DOCUSFERA #3 – Incontro con Peter Marcias

Lo scorso 24 Novembre, durante la rassegna Docusfera, si è tenuto l’incontro con il documentarista Peter Marcias, seguito dalle proiezioni di “Lo sguardo esterno” e “Uno sguardo alla terra”.

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Il pubblico di Sentieri Selvaggi ha incontrato il documentarista Peter Marcias, nella serata di venerdì 24 Novembre, nell’ambito della rassegna Docusfera. Le forme del documentario Italiano, realizzata con il contributo e il patrocinio della Direzione generale cinema e audiovisivo – Ministero della Cultura.
Prima della doppia proiezione dedicata a due sue opere, il cortometraggio Lo sguardo esterno e il documentario Uno sguardo alla terra, il regista ha risposto ad alcune domande sul suo lavoro e sulla sua visione del documentario.

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Il lavoro di Peter Marcias rappresenta perfettamente l’intento che ha la rassegna Docusfera di raccontare le tante forme che appartengono al documentario, perché nel suo lavoro ha abbracciato molti dei sottogeneri. Alla domanda su come approcciarsi alle svariate possibilità che il racconto documentaristico offre, Peter Marcias risponde che “è importante lasciarci appassionare da quello che ci circonda, dobbiamo essere molto curiosi e vedere tantissimi film di altri e smettere di perdere tempo”.

La curiosità è il motore di tutto e la perdita di tempo è la tomba di tutto. Riferendosi a un’intervista a Ken Loach presente nel suo nuovo documentaro Uomini in marcia, Peter Marcias cita la frase “Non abbiamo più il lusso del tempo”, pronunciata proprio dal regista britannico. Ci invita a smettere di perderne sui social a leggere fake news, e a spenderne leggendo, guardando film e viaggiando.

Nei lavori documentaristici di Peter Marcias è individuabile un’attenzione visiva e uno stile cinematografico. Alla domanda su quanto sia importante perseguire questo aspetto, egli risponde “per me l’urgenza principale è di fare dei prodotti di qualità e di livello che possano interessare innanzitutto visivamente il pubblico. Ed è una cosa che propongo innanzitutto ai vari registi che intervisto, costruendo per loro delle strutture visive formalmente impeccabili”.

Si parla dell’etichetta di “critofilm” a proposito di Uno sguardo alla terra. Di fatto è un’opera che ragiona su un’altra opera, che è L’ultimo pugno di terra di Fiorenzo Serra (1965), ma non solo. Questo film riflette in realtà anche su cosa significhi realizzare un prodotto documentaristico, aprendosi a una moltitudine di argomenti e ascoltando le voci autorevoli di Vincenzo Marra, Jose Luis Guerin, Claire Simon, Tomer Heymann, Sahraa Karimi, Mehrdad Oskouei, Brillante Ma Mendoza, Wang Bing, Piera Detassis, Manlio Brigaglia.

Sul futuro del documentario il regista regala un respiro di ottimismo e parla di una controtendenza che ha individuato nella produzione filmica recente: “Dopo la pandemia ci siamo annoiati di determinati prodotti. Molti registi stanno tornando a un certo tipo di cinema di finzione, ma anche documentaristico, dal sapore antico. C’è di nuovo una forte attenzione al racconto e alla qualità. Questo fa ben sperare sul futuro”.

Anche per quanto riguarda la distribuzione: “Non credo molto alle dinamiche dei pitch e dei mercati, credo semplicemente che quando un autore è molto determinato e l’idea è forte, alla fine il documentario si fa. E le piattaforme e le realtà festivaliere sono estremamente importanti perché i nostri documentari abbiano visibilità”.

Sull’uso del materiale di repertorio egli racconta la sua esperienza alla Cineteca sarda – Memoria storica audiovisiva della Sardegna. Questa vicinanza gli permette di lavorare con materiale di repertorio in maniera molto approfondita. Egli vive l’archivio come opportunità per sopperire alla mancanza di commenti e interviste ma anche come valore aggiunto che permette una rilettura critica. Spera però che ci sia un ritorno al cinema del reale: “Dobbiamo iniziare a ragionare in modo inverso: va benissimo rimontare materiale d’archivio, ma è necessario scommettere su altri territori e su altri tipi di documentario”.

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