My Sweet Monster, di Viktor Glukhushin e Maxim Volkov

L’animazione est europea si conferma una fucina di idee pronta a ribaltare gli stilemi di certo cinema alto. Peccato che senza un’identità, una presa forte, raramente si vada oltre la fiammata.

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Forse l’immaginario del cinema est-europeo comincia a popolarsi di personaggi “mutanti”, che devono tornare ad essere umani. Tra i tanti esempi, lo stranissimo Lo Schiaccianoci ed il Flauto Magico, esordio di Viktor Glukhushin che giocava sul punto di contatto tra due classici della letteratura e della musica colta ed è vero anche per questo My Sweet Monster, diretto dallo stesso Glukhushin a quattro mani con Maxim Volkov, fiaba al femminile che però, distorta fin dal setting, pare voler fare giocosamente il verso a certi classici Disney.

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Barbara è la viziata principessa di un regno lontano che un giorno, per scappare da un matrimonio combinato, si nasconde nella minacciosa foresta del regno. Lì farà la conoscenza di Bogey, un mostro deputato alla difesa della natura. Insieme a loro capirà l’importanza di rispettare l’ambiente ed i tre si opporranno al perfido postino Joyce, che vuole la principessa in sposa e ricatta il re privandolo di una pozione che è in sostanza vera e propria “benzina” per il mondo ai limiti dello steampunk in cui la vicenda è ambientata.

E basta questo stranissimo twist dell’ambientazione, che mischia il tono medievale con i tecnologici robot e droni creati dal re a raccontare quella consapevolezza di certi limiti del cinema est europeo a cui prima si faceva riferimento, che piuttosto che cercare la cura formale (anche qui, come nello schiaccianoci, le animazioni sono quantomeno anonime), prova a giocarsi il tutto per tutto lavorando sulle situazioni e sui personaggi.

E a sua modo non è una mossa che lascia indifferenti, sulla lunga distanza, perché My Sweet Monster evita così certe svolte obbligate di quei film a cui non vuole accostarsi e riesce a permettersi qualche stravizio, qualche svolta imprevista, a partire da uno sguardo amaro sul mondo che vuole raccontare tra un Re sotterraneamente egoista, un discorso su simulacro e mutazioni che, forse, non sfigurerebbe in un film della Troma ed un epilogo tutto ripiegato sulla post-verità che pare voler fare a pezzi la retorica disneiana, pur, ovvio, se a grana grossa.

My Sweet Monster si diverte a squadernare le sue idee ma rimane da discutere, forse, il retrogusto che questa frenesia creativa lascia allo spettatore. Perché il film pare reggersi principalmente su queste giocose fiammate, sagaci, certo, ma che convenientemente provano a mascherare certi limiti soprattutto strutturali del film, a partire da uno stranissimo ritmo costantemente dilatato, che spesso porta il racconto a tergiversare, passando, forse soprattutto, per un tessuto tematico molto più debole delle attese, con l’ecologia, l’ambientalismo, quasi spostati in secondo piano, sovrastati da altri spunti che però il racconto continua ad osservare con sguardo superficiale, disattento alle evoluzioni degli archi dei singoli personaggi. My Sweet Monster vuole mostrare costantemente i muscoli, si lancia in divertite sequenze tra l’action ed il catastrofico (che arrivano, però, sempre troppo tardi a scuotere il racconto dal suo torpore, più che a cercare l’impatto visivo), cita un classico come King Kong nella sequenza forse migliore del film. Perché ha una voce, ha il desiderio di raccontare qualcosa di compiuto, una spinta che però rimane abbozzata, nel resto del film.

 

Titolo originale: Buka. Moyo lyubimoe chudishche
Regia: Viktor Glukhushin e Maxim Volkov

 

Voci: Lyubov Aksyonova, Aleksey Chumakov, Alena Doletskaya, Timur Kerimov, Prokhor Chekhovskoy, Maxim Volkov, Vladislav Kopp, Peter Ivaschenko, Violetta Volskaya
Distribuzione: Plaion Pictures
Durata: 98′
Origine: Russia, Ungheria, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
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