Race for Glory. Audi vs Lancia, di Stefano Mordini

Rischia di ripiegarsi troppo su sé stesso, ma non ha paura dei suoi modelli, di cui segue le linee con impegno e passione, guadagnandone in credibilità.

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Pare voler scappare dalla cronaca pura e semplice, Stefano Mordini, che dopo il precedente La scuola cattolica, ripara in altri immaginari, in altri linguaggi. E lo fa con  Race for Glory co-produzione tra l’Italia ed il Regno Unito che è poi il viatico per lanciarsi in una ‘terra incognita’ stimolante ma rischiosa, quella del rally un sottogenere del motorsport quasi infilmabile per le sue regole, un contesto di difficile approccio per chi non è davvero appassionato di quel mondo.

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Pare voler scappare dalla cronaca pura e semplice, Mordini, o, meglio ancora, pare voler preferire il mito alla cronaca, quasi evocando fantasmi fordiani che potrebbero essere numi tutelari ideali per far penetrare ad un progetto del genere sensibilità altre oltre a quella italiana. La storia è quella del duello leggendario tra i reparti rally dell’Audi e della Lancia, che giunse all’apice nel campionato del 1983, quando in pista all’Audi Sport GmBh si contrappose la Lancia 037, che quella lotta, tappa dopo tappa, alla fine la vinse. Il mito è quello di Cesare Fiorio, che la Lancia 037 la progettò e che nel film, nel ruolo di stratega della scuderia, condurrà la Lancia alla vittoria.

Sia chiaro, certi fantasmi non sono altro che tracce. Race for Glory fatica in effetti a trovare la stessa scrittura asciutta di quel cinema, forse rallentato da un certo didascalismo di fondo, soprattutto nella prima parte, ma anche da uno Scamarcio che difficilmente si lascia davvero andare e che sparisce quando divide la scena con Daniel Brühl.

Epperò è indubbio che alla base di Race for Glory ci sia un’idea affascinante e a suo modo inedita, il tentativo di costruire un film di corse per procura, in cui i veri protagonisti non sono i piloti ma gli strateghi di gara, i direttori sportivi, i meccanici, gli ingegneri. E Mordini (autore dello script insieme a Filippo Bologna e allo stesso Scamarcio) pare appassionarsi a questo paradosso, a tal punto da trattare il motorsport come un fatto operaio, puntellato di progetti, di piani carbonari, di spionaggio industriale che, salvo rari casi, come nelle parentesi più introspettive, nei dialoghi quasi melò tra Fiorio e Jane McCoy (i momenti più deboli del racconto) in realtà non si allontana mai dalla pista, dal paddock o dalla fabbrica.

Peccato che tutto si fermi prima che questo abbozzo di concept emerga davvero in primo piano. Lascia l’amaro in bocca questo atteggiamento quasi distratto di Race for Glory, che non pare riuscire mai ad assecondare davvero quello spunto e che quando lo fa tende a perdere il controllo.

Mordini fa ancora fatica a rendere vivo il suo mondo narrativo, a far girare davvero gli ingranaggi del sistema. Meglio, piuttosto, quando si sposta in pista, a respirare l’aria del motorsport, ad ascoltare gli sfiati del motore. Ecco, lì, Race for Glory mostra forse con più convinzione la sua identità internazionale, si scrolla di dosso il rigido peso del set che spesso fa capolino nelle nostro produzioni coevee e asseconda con tranquillità ed una certa convinzione gli stilemi di quell’immaginario, dal reclutamento del pilota finito in disgrazia alla frenesia degli incidenti improvvisi. Race for Glory non sfiora mai, prevedibile, l’epica di Le Mans ’66. La grande sfida di Mangold, a cui evidentemente guarda, ma si sforza comunque di tenere tutti gli elementi che lo compongono insieme, di dargli la giusta importanza e, soprattutto, lo fa conservando una certa credibilità di fondo all’occhio dello spettatore.

Ecco nelle sequenze di corsa il film di Mordini ritrova forse quella leggerezza che nel processo di costruzione del racconto gli era mancata. Eppure è indubbio che questo Race for Glory, sulla lunga distanza, fatichi a uscire dai suoi confini, a settare una vita che altri possano seguire, a sfuggire all’idea che non sia altro che un soliloquio sincero ma ripiegato su sé stesso, forse più un test utile a Mordini per testare le sue capacità che altro.

 

Titolo originale: Race For Glory
Regia: Stefano Mordini
Interpreti: Daniel Brühl, Riccardo Scamarcio, Volker Bruch, Katie Clarkson-Hill, Axel Gallois, Giulio Brizzi, Jacopo Rampini
Distribuzione: Medusa Film
Durata: 109′
Origine: Italia, UK, Irlanda, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
2.4 (15 voti)
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