Laggiù qualcuno mi ama, di Mario Martone

Straordinario film rosselliniano nel senso più “didattico” del termine che intende declinare al presente le potenze delle immagini di Troisi guardando al cinema come mediazione possibile di una vita.

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Gaetano! Gaetano! Gaetà!”. Basterebbe solo la prima sequenza di Ricomincio da tre per rendersi conto di come le inquadrature di Massimo Troisi riescano ad aprire improvvisi squarci di vita (riflettendo nel contempo sul cinema). Una panoramica dall’alto verso il basso su un palazzo ferito, in ricostruzione, con la voce off di Lello Arena che riecheggia ossessivamente annunciando un’entrata in campo claudicante. Proprio come da un dietro le quinte teatrale. Ma Gaetano/Massimo viene dalla TV, “non sa se andare al cinema”, forse si sente inadeguato e vuole solo partire, creare movimento e “ricominciare da tre”. Fermiamoci qui. Mario Martone, non a caso, ci fa riguardare proprio questa sequenza per iniziare a ragionare su un discorso operato “per frammenti che ha la forma della vita e dell’amore”. Un discorso di per sé politico che produce l’istantaneo paragone con l’Antoine Doinel di François Truffaut. Certo! È proprio un cinema di baci rubati e amore che fugge quello di Troisi, truffauttiano non solo per affinità tematiche ma soprattutto per orizzonti culturali ed estetici: l’esibita fragilità sentimentale di Scusate il ritardo o Pensavo fosse amore… invece era un calesse produce un costante divenire del sentimento amoroso che non trova mai una forma definitiva ma riesce comunque a eternare singoli momenti di purezza (come quei finali inattesi e improvvisi, in fermo immagine, che solo un film può decidere di strappare al flusso della vita). Ed è così che il cinema orgogliosamente comico e popolare di Troisi diventa nel contempo moderno, riflessivo e teorico inserendosi perfettamente nel solco estetico delle vague europee. Un discorso innanzitutto critico che Mario Martone mette al centro del suo bellissimo documentario.

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Laggiù qualcuno mi ama non è un film su Troisi come grande erede delle maschere comiche italiane e nemmeno un film biografico per celebrare un anniversario importante come il settantesimo dalla nascita. Queste istanze ci sono, ovviamente, ma diventano l’aereo fuoricampo di un film rosselliniano nel senso più nobile e didattico del termine. Un film che intende innanzitutto illuminare le potenze contemporanee di quelle immagini guardando al cinema come mediazione possibile di una (o della) vita. Un film sul Troisi regista, insomma, e su quanto sia indiscutibilmente un autore imprescindibile per gli ultimi quarant’anni di cinema italiano. Ecco che nella prima ora Martone si muove tra personalissima riemersione di ricordi (con archivi privati e pubblici), partendo da Napoli come luogo della memoria dove i mutamenti culturali di fine anni Settanta erano un tutt’uno con le strade di Je so’ pazzo di Pino Daniele e l’impegno dei teatri di provincia. Il cinema, per Massimo Troisi, diventa quindi il frutto maturo di una passione civile e artistica (dal Teatro Spazio alla fama televisiva de La Smorfia) che arriva come sedimentata riflessione sul suo tempo: Ricomincio da tre (insieme a Ecce Bombo di Moretti) è forse il film più lucido sui mutamenti culturali post ’77, sui nuovi modelli di soggettività, sulla precarietà dei rapporti umani e sul superamento di molti stereotipi nelle culture giovanili.

E allora: dai movimenti di piazza al terremoto del 1980, dagli esordi televisivi a quelli cinematografici, il film di Martone assorbe e riarticola ogni nuova frontiera del video-saggio in un montaggio folgorante che apre l’orizzonte ermeneutico delle immagini facendole rivivere nel nostro 2023. Un film scritto e vissuto insieme ad Anna Pavignano – sceneggiatrice e ideale co-autrice dei film di Troisi, compagna di vita per un lungo periodo e ora custode di un archivio sentimentale – che coglie perfettamente la messa in abisso delle tipizzazioni e degli stereotipi dell’italianità andando oltre la maschera (della commedia all’italiana) per incontrare la vita. Ed è qui che interviene la messa in scena tra disaccordi visivi (le scene allo specchio, le corse, i tentennamenti) e gesti ricorrenti (quanti gesti di Troisi hanno messo a nudo le soggettività maschili e femminili di quegli anni?). Martone vuole ragionare su questo preciso aspetto convocando una serie di testimonianze che non intendono mai intraprendere nuovi percorsi biografici o vecchie nostalgie celebrative, ma che riflettano qui e ora su un discorso critico ancora sotterraneo e selvaggio. I contributi di Francesco Piccolo, Paolo Sorrentino, Ficarra e Picone, Goffredo Fofi, Federico Chiacchiari e Demetrio Salvi tendono proprio a illuminarne i processi di scrittura e di messa in scena slegandoli dall’aneddotica e riportandoli a urgenze estetiche, ad affinità elettive o all’immensa eredità culturale che hanno generato nel cinema e non solo.

Ma c’è dell’altro. Perché, proprio come tutti i grandi film-sul-cinema riescono a fare, Laggiù qualcuno mi ama inizia a parlare delle immagini per arrivare ad incontrare la vita. Negli occhi di Mario Martone e Anna Pavignano che rileggono gli appunti di Troisi (con le sovrimpressioni fantasmatiche della calligrafia di Massimo) mentre ascoltano una vecchia musicassetta registrata per caso (ma alla fine Gaetano aveva veramente letto David Cooper?), noi spettatori del 2023 ci guardiamo-guardare commossi. Perché quegli occhi affabulati declinano naturalmente ogni sentimento al presente testando sul campo la modernità tragicomica dell’autore Troisi: “lui alla fine accetta il figlio di un altro!” dice qualcuno. “Eh!”, risponde Martone. Un cinema che si riscopre incredibilmente adatto ad intercettare umori e discorsi della contemporaneità, cogliendo non solo lo spirito del suo tempo ma avendo anche una “rara capacità di lettura dello stare al mondo”. Martone ci ricorda come per Troisi i personaggi (e le immagini) di un film fossero il correlativo oggettivo di una personalissima ricerca di vita, ossia il riflesso artistico di uno stare al mondo. Ecco che Troisi è ancora vivo tra quelle immagini – quanti meme ha generato Non ci resta che piangere? – proprio perché ci risultano incapaci di essere distanti o nostalgiche. Immagini-sentimento da vivere ancora in una serata romana che celebra Il Postino, quindi riportando il grande schermo tra le risate e i pensieri della gente. Di nuovo, basterebbe quel meraviglioso, esilarante e teorico inizio di Ricomincio da tre per accorgersi che, nel frattempo, Massimo Troisi non ha solo accettato l’invito di Lello Arena ad “andare al cinema” ma ha fatto molto di più… ha reso il cinema un frammento sentimentale della nostra vita. Un frammento d’amore puro e incondizionato che questo straordinario film di Mario Martone ci restituisce in pieno.

 

Regia: Mario Martone
Distribuzione: Medusa Film e Vision Distribution
Durata: 118′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.8
Sending
Il voto dei lettori
4.22 (18 voti)
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