altro, da un Woody Harrelson burbero dal buon cuore esattamente come fu il Tony di Viggo Mortensen in Green Book.

Eppure la mano di Bobby sembra più pesante, incerta, di quella di Peter. Lo tradisce forse già una battuta pronunciata dal protagonista, quel “come li devo chiamare, allora?” con cui Marcus prova a capire come rivolgersi ai suoi giocatori ma che al contempo porta tutta la questione al centro di Campioni in primo piano, la rende forse troppo evidente, rischia di svuotarla di senso. E tuttavia viene da chiedersi se sia davvero un dubbio ascrivibile al protagonista, ancor meglio, ad un Woody Harrelson in realtà quasi sempre centratissimo, divertito dal suo ruolo, capace di giocare con i registri e di assecondare le suggestioni del resto del cast. Forse è più una rassicurazione che il film dà a sé stesso. Perché Campioni non pare avere le spalle abbastanza forti per trattare la disabilità con sicurezza, senza filtri o retorica, a tal punto da considerarla un elemento fondativo, caratterizzante, del racconto.

Quello di Bobby Farrelly è un racconto affettuoso, attento alle sensibilità in gioco, formativo ma basta pochissimo, in realtà, perché tutto si irrigidisca e assuma i tratti di un’operetta morale dal retrogusto paternalista. Non riesce mai ad avvicinarsi davvero ai suoi personaggi, Campioni. Durante le partite Farrelly rimane dunque a bordocampo, raramente entra in mischia, riduce il racconto sportivo ad un automatismo privo del tradizionale ritmo forsennato di narrazioni coeve; nei segmenti narrativi, in certi dialoghi è invece più a suo agio, lì, si concede di indugiare sui suoi personaggi o addirittura pare divertirsi a far deviare le linee del film originale “sporcandolo” con le atmosfere tutte americane della Rom Com oppure con la storia di rivalsa e crescita del giovane Darius. Ma si tratta di intuizioni di cui Bobby Farrelly non sembra mai afferrare davvero i confini. Le costeggia, certo, ma se ne ricorda troppo tardi, capitolando ad un racconto in cui anche la colonna sonora sembra ricordare a chiunque le regole della narrazione.

A Campioni manca il coraggio di lasciare liberi davvero i suoi personaggi, gli attori, il racconto, manca la voglia di rischiare dell’originale, di stare a guardare cosa succede quando si fa saltare davvero il tavolo senza badare alle conseguenze. A volte, certo, Farrelly pare quasi afferrare un’entropia giocosa, come nella scena del caos in autobus che ricorda pare uno stralcio del cinema di Capra oppure nella bella sequenza in cui Samuel ed il resto della squadra fanno combattere la paura dell’acqua al giovane Johnny, ma siamo sempre dalle parti delle illuminazioni momentanee, che a fatica riescono a costruire un discorso compiuto. A soffrire di più di quest’incertezza, ovvio, proprio la dinamica del gruppo e, in conseguenza, l’epica del grande racconto sportivo che, per una strana idea di pudicizia o paura Farrelly non prova neanche per un momento ad inseguire.

Così Campioni non può che perdere potenza, divenire un film leggero ma incapace di andare oltre le sue premesse, di offrire una valida alternativa ad una narrazione consolidata e che pare pronta ad aprirsi a nuove voci, a nuovi punti di vista. Forse, davvero, non sarebbe così sbagliato credere che il Marcus di Woody Harrelson abbia capito la lezione meglio di Bobby Farrelly.

 

Titolo originale: Champions
Regia: Bobby Farrelly
Interpreti: Woody Harrelson, Ernie Hudson, Cheech Marin, Matt Cook, Kaitlin Olson, Madison Tevlin, Joshua Felder, Kevin Iannucci, Ashton Gunning, Matthew Von Der Ahe, Tom Sinclair, James Day Keith, Alex Hintz, Casey Metcalfe, Bradley Edens, Alicia Johnston
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 124′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.6
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Il voto dei lettori
2.45 (22 voti)
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